Joseph Zen tornerĂ  in Cina senza aver incontrato papa Francesco: nei giorni in cui esplodeva lo scandalo finanziario legato a Monsignor Angelo Becciu e a pochi giorni dall’arrivo in Italia di Mike Pompeo, intenzionato a discutere con Roma e l’Oltretevere della questione cinese, Bergoglio ha rifiutato di ricevere il cardinale emerito di Hong Kong 88enne, arrivato nell’Urbe per dire la sua sull’imminente rinnovo degli accordi tra Roma e Pechino sulla nomina dei vescovi, che apre uno spiraglio a un futuro riconoscimento diplomatico della Repubblica popolare da parte della Santa Sede.

Porte chiuse in faccia a Pompeo, nessuna considerazione per Zen: Bergoglio ha imposto la linea dura sul dossier cinese rifiutando di ricevere due figure che si sarebbero presentate estremamente battagliere per dissuadere il pontefice dal rinnovare l’intesa con Pechino.

Zen, che ha espresso solidarietĂ  alle manifestazioni di Hong Kong contro il governo di Xi Jinping, ha in particolar modo criticato l’obbligo, per il clero cattolico cinese, di firmare una registrazione all’Associazione patriottica cattolica cinese, dipendente da Pechino, e di riconoscere l’indipendenza della Chiesa locale da Roma. Un processo grossomodo simile a quello rivendicato dai sovrani francesi del XVI e XVII secolo con la nascita della Chiesa gallicana: inserire l’autonomia dello Stato nei processi episcopali per quanto, al contempo, Pechino accetti di iniziare a venire incontro alle aspirazioni vaticane di una progressiva riconciliazione.

Zen si è sentito isolato in Vaticano. Come scrive Agenzia Nova, “il cardinale contesta con decisione la recente guida pastorale, tramite la quale, a suo dire, la Santa Sede incoraggia il clero cinese ad aderire all’Associazione patriottica. Il cardinale di Hong Kong si dice sorpreso che tale decisione non abbia suscitato reazioni piĂą decise all’interno della Chiesa, e afferma di non aver ricevuto riscontri soddisfacenti in proposito dai cardinali coi quali ha tentato di intavolare uno scambio epistolare in proposito”. Papa Francesco non lo ha voluto incontrare, Pietro Parolin, Segretario di Stato, è il principale regista dell’operazione cinese e la Curia approva, negli ultimi anni, a larga maggioranza le mosse del pontefice.

Zen, che intervistato dallo statunitense Nation Catholic Register ha mostrato tutta la sua frustrazione per i dinieghi papali, si rifĂ  anche al caso di Hong Kong, in cui la nomina episcopale sembra destinata a ricadere sul prelato cinese  Peter Choi, apertamente filo cinese e, naturalmente, assai gradito al governo di Pechino. Papa Francesco, pragmaticamente, non ha poi voluto mai schierarsi apertamente sul tema delle proteste a Hong Kong, non condannando nĂ© le violenze dei manifestanti nĂ© la dura repressione poliziesca cinese seguita all’approvazione della controversa legge sull’estradizione nella Cina metropolitana. Nella sua visione geopolitica multipolare troppa importanza ha l’apertura a Pechino per desistere dal tentativo di portare avanti un accordo storico come quello del 2018, che necessita di tempo per dispiegarsi appieno.

Lo schiaffo a Zen e il rifiuto di incontro con Pompeo segnalano emblematicamente che il Vaticano non è disposto a fare da garante morale dell’Occidente nella nuova guerra fredda sino-statunitense: scelta legittima e coerente con la postura universale della Chiesa, ma che politicamente crea questioni complesse e rischia, se non gestita nel migliore dei modi, di creare sacche di risentimento e animositĂ  interne al mondo cattolico, come dimostra la “fronda” della Chiesa statunitense e il problema mai risolto dei Cattolici sotterranei che in Cina rifiutano di sottostare alle autoritĂ  governative.

Zen, che si è trattenuto a Roma per pochi giorni, ha fatto consegnare una lettera indirizzata a Papa e ha poi atteso tre giorni in albergo un incontro che non si è concretizzato. Intervistato dal direttore de La Nuova Bussola Quotidiana, Riccardo Cascioli, Zen ha mostrato la sua preoccupazione per il fatto di non poter essere a conoscenza dei termini dell’accordo sino-vaticano: “Non posso neanche giudicare l’accordo – ha detto Zen – perchĂ© non so cosa c’è scritto. Anche questo è incredibile: sono un cardinale cinese e non posso sapere che cosa la Santa Sede ha deciso per la Chiesa cinese […] L’accordo riguarda la nomina dei vescovi: ebbene in due anni non c’è stata alcuna nomina nuova. In compenso, con il pretesto dell’accordo sono stati riconosciuti dalla Santa Sede sette vescovi scomunicati”. Per l’anziano cardinale i cattolici cinesi rischiano di tornare “al tempo delle catacombe”.

La realpolitik della Santa Sede e la necessitĂ  di un entente cordiale con Pechino, il sogno a occhi aperti di papa Francesco, sono sicuramente un obiettivo diplomatico e pastorale di grande portata, che testimoniano il raggio d’azione globale della Santa Sede: ma Bergoglio potrĂ  a lungo gestire una crisi di sfiducia tra i suoi stessi cardinali? Può un accordo con la Cina essere ignoto al piĂą famoso dei cardinali del Paese, attivo anche negli anni piĂą bui delle repressioni anticristiane? Tali questioni meritano risposta: e se politicamente si può comprendere perchĂ© Francesco non abbia voluto parlare di Cina con Pompeo, umanamente e cristianamente la mancata concessione di un colloquio a Zen marca sicuramente un momento estremamente problematico.

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