Questo articolo è disponibile anche, in forma inglese, nel ventunesimo dossier del magazine di “Inside Over”, dal titolo “From the End of the Earth”, dedicato al decennale del pontificato di Papa Francesco. Qui è possibile leggere il numero completo.
Quando il mondo conobbe Papa Francesco con il famoso “buonasera” pronunciato dal loggione centrale di San Pietro, Matteo Maria Zuppi era da poco vescovo ausiliare di Roma per il centro storico. Dieci anni dopo, il prelato romano non solo è membro del sacro collegio e titolare di una cattedra in passato occupata da due grandi della Chiesa come i cardinali Giacomo Biffi e Carlo Caffarra, ma presiede anche la Conferenza Episcopale Italiana. In quest’intervista con l’arcivescovo di Bologna abbiamo analizzato alcuni degli aspetti più caratterizzanti dell’attuale pontificato.
Eminenza, cosa le rimase piĂą impresso di quella sera del 13 marzo 2013?
“Ricordo soprattutto la grande sorpresa del nome. Era un nome immediatamente attraente, perchĂ© utilizzato per la prima volta e poi perchĂ© rappresentava uno dei nomi piĂą evangelici, popolari ed anche creativi. Il Santo Padre motivò quella scelta parlando della Chiesa dei poveri e senz’altro, chiamandosi in quel modo, diede subito un preciso programma al suo pontificato”.
Lei conosceva già l’allora cardinale Bergoglio?
A Buenos Aires era presente la Comunità di Sant’Egidio ed avevo perciò avuto l’opportunità di conoscere la sua attività come arcivescovo.
Un Papa venuto dalla fine del mondo ma con origini italiane. In questi dieci anni, a suo parere, si è manifestata una particolare sollecitudine pastorale di Francesco nei confronti dell’Italia e della Chiesa italiana?
“Direi moltissimo. Penso che uno dei discorsi piĂą importanti di Francesco sia stato proprio quello fatto a Firenze nel 2015 in occasione del quinto Convegno ecclesiale italiano. Credo che quello sia stato uno dei momenti in cui ha dimostrato la sua grande attenzione per la Chiesa italiana”.
Questo pontificato ha dovuto confrontarsi più di qualunque altro con la potenza dei media, ma anche del web e dei social. Si può dire che nella narrazione di molti media c’è stata una certa tendenza a “nascondere” le dichiarazioni più “scomode” del Papa? Penso, ad esempio, agli interventi su temi come la difesa della vita e la denuncia delle colonizzazioni ideologiche.
“Purtroppo, i mass media a volte interpretano o deformano il senso stesso di un discorso o ne usano solo una parte. Questo è sempre un pericolo e può diventare motivo di grande confusione perchĂ© non si dĂ un’informazione completa. Comunque, dipende molto dalle situazioni e dai giornali ma che ci possa essere stato questo rischio di una lettura parziale, è vero”
Quando il Papa parlava già anni fa di pericolo di terza guerra mondiale e di riarmo, c’era chi pensava fossero discorsi divenuti anacronistici con la fine della Guerra Fredda. Oggi che questi scenari sono tornati drammaticamente attuali, non si rischia di ripetere lo stesso errore di sottovalutazione quando il Papa invoca la pace parlando della guerra in Ucraina?
“Purtroppo, è vero: quelle che a qualcuno sembravano esagerazioni si sono poi rivelate profezie. Soprattutto si è sottovalutato ciò che diceva riguardo ai segni dei tempi e ai rischi che i conflitti portano con sĂ©. La verità è che noi pensavamo di avere un tempo infinito di pace davanti e invece non è così, si arriva sempre ad un redde rationem. Sulla guerra ci sono state letture parziali, ma è chiaro che il Papa non fa altro che cercare la via della pace e spiegare a tutti anche la complessitĂ di questo. E cercare la pace non è una scorciatoia, nĂ© massimalismo ideologico”.
La lezione di questo pontificato sulla vecchiaia? Francesco ha più volte esortato ad ascoltare e frequentare gli anziani per non dimenticare le proprie radici senza le quali perdiamo l’identità . Secondo lei è riuscito a trasmettere un messaggio di “utilità ” degli anziani a dispetto di una società sempre più abituata a considerarli “scarto”?
“Moltissimo. Lui ha dato centralitĂ al tema degli anziani, intanto mettendo in guardia la societĂ dal considerarli attraverso le lenti della mentalitĂ consumistica e poi ricordando a loro stessi di avere un ruolo e invitandoli a guardare avanti, a sognare, a non accontentarsi. Un anziano può ancora dare tanto alla comunitĂ . Per questo il discorso di Papa Francesco sulla vecchiaia è molto importante ed è una lezione su cui abbiamo ancora molto da imparare”.
Il Papa ha ripetutamente ricordato non solo che il lavoro è dignità , ma che lo è anche una giusta retribuzione. Pensa che la popolarità del suo magistero su questo punto sarà sufficiente a far comprendere l’attualità degli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa nella società contemporanea?
“Certo, Francesco ha agganciato l’aspetto sociale alla spiritualitĂ ed ha evitato in questo modo quel rischio che lui identifica con il pelagianesimo. Ci ha voluto ricordare che la parte sociale è sempre legata alla parte spirituale, altrimenti finisce e diventa solo opera di uomini. Quindi ha anche dato allo spirituale una necessaria dimensione incarnata, non intimista. Chi dice che c’è un’insistenza sociale del Papa dimentica che tutto questo è legato all’annuncio del Vangelo ed alla santitĂ stessa. Una santitĂ da intendersi non in termini astratti, ma nella vita. La Dottrina sociale della Chiesa è connessa a Cristo e metterla in pratica è un modo per vivere di piĂą la spiritualitĂ . Il discorso del legame tra spiritualitĂ e sociale è fondamentale, sennò non capiremmo Papa Francesco. D’altra parte, lui e Benedetto XVI lo hanno scritto insieme nell’enciclica Lumen fidei: l’amore ha bisogno della veritĂ e la veritĂ ha bisogno dell’amore”.