L’epopea millenaria del cattolicesimo in Francia è prossima al raggiungimento di un capolinea dal quale non sarà possibile fare ritorno. Perché oltre l’orizzonte della fu figlia prediletta della Chiesa (fille aînée de l’Église), patria dei re cristianissimi (rois très chrétiens) e delle apparizioni mariane, si può intravedere la luce purpurea del crepuscolo. Crepuscolo serale, non mattutino.

Teatro di una media giornaliera di tre episodi anticristiani, dalle profanazioni ai roghi di chiese, la Francia è la nazione in cui ha luogo un terzo di tutti gli attacchi cristianofobici del Vecchio Continente – 1.052 su circa 3.000 nel 2019 – e dove il processo di scristianizzazione, oramai irreversibile, sta procedendo più rapidamente, intensamente e violentemente che altrove.

L’Osservatorio per il patrimonio religioso (Observatoire du patrimoine religieux), un ente in prima linea nella sensibilizzazione di politica e opinione pubblica sulla necessità di preservare l’inestimabile legato culturale e architettonico trasmesso ai contemporanei dalla Chiesa cattolica, non ha dubbi sul futuro della Francia: nel paesaggio di domani del secondo Paese d’Europa per numero di chiese dopo l’Italia non vi saranno campanili.

La denuncia dell’Osservatorio

La situazione drammatica della Chiesa cattolica di Francia era stata illustrata nel dettaglio lo scorso settembre da Édouard de Lamaze, presidente dell’Osservatorio per il patrimonio religioso, all’indomani dell’incendio doloso della cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di Nantes. De Lamaze, pur non volendo parlare di “clima anticristiano”, come aveva fatto Marine Le Pen, aveva dichiarato che “non dobbiamo nemmeno essere ingenui, [perché] il nostro paesaggio sta cambiando: una nuova moschea apre ogni due settimane, mentre ogni anno scompaiono tra le 40 e le 50 chiese, demolite, vendute o radicalmente ricostruite”. Una tendenza, quella descritta da De Lamaze che, se mantenuta per un periodo di tempo abbastanza prolungato, potrebbe condurre al prossimo riadattamento ad uso profano di cinquemila chiese, quando trasformate in alloggi, quando in discoteche e attività commerciali, quando completamente demolite per fare spazio a parcheggi e supermercati.

La denuncia di De Lamaze è rimasta inascoltata, scontrandosi con uno spaventevole muro di indifferenza e sordità che, di recente, lo ha persuaso della necessità di reiterare il messaggio. La goccia che ha fatto traboccare il viso è stata la distruzione della chiesa di Saint-Pierre in Romilly-la-Puthenaye (Normandia), un luogo di culto del sedicesimo secolo devastato da un incendio lo scorso 15 aprile – curiosamente e conturbantemente coincidente con il secondo anniversario del rogo di Notre Dame de Paris.

Ogni due settimane, spiega il presidente dell’ente, un luogo di culto cattolico sparisce per sempre, perché demolito, riadattato ad uso profano, crollato per la noncuranza o dato alle fiamme. Due terzi degli incendi che danneggiano o distruggono le chiese cattoliche sono di origine dolosa, ergo appiccati da piromani, ma nella stragrande maggioranza dei casi restano impuniti, senza un colpevole: una farsa nella tragedia. Nello stesso periodo di tempo, va avanti De Lamaze, sorge una nuova moschea: una tendenza destinata a riscrivere irrimediabilmente e profondamente il paesaggio transalpino.

Due terzi delle chiese cattoliche a rischio

Sono cinquemila i siti cattolici che presentano un rischio concreto di sparizione nell’immediato futuro, ma, prosegue De Lamaze, nel calcolo si dovrebbero aggiungere anche le trentamila chiese che, non ritenute parte del patrimonio storico dallo Stato, vengono lasciate in stato di totale abbandono: prive di fondi per la manutenzione e totalmente indifese dinanzi alle minacce di roghi, profanazioni e vandalismi.

Soltanto un terzo dei luoghi di culto cattolici gode di forme di tutela statale, ovvero 15mila su oltre 45mila, ma i numeri relativi ai crolli per scarsa o nulla conservazione e al crescendo esponenziale di violenze anticristiane – decuplicate dal 2008 al 2019, passando da 129 a 1.052 – dovrebbero incoraggiare l’Eliseo a ponderare l’aggiornamento, più che giustificato, del patrimonio storico della nazione.

La protezione dei siti cattolici dall’erosione del tempo e dall’odio dell’anonima anticristiana non è (solo) una questione di religione, dato che la Francia è lo Stato laico per antonomasia, ma soprattutto di attaccamento alla storia: la propria storia. E anche perché, ripescando Proust, “la cattedrale, nella sua immensità, può dare asilo al letterato come al credente, al sognatore come all’archeologo; quel che importa è ch’essa resti viva, e che dall’oggi al domani la Francia non sia trasformata in un’arida riva dove gigantesche conchiglie cesellate apparirebbero in secca, svuotate della vita che le abitò, e che neppure porterebbero più, all’orecchio che vi s’inchini, il vago murmure di un tempo: semplici pezzi da museo, gelidi musei esse stesse”.