L’Asia centrale postsovietica non è immune al terrorismo islamista e ai processi di radicalizzazione religiosa, in particolare tra i giovani, due fenomeni contro i quali sta combattendo tenacemente sin dagli anni ’90. La risposta degli –stan è stata ovunque basata su costruzione di macro-strutture di sorveglianza, implementazione di legislazioni antiterrorismo draconiane e imposizione di gravi restrizioni alla libertà di culto; un modus operandi che sta venendo progressivamente superato.

Negli anni recenti, infatti, le classi dirigenti hanno allentato la morsa sull’islam, anche in ragione della re-islamizzazione dal basso delle società governate, optando per una rimodulazione della strategia: eterodirezione in luogo della mera repressione. Eterodirezione implica controllo di moschee, scuole coraniche, associazioni ed enti nongovernativi, ma anche addestramento dei predicatori e ruolo-guida nella formulazione dei valori da inoculare nei fedeli.

Gli imam-influencer

Se l’islam radicale è stato in grado di attecchire nella regione, in alcuni –stan più che in altri, ciò è stato possibile anche perché le campagne di tolleranza zero hanno commesso il fatale errore di non distinguere tra islam-religione e islam-ideologia, perseguitando tanto i fedeli quanto gli estremisti; fatto, questo, che ha aiutato indirettamente la causa degli ultimi.

Oggi, contrariamente al passato, l’islam ha cessato di essere malvisto negli –stan in quanto è tornato al centro della vita pubblica e del discorso politico, ragion per cui le dirigenze, dopo aver digerito e accettato tale realtà, hanno trovato il modo di approfittare del mutato scenario. L’islam, lungi dall’essere considerato quell’insidia mortifera all’unità e alla sicurezza nazionale, è stato trasformato nel collante fondamentale a garanzia della concordia civium, ovvero della pace sociale, in un motivo conduttore della politica estera e in un instrumentum regni.

Negli anni recenti, infatti, la morsa sull’islam è stata significativamente allentata, specialmente in Kazakistan e in Uzbekistan, perché alla repressione tout court sta venendo preferita l’eterodirezione dall’alto. Eterodirezione non significa soltanto controllo di moschee, scuole coraniche, associazioni ed enti nongovernativi, ma anche addestramento dei predicatori e ruolo-guida nella formulazione dei valori da inoculare nei fedeli. In quest’ultimo ambito si inquadra un’iniziativa dell’Institute for War and Peace Reporting (IWPR) lanciata nel 2019 che, a distanza di due anni, si è dimostrata un successo.

L’IWPR, un’organizzazione nongovernativa con sede a Londra, ha raccolto l’appello delle autorità di Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan ed iniziato a formare “una nuova generazione di influenzatori sui media sociali per diffondere la tolleranza e contrastare l’estremismo violento”. Negli ultimi due anni la ong ha formato più di quattrocento imam-influencer nei tre Paesi, ovvero predicatori introdotti all’utilizzo delle nuove piattaforme di comunicazione, come i social network.

Gli ideologi del terrorismo islamista hanno compreso il potenziale di internet prima di chiunque altro, in anticipo su grandi corporazioni, stampa e politici, trasferendo le attività di reclutamento e proselitismo in rete sin dalla fine degli anni ’90. L’islam-istituzione, al contrario, ha continuato a scommettere sul potere della realtà fisica. Nel nuovo secolo, però, le dirette hanno sostituito i comizi e i blog hanno preso il posto delle piazze; perciò gli imam che desiderano adattarsi alla nuova epoca, in luogo di esserne travolti, devono possedere competenze e conoscenze in materia di influenzamento a mezzo di piattaforme sociale.

Un caso esemplare di imam-influenzatore formato con successo dall’IWPR è Yusufhon Zakaria, un predicatore operante in uno dei teatri più caldi dell’Asia centrale: la valle di Fergana; uno dei più noti bacini di reclutamento eurasiatici dell’internazionale jihadista. Con il supporto degli esperti della ong, Zakaria è riuscito a diventare uno degli imam più popolari e social del Kirghizistan, aprendo dei canali su Instagram e YouTube che prima gli hanno permesso di avvicinare i giovani e poi di vincere la diffidenza di anziani e conservatori.

I numeri di Zakaria sono la conferma che il programma dell’IWPR funziona: un seguito di 80mila persone su Instagram, video su Youtube che raggiungono e superano facilmente il milione di visualizzazioni, contenuti che superano i confini della valle di Fergana e dello stesso Kirghizistan, registrando un crescente riscontro di pubblico in Uzbekistan, e comunità di fedeli che mostra una crescente propensione ad accettare, ad esempio, un ruolo maggiore per le donne nella società.

Come avviene la formazione?

Agli aspiranti imam-influenzatori viene insegnato come capitalizzare i profili pubblici su Facebook e Instagram e i canali su Youtube e Telegram, ovvero come realizzare dei contenuti scritti e video in grado di catturare l’attenzione del pubblico, quali strategie comunicative adottare a seconda della fascia desiderata e come riconoscere e combattere la disinformazione.

L’ultimo punto è particolarmente importante: le organizzazioni terroristiche si nutrono della circolazione di bufale per promuovere le proprie agende e attrarre seguaci; perciò è tassativo che gli imam-influenzatori smascherino le notizie false capaci di sviare e radicalizzare le masse.

Il successo del programma, palesato dal caso Zakaria, ha giocato un ruolo determinante nel convincere le autorità pubbliche uzbeke a richiedere formalmente i servizi dell’IWPR, che, prossimamente, potrebbe iniziare a formare imam-influenzatori anche a Tashkent.





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