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Nantes, Francia, sabato 18 luglio. Sono quasi le 8 del mattino quando si diffonde la notizia che è scoppiato un incendio all’interno della cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, l’edificio-simbolo di questa piccola città della Loira ed uno dei massimi capolavori dell’architettura gotica francese. Le fiamme sono così violente che per domarle ed evitare che avvolgessero l’intera struttura si è reso necessario l’intervento di una maxi-squadra composta da cento vigili del fuoco, che è durato diverse ore.

La comparsa improvvisa delle fiamme e la sensazione che non si trattasse di un incendio uniforme, ovvero che non avesse un unico punto di origine, hanno contribuito sin dai primi momenti ad alimentare i dubbi sulla sua reale natura. Una volta estinto il rogo, gli inquirenti sono entrati nell’edificio e hanno fatto la macabra scoperta: erano presenti tre inneschi.

L’incendio di Nantes: che cosa sappiamo

Il dipartimento dei vigili del fuoco di Nantes è stato avvisato dell’incendio poco prima delle 8 di mattina e ha rapidamente mobilitato sul posto una squadra di cento pompieri. Nonostante l’impiego immediato e massiccio di personale e di acqua, per contenere l’incendio sono state necessarie più di due ore, durante le quali si è temuto il peggio, ossia che la struttura potesse cedere.

I vigili del fuoco sono poi entrati nella cattedrale alla ricerca di indizi sulle origini del rogo e i dubbi si sono trasformati in certezze: tre inneschi sono stati ritrovati ai lati della navata centrale e nei pressi del grande organo che, naturalmente e conseguentemente, sono anche le parti che sono state maggiormente danneggiate e compromesse. La navata è in pessime condizioni, mentre il grande organo e la piattaforma che lo circonda sembrano essere in procinto di cedere da un momento all’altro.

Alla luce del ritrovamento degli inneschi, la Procura della Repubblica ha annunciato l’apertura di un fascicolo per incendio doloso a carico di ignoti. Negli stessi momenti, il presidente francese Emmanuel Macron affidava a Twitter il proprio cordoglio: “Dopo Notre Dame, brucia un altro gioiello”. In effetti, la cattedrale di Nantes è un vero e proprio gioiello artistico ed architettonico la cui costruzione è durata ben 457 anni, dal 1434 al 1891; prova eloquente della cura, dell’impegno e della mania perfezionista che hanno caratterizzato ed accompagnato la lunga nascita dell’edificio.

Non è la prima volta, comunque, che un luogo di culto cattolico nantese viene avvolto dalle fiamme. Nel 2015 era stato il turno della basilica dei Santi Donaziano e Rogaziano, anch’essa vittima di un incendio scoppiato curiosamente sempre alle 8 del mattino, che da allora è chiusa al pubblico per via dei lavori di restauro.

Lo strano caso delle chiese bruciate

Le immagini provenienti da Nantes hanno riportato la mente del pubblico al 15 aprile 2019, il giorno in cui un incendio apparentemente accidentale, ma le cui cause non sono mai state chiarite, ha distrutto la cattedrale di Notre Dame di Parigi; uno dei luoghi-simbolo della Francia e dell’intera cristianità.

Ma che si tratti un rogo doloso, appiccato in odio alla fede (in odium fidei), oppure accidentale, causato dalla carenza di manutenzione e/o dallo stato di abbandono e degrado, vi è un filo conduttore che lega e spiega gli eventi di Nantes e Parigi: il declino del cristianesimo.

Le chiese in funzione hanno difficoltà a restare in funzione per via della carenza di fedeli, e quindi di donazioni che mantengano in piedi la vita comunitaria e rendano possibile lavori di ristrutturazione e servizi caritatevoli, ed affrontano anche la crescente minaccia rappresentata da crimini d’odio che, nella maggior parte dei casi, restano insoluti, senza un colpevole.

La cattedrale dei Santi Pietro e Paolo è soltanto l’ultima vittima di una lunga scia di attacchi perpetrati nei confronti dei luoghi di culto e dei simboli del cattolicesimo. I roghi di chiese sono ormai una realtà con cui la Francia ha a che fare da diversi anni e, sebbene abbiano registrato un vero e proprio picco nei tempi recenti, le autorità continuano a trascurare la gravità e la portata del fenomeno.

All’indomani dell’incendio di Notre Dame di Parigi, France24 ha indagato sullo strano caso delle chiese francesi date alle fiamme, scoprendo come nei dieci mesi precedenti a quel fatale 15 aprile almeno quattro luoghi di culto cattolici fossero stati colpiti da roghi dolosi: la chiesa di Nostra Signora delle Grazie di Revel, la chiesa di Saint-Jean-du-Bruel di Rodez, la cattedrale di Saint Alain di Lavaur, e la chiesa di Saint Sulpice di Parigi.

