Nonostante l’arresto la scorsa settimana di Khadim Hussain Rizvi, il leader del partito islamista Tehreek-e-Labaik Pakistan (Tlp), che dopo la scarcerazione di Asia Bibi aveva paralizzato il Paese con violente proteste, non si fermano le minacce degli estremisti musulmani alla famiglia della donna cristiana accusata di blasfemia.
“Nei giorni scorsi hanno sparato sul cancello dell’abitazione in cui ci trovavamo, riceviamo costantemente minacce ed in più di un’occasione sono stato seguito”, ha raccontato alla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, Joseph Nadeem, che da quando la donna è stata posta in carcere nel 2009 si occupa delle sue due figlie, Esha ed Eisham. “Abbiamo paura”, ha confessato Nadeem, che con la sua famiglia vive assieme alle due ragazze. Asia Bibi e suo marito, infatti, si trovano attualmente in un luogo sicuro, sotto la protezione del governo pakistano.
“Gli islamisti ci danno la caccia ed ogni volta che ci accorgiamo di essere in pericolo scappiamo immediatamente”, racconta il tutore delle giovani che dopo la sentenza dei giudici della Corte Suprema del Pakistan hanno dovuto cambiare già quattro abitazioni a causa delle intimidazioni subite. “Non possiamo neanche andare a comprare da mangiare – racconta l’uomo – io esco soltanto di notte e con il volto coperto”.
“È molto preoccupata per le sue figlie”, spiega Nadeem parlando di Asia. Le ragazze non hanno ancora potuto riabbracciare la madre, ma sono in contatto con lei telefonicamente ogni giorno. “Non scorderò mai la loro prima telefonata – ha aggiunto – Esha ed Eisham hanno pianto per ore per la gioia. Asia non vede l’ora di incontrarle e spera di lasciare presto il Paese assieme a loro ed al marito”.
Il calvario della donna cristiana condannata a morte e imprigionata per quasi dieci anni con l’accusa di aver insultato il profeta Maometto, quindi, sembra non essersi ancora concluso. Per scampare agli estremisti l’unica soluzione sarebbe quella di “poter lasciare presto il Pakistan per vivere in un luogo sicuro”. Al momento sono diversi i Paesi occidentali che hanno offerto assistenza alla famiglia della donna, ma nessuno finora ha voluto concederle la cittadinanza. Asia Bibi, infatti, è ancora in attesa del passaporto e del visto per espatriare.
“L’attenzione e la solidarietà internazionali ci confortano – spiega l’uomo ad Acs – tutti noi, Asia inclusa, siamo grati a quanti levano la loro voce per denunciare la nostra situazione”. “Speriamo – ha concluso rivolgendosi alla fondazione pontificia – che le nostre due famiglie possano trascorrere questo Natale a Roma, assieme a voi”.