“La polizia di Jharkhand e la polizia del Latehar stanno indagando su un caso di conversione nel villaggio di Kulgada nel distretto di Jharkahnd nel Latehar”. Quanto dichiarato alla testata Asia News da Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (GCIC), riguardo il caso del pastore protestante Arscel Tirkey, accusato di praticare un proselitismo forzato e mendace nei confronti di individui di bassa estrazione sociale appartenenti a caste ritenute inferiori, segnala solo la punta dell’iceberg della problematica vita dei cristiani in alcune aree dell’India profonda.
Paese tra i primi ad essere raggiunti dai discepoli di Gesù (pare che il martire San Tommaso vi sia arrivato nell’anno 52) l’India conta una comunità cristiana che, per quanto minoritaria, ha la medesima funzione di presidio di eterogeneità culturale e memoria storica dell’equvalente, multiforme, del Medio Oriente; negli ultimi anni l’ascesa dell’estremismo indù, incarnato nel principio dell’Hindutva proprio del primo ministro Narendra Modi, ha aumentato le divisioni etniche e religiose tra le comunità e fomentato conflitti.
Casi come quello riportato da Asia News segnalano, nella loro natura di episodi locali, come oramai la problematica dell’anti-cristianesimo stia diventando endemica nella società indiana. L’ideologia dell’Hindutva, “Hindu, Hindi, Hindustan” prevede che il Paese debba vedere la centralità di una religione, l’induismo, e una lingua, l’hindi, nel contesto di una terra consacrata a una comunità nazionale omogenea e la cui leadership dovrebbe esser concentrata nelle mani di quelle che sono ritenute le stirpi depositarie del diritto storico di dominazione del Paese. Essa mobilita con forza i sostenitori del Partito Popolare Indiano (Bjp) del premier Modi e, soprattutto, la gigantesca macchina di base della Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss, “Organizzazione Volontaria Nazionale”), un’ampissima associazione-ombrello volontaria da oltre 5 milioni di iscritti che si occupa di proselitismo e inquadramento di base dei nazionalisti hindu. L’egemonia del Bjp e l’attività del Rss sono ritenute in diretto collegamento con l’aumento delle pressioni sulle comunità musulmane e cristiane.
In tutta l’India, infatti, si moltiplicano gli assalti a chiese, monasteri e istituzioni di matrice cristiana. “Questi gruppi non vengono fermati, né sui social media né nella vita reale”, ha dichiarato nel 2019 ad Aiuto alla Chiesa che Soffre monsignor Theodore Mascarenhas, vescovo ausiliare di Ranchi. Mascharenhas, che ricopre anche il ruolo di segretario generale della Conferenza episcopale indiana sottolinea che questi gruppi “sembrano ricevere privilegi politici, e persino l’autorizzazione da parte della leadership. Ed è questo il problema più grave: anziché fermarli i leader politici li stanno incoraggiando”. Anche durante la pandemia di coronavirus e il gigantesco lockdown imposto da Nuova Delhi, il più grande confinamento imposto su scala nazionale della della storia umana, si sono verificati ben cinque casi di omicidio di persone di religione cristiana, tutte donne, riconducibili a motivi religiosi.
Crisi economica, disagio sociale e questioni politiche legate alla conflittualità tra potere nazionale e poteri locali potranno in futuro esasperare ulteriormente una situazione già problematica. Di “quadro molto cupo” ha parlato Uca News, la media company cattolica più autorevole dell’Asia, e come scrive Vatican News, “in almeno 22 dei 28 Stati ci sono state denunce per crimini contro i cristiani: stupri e micidi, scomunica sociale, minacce, aggressioni fisiche, incendi di case e chiese e l’impedimento di usare le comuni fonti d’acqua”. Un quinto dei casi, che nel 2019 sono stati oltre 500, è avvenuto nel più popoloso degli Stati indiani, l’Uttar Pradesh. I cristiani indiani vivono nell’incubo di assistere alla ripetizione di casi come quello dell’agosto 2008, quando dopo l’assassinio del leader hindu Swami Lakshmananda Saraswati gruppi di nazionalisti assaltarono le comunità cristiane dello Stato di Orissa, situato nell’India orientale, accusate di aver favorito il delitto, provocando oltre 37 morti, tra cui due fedeli cristiani uccisi dopo esser stati arsi vivi.
Allora Sandro Magister, esperto vaticanista, dichiarò a Il Sussidiario, in maniera molto significativa, che una delle ragioni profonde dell’odio nazionalista verso i cristiani potesse essere la profonda dissonanza tra la predicazione evangelica e le loro teorie e visioni di fondo: “Il cristianesimo per natura è una religione che predica l’uguaglianza: tutti gli uomini sono a immagine di Dio, qualsiasi condizione essi vivano. È questo Vangelo dell’uguaglianza che rompe la crosta del sistema castale indiano, che in realtà include anche una forma schiavistica, non dichiarata come tale ma concretamente molto simile allo schiavismo stesso”. La traccia di Magister è importante e va seguita con attenzione, ora che i soggetti più radicali del Rss e del Bjp sono saldamente al potere: l’allogenità del cristianesimo nella comunità indiana potrebbe in futuro esser cavalcata dai fanatici come fattore di ulteriore persecuzione. Contro l’interesse della stragrande maggioranza della popolazione di un Paese complesso che ha sempre fatto della diversità interna il suo punto di forza.