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In India, negli stati settentrionali del Gujarat e del Rajastan è iniziata la “rivolta dei baffi”. Da alcuni giorni i social network indiani sono invasi di foto di giovani che ostentano orgogliosamente i loro baffi davanti alla fotocamera accompagnati dall’hashtag #RightToMoustache. Questa particolare forma di protesta è portata avanti dai giovani dalit, i senza casta, gli intoccabili, respinti da ogni strato della società indiana, che negli ultimi mesi hanno visto aumentare le violenze rivolte verso di loro dagli appartenenti alle caste più alte.

In particolare in questi giorni le violenze si sono concentrate in alcuni villaggi del Gujarat dove due giovani dalit sono stati picchiati con spade e bastoni per aver mostrato baffi troppo vistosi. I baffi infatti sono da sempre prerogativa della casta dei Rajput, discendenti dei principi guerrieri storicamente colonna portante, insieme ai Sikh del Punjab, delle forze armate indiane. Nei giorni scorsi un altro ventunenne dalit era stato colpito alla schiena con un’arma da taglio e poi linciato dalla folla, la sua colpa? Aver assistito ad una danza rituale riservata ai soli membri delle caste superiori. Sempre lo Stato del Gujarat pochi mesi fa è stato teatro di un linciaggio pubblico di tre musulmani, testimoniato anche da diversi video amatoriali, rei di aver scuoiato il cadavere di una vacca (animale sacro per gli induisti). Ricordiamo che nel Gujarat è stata varata addirittura una legge che prevede l’ergastolo e multe fino a centomila rupie (1443 euro) per chiunque uccida una mucca. Una nuova ondata di violenza che secondo molte organizzazioni va di pari passo col continuo successo del BJP, il partito nazionalista indiano del presidente Narendra Modi. La connessione tra il partito di maggioranza e l’aumento esponenziale delle violenze castali e contro le minoranze religiose è evidente: un rapporto dettagliato pubblicato nel giugno di quest’anno dal quotidiano IndiaSpend ha denunciato che il numero di linciaggi, violenze e uccisioni da parte dei nazionalisti indù nei confronti delle minoranze è aumentato da quando nel 2014 è salito al potere l’attuale primo ministro. Secondo gli esperti di IndiaSpend, nel periodo 2010-2017 il 96,8% degli attacchi contro i musulmani (61 su 63 episodi totali) è avvenuto sotto il governo di Modi. Inoltre la metà degli attacchi (32 su 63) è avvenuta negli Stati governati dal Bjp (Bharatiya Janata Party).

Queste violenze accendono ancora una volta i riflettori sul sistema castale indiano suddiviso in quattro grandi gruppi: i Brahmani (casta sacerdotale), gli Kshatriya (casta guerriera di cui i rajput sono la più alta espressione), i Vaishya (i mercanti e gli agricoltori) e gli Shudra (i servi). I Dalit sono esclusi persino da questo sistema tanto da essere generalmente definiti “fuori casta”, “gli impuri”. Sono il 16,6% dell’intera popolazione indiana (quasi 200 milioni). Si tratta di coloro che esercitano professioni che hanno a che fare con la nascita (ostetriche) e la morte (macellaio, conciatore di pelli, crematori) o che vengono a contatto con la sporcizia. Devono essere isolati dalla comunità in quanto possono rendere impuro un membro di caste superiori anche solo sfiorandolo con lo sguardo o con la propria ombra. Devono vivere fuori del villaggio ed è a loro vietato: utilizzare strade e fontane pubbliche; fare acquisti in un negozio frequentato dai membri di caste alte; preparare cibo per membri di caste alte; leggere e studiare i testi sacri dell’induismo ed accedere ai templi. A partire dalla metà del XIX secolo sono nati diversi movimenti che hanno migliorato, almeno sulla carta, la qualità della vita e i diritti degli intoccabili.

Lo stesso Mahatma Ghandi, pur non contestando l’impianto castale indiano, definì i dalit con il termine Harijan cioè “figli di Dio”. Nella costituzione indiana, l’articolo 17 punisce penalmente chiunque discrimini un fuori-casta; inoltre il governo indiano continua ad incentivare con premi in denaro i matrimoni tra caste diverse, oltre che riservare una buona percentuale delle cariche pubbliche ai dalit (circa il 22% dei posti). Nelle zone rurali del paese però queste promesse di miglioramento hanno però esposto la casta dei dalit a maggiori vessazioni da parte delle caste più alte. Per sfuggire a questo tremendo giogo castale, molti dalit decidono di convertirsi, chi al buddhismo, chi al cristianesimo o all’islam senza però sfuggire alle bande di estremisti hindu che negli ultimi anni sembrano essersi moltiplicate.

La risposta dei dalit alle violenze non si è fatta attendere; alla “rivolta dei baffi” si è fin da subito unito l’avvocato trentaquattrene Jignesh Mewani, un attivista che dal 2016 guida la protesta degli intoccabili contro il sistema castale.

Mewani, anch’egli dalit laureato in giurisprudenza è stato posto agli arresti proprio in queste ore per aver protestato pubblicamente sotto gli uffici governativi dello stato del Gujarat. Sono in molti che come lui denunciano le violenze da parte degli affiliati all’RSS (Rashtriya Swayamsevak Sangh), la milizia armata del partito di maggioranza. Con oltre sei milioni di iscritti è il movimento più numeroso al mondo e promuove attivamente l’ideologia nazionalista hindu dell’Hindutva. Lo stesso premier Modi è stato iscritto al movimento da quando aveva appena otto anni. Un vero e proprio gruppo paramilitare, con tanto di divisa e saluto zogista (mano aperta all’altezza del cuore, palmo verso il basso) che gestisce 12 mila scuole private e che con la scusa dell’unità culturale indù, oltre a promuovere «forza, valore e coraggio» sostengono e approvano i linciaggi e i pestaggi ai danni dei dalit, dei cristiani e dei musulmani e chiedono addirittura di erigere una statua  all’ex militante Rss Nathuram Godse, assassino del Mahatma Gandhi. 

Da una costola dell’RSS nascono i tembili Gau Rakshak, letteralmente i “sorveglianti di vacche”. Proprio loro sono i responsabili dei violenti pogrom contro i conciatori dalit e dei raid contro i negozi di carne bovina gestiti da musulmani. Solo recentemente, anche grazie alle oceaniche manifestazioni organizzate dal giovane Mewani, il premier Modi ha condannato le violenze minacciando di dichiarare fuorilegge il movimento dei Gau Rakshak. Le minacce per ora non hanno avuto nessun effetto concreto anche perché in alcuni stati dell’india (tra cui proprio il Rajastan e il Gujarat), questi movimenti paramilitari godono dell’appoggio di gran parte della popolazione Hindu. In un’India sempre più all’avanguardia sul piano tecnologico e commerciale si contrappone ancora oggi l’India più ancestrale e violenta, schiava di tradizioni antichissime, spesso terribili e crudeli.

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