Scappare dalla persecuzione islamista in Siria, durante gli anni più bui della guerra civile, per ritrovarsi perseguitati dagli islamisti in Svezia: è la triste realtà oramai sempre più documentata, che da qualche anno a questa parte si riscontra nel paese scandinavo. Una realtà denunciata dalle vittime, cioè dai cristiani siriani, ma a cui le autorità locali non sembrano prestare molta attenzione.
“Gli islamisti ci hanno inseguito anche in Europa”
La tragedia dei cristiani siriani inizia nel 2012, quando le proteste contro Assad prendono una grave piega fondamentalista ed i gruppi jihadisti iniziano a monopolizzare l’opposizione tanto politica quanto miliare al governo del presidente siriano. Nel paese asiatico, la minoranza cristiana ha un peso importante: si tratta di una delle prime comunità convertitesi al cristianesimo duemila anni fa, che da sempre abita queste regioni e che nel regime laico degli Assad non ha alcun problema di convivenza con la maggioranza musulmana del paese.
Quando gli islamisti iniziano a conquistare quartieri cristiani di Homs, Aleppo ed altre città siriane, ben si intuisce che per molti di loro arriva il momento di fuggire verso altre zone. In tanti decidono di andare inSvezia: il paese scandinavo è noto per essere uno di quelli che concede più facilmente il diritto d’asilo. Su due milioni e mezzo di cristiani presenti in Siria prima della guerra, 120.000 vanno proprio in Svezia.
Ma qui arrivano anche coloro che iniziano lepersecuzioni contro i cristiani in patria. Vengono accolti diversi rifugiati dalla Siria, che però durante il conflitto si macchiano di gravi reati e che fuggono proprio perchè con l’avanzata dell’esercito regolare rischierebbero di finire in carcere. Ed oggi la Svezia ha al suo interno diversi siriani appartenenti a gruppi se non terroristi, almeno islamisti e vicini alle più rigide interpretazioni dell’Islam. Il risultato è che i cristiani siriani presenti in Svezia, rischiano di subire attacchi e di diventare bersaglio degli islamisti. A Stoccolma viene fondata un’associazione denominata Syrianska Riksförbund, la quale raccoglie proprio i rifugiati cristiani siriani. Nella loro pagina Facebook è possibile notare come, da diverse settimane a questa parte, è un continuo condividere di richieste di aiuto alle autorità locali e di denunce.
Si parla, in particolare, di minacce che quotidianamente arrivano a molti cristiani sirianisoprattutto tramite i social o per via telefonica. Minacce in svedese, ma parlato con accento arabo: segno che chi le compie è anch’esso arabo. Ed al quotidiano Samhällsnytt, un rappresentante del Syrianska Riksförbund afferma senza mezzi termini: “Ci hanno inseguito fin qui e rischiano di passare impuniti. Nessuno ci ascolta, si arriverà ad una guerra civile tra noi e gli islamisti all’interno della Svezia”.
Il desiderio di tornare a casa
E dunque, vedendo anche l’attuale situazione in Siria, emerge forte per molti dei 120.000 siriani cristiani presenti in Svezia la volontà di ritornare nel proprio Paese: “Si stava meglio lì nonostante la guerra”, si legge in molti commenti della pagina Syrianska Riksförbund. Ed i dati parlano in effetti di primi iniziali percorsi al contrario realizzati dai cristiani: c’è chi infatti, già da diversi mesi, risulta ritornato a Damasco o ad Aleppo. Anche se la vita in Siria non è facile per via di un’economia distrutta e ridotta all’osso da otto anni di guerra, almeno sotto il profilo della sicurezza le avanzate di Assad degli ultimi anni ridanno maggiore serenità alla comunità cristiana.
Nel frattempo nessun partito politico svedese prende le difese dei cristiani siriani. Ma in un paese dove è vietato citare la nazionalità di chi commette un reato o di diffondere dati circa l’aumento del tasso di criminalità nei quartieri dove i migranti sono maggioranza, non ci si può aspettare diversamente. In Svezia in nome del politicamente corretto si preferisce non ammettere una realtà dei fatti che parla di un costante dilagare dell’islamismo.