È la prima volta di un Pontefice nella penisola arabica: il semplice arrivo di Papa Francesco sulla pista dell’aeroporto di Abu Dhabi segna già una fase storica, di sicuro un momento significativo al netto di tutte le contraddizioni che possano derivare dalla visita in un paese, quale gli Emirati Arabi Uniti, certamente non esente dal finanziamento dei movimenti jihadisti e dalle responsabilità derivanti dall’appoggio fornito ai Saud nel disastro dello Yemen. La visita, annunciata nello scorso mese di dicembre, ricade all’interno del forum sul dialogo interreligioso voluto dal principe ereditario di Abu Dhabi, Mohamed Bin Zayed.
Gli aspetti discutibili della visita
Al di là dell’aspetto storico e della suggestione di vedere un Papa nella penisola arabica, emergono certamente diversi spunti di analisi su una visita che, come spesso capita del resto, presenta aspetti sia positivi che in qualche modo “discutibili”. Tra questi ultimi, in primis risalta la delicatezza della visita: come detto, Bergoglio atterra in un paese non esente da colpe per l’attuale instabilità del medio oriente. Stringere la mano a Mohamed Bin Zayed, una sorta di alter ego emirato del saudita Mohammed Bin Salman, ed accettare il suo invito di recarsi ad Abu Dhabi rischia di far passare il Pontefice come un mero “complice” della strategia comunicativa della famiglia reale del paese arabo. Bin Zayed infatti, al pari del suo omologo saudita, vuole presentarsi al mondo come riformatore cercando di allontanare gli spettri delle malefatte della sua casa reale. Bergoglio dovrà essere bravo a non dare l’idea di prestare il fianco al principe ereditario emiratino, provando a spostare tutti i riflettori sull’aspetto pastorale della visita marginalizzando quello politico.
Il riferimento alla guerra nello Yemen fatto più volte, nelle ore della vigilia del viaggio, dallo stesso Pontefice sembra andare verso questa direzione. Dal Vaticano c’è l’intenzione di far passare il messaggio secondo cui Papa Francesco è nella penisola arabica proprio per pensare ai più martoriati e non per elogiare e tessere le lodi della presunta modernizzazione degli Emirati. Anche il fatto di partecipare ad un forum interreligioso sembra in qualche modo un elemento “azzardato” sotto il profilo mediatico. Bergoglio rischia di passare come un invitato sì di lusso, ma pur sempre “uno tra i tanti” che partecipano all’iniziativa personale di Mohamed Bin Zayed. Anche in questo caso la linea mediatica entro cui deve muoversi il Pontefice appare molto stretta.
I significati positivi della visita di un Papa nella penisola arabica
Fin qui dunque gli elementi per l’appunto più discutibili. Ma indubbiamente non mancano aspetti dal valore positivo, a cominciare da quello storico sopra citato: si tratta in ogni caso di un Pontefice che approda a pochi passi dalle dune del deserto arabico. Un’immagine significativa, che esprime la suggestione di un capo della Chiesa Cattolica nei luoghi tradizionalmente più vicini ad interpretazioni più rigide dell’Islam. E questo non può fare altro che accendere più luminosi riflettori sul dialogo tra occidente ed oriente e tra mondo cristiano e quello musulmano. Un altro aspetto non secondario, è il messaggio che il Papa può portare alle locali comunità cattoliche e cristiane. Come descritto nelle settimane scorse, soltanto poco meno del 20% della popolazione locale è autoctona, specialmente ad Abu Dhabi ed a Dubai. La stragrande maggioranza è formata da lavoratori immigrati da diverse parti del continente asiatico e, a sua volta, tra questi spiccano molti filippini. Si calcola che sono almeno un milione i cattolici, filippini e non, che abitano negli Emirati: per loro la vicinanza anche fisica del Papa, può rappresentare un momento di svolta.
Il 5 febbraio infatti, ad esempio, è in programma la messa che il Santo Padre terrà presso lo stadio Zayed Sports City di Abu Dhabi: qui parteciperanno almeno 130mila cattolici che vivono negli Emirati e, per loro, il governo riconosce quella giornata come un vero e proprio festivo. Tanti cristiani possono dunque astenersi dal lavoro, in un paese dove invece i diritti sul lavoro sono quasi nulli e dove tanti operai sono sfruttati per la costruzione delle faraoniche opere che rendono Abu Dhabi e Dubai metropoli dall’aspetto forzatamente occidentale. Un piccolo passo ed un piccolo segnale quindi, che potrebbe voler dir molto in futuro.
In conclusione, la visita di Papa Francesco ad Abu Dhabi, contrassegnata dalla forte contrapposizione tra elementi discutibili e non, può essere realmente significativa se si guarda a lungo termine e se, soprattutto, non viene prestata molta attenzione alla probabile macchina propagandistica di Mohamed Bin Zayed. Se davvero il Pontefice, che per la verità più volte in passato non manca occasione di ribadire la sua volontà di voler iniziare dall’Iraq nei suoi viaggi in terre arabe, riesce a far passare in primo piano gli aspetti pastorali della visita, allora l’arrivo di un capo della Chiesa Cattolica ad Abu Dhabi può rappresentare un importante precedente di svolta.