Nell’Iberoamerica sta svolgendosi uno dei capitoli più importanti della competizione tra grandi potenze, a tinte messianiche, corrispondente allo scontro georeligioso tra l’Internazionale neoprotestante rispondente a Washington e la Chiesa cattolica con sede a Roma.

La guerra mondiale delle croci è iniziata durante la Guerra fredda, configurandosi come la risposta degli Stati Uniti alla percepita virata a sinistra del Papato – visto con diffidenza a partire dalla conferenza di Medellín, grembo della Teologia della liberazione –, e da allora è continuata ininterrottamente, esondando, nel nuovo secolo, nella competizione tra grandi potenze.

Un tempo noto come il continente cattolicissimo, in ragione del peso demografico dei cattolici e del loro contributo alla popolazione sacerdotale mondiale, l’America Latina è oggi un supermercato delle fedi all’interno del quale i fedeli del Papa vanno diminuendo e i seguaci di Lutero vanno aumentando. Una tendenza irrefrenabile che sta trasfigurando l’anima del subcontinente e riscrivendo equilibri di potere a detrimento di Oltretevere.

In crescita ovunque, da Città del Messico a Buenos Aires, i protestanti 2.0, in larga parte identificabili come neopentecostali ed evangelici, sono diventati, all’alba del 2023, la maggioranza della Mesoamerica. Un destino che potrebbe investire, negli anni a venire, il resto del subcontinente.

La Mesoamerica parla luterano

La Mesoamerica è ufficialmente un regno protestante. L’avvenuta trasformazione, frutto di un processo metamorfico pluridecennale, è stata catturata dall’azienda di sondaggistica M&R Consultores, autrice della “Primera encuesta centroamericana de Afiliación, Creencias y Prácticas Religiosas“, realizzata nel corso del 2022.

Un tempo virtualmente cattolica, con punte di affiliazione e osservanza vicine al 100%, la Mesoamerica risultava, a fine 2022, popolata primariamente da fedeli di denominazioni evangeliche (37%), secondariamente da cattolici (32,6%), in terza posizione da credenti non affiliati (29,1%) e infine da atei (1,3%).



L’inchiesta ha coinvolto campioni rappresentativi delle popolazioni di cinque paesi mesoamericani, Costarica, El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua, e ha disaminato nel dettaglio il mutamento del panorama religioso regionale.

I cattolici, oltre che in via di estinzione, risultano ampiamente secolarizzati: soltanto il 19,3% degli intervistati, invero, rientrerebbe nella categoria dei devoti, cioè di coloro che frequentano la messa settimanalmente, aderiscono ai dogmi e partecipano alla vita parrocchiale. Gli evangelici, al contrario, sono in gran parte osservanti – il 58,4%.

Le ragioni del declino

Contatto e welfare. Il contatto con Dio, diretto, intimo, personale e privo di intermediari. Il welfare, cioè aiuti variegati ai fedeli, dagli alimenti alla lotta contro le dipendenze, che rendono i pastori degli attori più socialmente incisivi degli stati. A guidare la trasmigrazione dei cattolici verso nuove fedi, in particolare le chiese protestanti, sono il contatto e il welfare. In Mesoamerica come altrove.

La trasmigrazione è avvenuta e avviene più rapidamente nelle realtà più indigenti, a riprova del ruolo-chiave giocato dall’erogazione di welfare, nonché nei teatri in cui la politica è più ostile al cattolicesimo, a conferma dell’abilità delle chiese evangeliche di colmare vuoti di potere e di negoziare anche coi partiti più irreligiosi e anticlericali. In Nicaragua, ad esempio, l’agenda cristofobica della presidenza Ortega ha eroso significativamente il peso demografico dei cattolici, scesi dal 40% (2017) al 33,1% (2022), ma ha galvanizzato l’ascesa degli evangelici, cresciuti dal 32% al 36,9% nello stesso periodo.



Maggiore è la povertà, più rapida è la crescita delle chiese protestanti. Lo conferma anche un’inchiesta targata CID Gallup, anch’essa del 2022, che ha rafforzato le risultanze di M&R Consultores, fotografando l’avvenuta decattolicizzazione di Honduras, Guatemala ed El Salvador, dove gli evangelici ormai rappresenterebbero, rispettivamente, il 44%, il 43% e il 40% della popolazione. Costarica e Panama sulle orme del resto della Mesoamerica.

Contatto e welfare sono i segreti, anche secondo CID Gallup, del successo delle chiese protestanti nella regione. Perché propongono “salvazione individuale anziché collettiva” e perché realizzano “reti di appoggio nei quartieri poveri”. Il trionfo della Teologia della prosperità sulla Teologia della liberazione.

La rivoluzione va oltre la Mesoamerica

Sebbene i risultati di CID Gallup e M&R Consultores mostrino delle differenze, talvolta rilevanti – il Nicaragua, ad esempio, per il primo sarebbe cattolico al 41% e per il secondo al 33,1% –, concordano su quello che potrebbe essere il futuro della Mesoamerica, in caso di mantenimento del ritmo della tendenza, entro la fine del decennio: decattolicizzazione profonda.

Ma quanto sta accadendo nella Mesoamerica, dove il cattolicesimo è la maggioranza (sempre più risicata) soltanto tra Costarica e Panama, non è un fenomeno isolato. Perché la guerra delle croci sta trasfigurando l’intero subcontinente, conducendo ovunque, sebbene a livelli variabili, all’aumento delle chiese protestanti e al declino del cattolicesimo.



In Messico, secondo GID Gallup, i cattolici sarebbero stati il 56% della popolazione totale nel 2022. Percentuali inferiori, oltre che nella già citata Mesoamerica, si riscontrerebbero soltanto in Argentina (54%) e Repubblica Dominicana (51%). Condizionale dovuto, giacché, come spiegato, le percentuali variano a seconda dell’istituto che produce le inchieste.

Neanche nei paesi più resistenti a secolarizzazione e protestantizzazione, comunque, i cattolici riescono a mantenersi sulle percentuali monopolistiche del Novecento. Ovunque, infatti, sarebbero ormai al di sotto del 70% della popolazione totale: dal Perù (67%) al Venezuela (59%), passando per la Colombia (63%) e il Brasile (49,9%).



La politica latinoamericana si sta adattando al cambio di paradigma. Politici tra loro ideologicamente contrapposti, come Jair Bolsonaro e Nicolás Maduro, scendono a patti con le chiese evangeliche per voti e supporto politico. A volte, invece, sono le chiese evangeliche a produrre dei candidati – come Chi Hyun Chang in Bolivia o come Jimmy Morales in Guatemala.

In entrambi i casi, che sia la politica a corteggiare i nuovi protestanti o che siano questi ultimi a tentare l’ingresso nelle stanze dei bottoni, Lutero è ormai un potere riconosciuto, rispettato e finanche temuto da ogni forza politica. L’affermazione della Rivoluzione protestante, cinquecento anni dopo, nell’insospettabile America Latina.

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