“L’antisemitismo non è un fenomeno del passato. Oggi è ancora più forte e al di là dei fenomeni connessi al terrorismo e radicalismo islamico a noi preoccupa, pur apprezzando immensamente l’indefesso lavoro delle forze dell’ordine di ogni grado, il riemergere forte e distinto di gruppi di estrema destra, della violenza e odio razziale, dai campi di calcio alle aule universitarie, che con la leva della rete attecchisce e si diffonde, uccide con le parole ma anche con le armi”. Così, all’inizio di quest’anno, si era espressa Noemi Di Segni, che è il presidente delle Unione delle comunità ebraiche italiane, come riportato dalla Sir.
È uno dei tanti virgolettati citabili in cui emergono alcune delle ragioni per cui l’antisemitismo non possa essere ancora riposto nel dimenticatoio della storia. Vale per l’Italia, per l’Europa intera e per il resto del mondo ma, da qualche tempo a questa parte, sembra valere soprattutto per la Germania.
A dare l’allarme è stato il ministro dell’Interno, espressione della Csu bavarese, Horst Seehofer, che è balzato agli onori delle cronache anche per la sua “linea restrittiva” in materia di gestione e ricollocamento dei migranti presenti sul territorio nazionale teutonico. Nella Germania contemporanea, l’antisemitismo è considerato in crescita. Il periodo analizzato dal report copre almeno un biennio, nello specifico il lasso di tempo che va dall’inizio del 2017 alla fine del 2018, ma i dati presentati nella giornata odierna spaventano soprattutto per quel segno “più” posto accanto all’annualità passata.
Si tratta di statistiche che ha riportato pure l’Agi. Se nel 2017 gli episodi di violenza, si parla di “attacchi” o di “assalti”, mossi dall’antisemitismo erano stati seicento, nel 2018 sono divenuti ottocento. Cifre che basterebbero a segnalare l’entità di quello che rischia di divenire un tragico revival o comunque un bagliore di esso. Vale la pena sottolineare anche il legame che intercorre tra quello che sta avvenendo in Germania e la diffusione di istanze estremiste. Abbiamo già parlato di come i movimenti radicali tedeschi, tra quelli ascrivibili al neonazismo e/o all’estrema destra, specie nelle zone di confine, stiano aggregando attorno a loro numerosi giovani e simpatie.
Il rapporto del ministro degli Interni ha già suscitato reazioni da parte del governo presieduto dalla Bundeskanzlerin Angela Merkel, che si è espresso in maniera compatta. Tutti gli esponenti principali dell’esecutivo hanno convenuto sulla necessità di stroncare sul nascere questo fenomeno. La Germania, poi, è solo uno dei teatri annoverabili. Un discorso simile a questo può essere fatto sul Belgio dove, come raccontato dalla rivista Tempi, i numeri narrano di un incremento degli episodi di violenza dalla connotazione antisemita. Il Vecchio continente è chiamato, in maniera tempestiva, a porre un deciso freno al ritorno dell’odio verso l’ebraismo.