Nello stesso periodo preso in considerazione, altre chiese erano state vittime di “strani incidenti”, a volte imputati a dei corto circuiti, come nel caso delle chiese di Villeneuve d’Amont nel Doubs, di Sainte-Thérèse a Rennes e di Saint-Jacques a Grenoble, ed altre volte rimasti senza spiegazione, come nel caso della chiesa di Angoulême, vittima di un rogo il 13 gennaio 2019. 

Infine, è degna di nota l’epidemia di vandalismi che ha fatto da preludio a Notre Dame. Nella prima settimana di febbraio, più precisamente dal 3 al 10, cinque chiese erano state assaltate da ignoti in diverse parti del paese: i loro interni erano stati danneggiati e l’oggettistica sacra era stata profanata. Tutto questo accadeva sullo sfondo del fenomeno suscritto degli strani corto circuiti e degli incendi dall’innegabile dolosità.

Profanazioni e vandalismi

Le forze anonime che stanno muovendo guerra alla realtà cristiana di Francia non si stanno limitando al rogo delle chiese; il fenomeno è molto più esteso e multidimensionale.

Ad esempio, fra il 2015 ed il 2019 lungo i Pirenei si è verificata un’ondata di attacchi, compiuti da ignoti che non sono mai stati identificati, contro le croci installate sulle sommità delle montagne. Il costo di riparazione delle croci danneggiate, e della loro sostituzione quando rubate, ad un certo punto è stato ritenuto eccessivo, anche alla luce del costante aumento dei vandalismi. Infatti, in quei quattro anni erano state vandalizzate e rubate più croci di quante il Consiglio Dipartimentale dei Pirenei orientali fosse stato in grado di aggiustare e rimpiazzare; perciò nel settembre del 2019 le autorità hanno deciso di arrendersi, comunicando che sulle vette non sarebbero state installate nuove croci, né riparate in caso di danneggiamento, e che quelle ancora intatte e presenti sarebbero state abbandonate al loro destino.

Vi è, poi, il capitolo delle profanazioni di matrice politica e religiosa. Nel primo caso si tratta delle sempre più frequenti irruzioni, a scopo vandalico, nei luoghi di culto ad opera di attivisti appartenenti al mondo anarchico e del femminismo radicale; nel secondo caso si tratta di episodi riconducibili a gruppi satanisti che dissacrano sia le chiese che i cimiteri per compiere rituali e rubare oggettistica sacra. Secondo il giornale Libération, il 60% delle profanazioni è attribuibile al mondo dell’estrema sinistra, del neonazismo e del satanismo.

La culla dell’anti-cristianesimo in Europa

I numeri forniti dalla polizia francese dipingono una realtà estremamente cupa. Fra il 2008 e il 2019 gli attacchi anti-cristiani sono quadruplicati ed ogni anno viene stabilito un nuovo record. Ad esempio, fra il 2018 e il 2019 il numero delle azioni anti-cristiane è cresciuto da 877 a 1.052. La portata del fenomeno, che è già di per sé esteso e preoccupante, assume una rilevanza ancora maggiore quando si procede ad una comparazione con il resto dell’Europa.

È in Francia, infatti, che avviene il maggior numero degli attacchi anti-cristiani che hanno annualmente luogo nel Vecchio Continente. L’anno scorso, in tutta Europa sono stati commessi circa 3mila attacchi anticristiani, dei quali, come già scritto, 1.052 sono avvenuti nella sola Francia. Questo significa che, numeri alla mano, nel paese si consuma un terzo di tutti gli attacchi anticristiani del continente.

Sarebbe sbagliato, però, credere che l’ondata di anti-cristianesimo che sta travolgendo le strade francesi sia interamente imputabile all’islam radicale. L’indagine di Libération, ad esempio, ha contribuito a ricostruire il fenomeno nella sua complessità, mostrando come la galassia degli attori coinvolti in questi gesti sia molto variegata ed eterogenea.

La consapevolezza di un accerchiamento multi-fronte dovrebbe spingere la comunità cattolica ad organizzare una controffensiva, soprattutto sul piano culturale, mentre le autorità dovrebbero investire maggiori risorse nel tracciamento e nel successivo perseguimento penale degli autori di roghi e profanazioni; altrimenti l’impassibilità dei primi (i fedeli) e la negligenza dei secondi (gli inquirenti) non potranno che esacerbare ed accelerare questa campagna di scristianizzazione coercitiva e violenta.

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