L’Iraq del dopo Isis è un Paese in ginocchio che deve ricostruire case, villaggi e comunità umane. Un terzo del territorio iracheno è completamente distrutto. Ma è a Ninive, quartier generale del fanatismo jihadista, che le macerie si stagliano per chilometri. Case, ponti, strade, ospedali, chiese, aeroporti, linee telefoniche. Poco è sopravvissuto alla furia del Califfato e ai lunghi mesi di combattimenti per strappare all’Isis, casa per casa, strada per strada, la roccaforte di Mosul e i villaggi cristiani della Piana. Oltre il 70 per cento degli edifici della seconda città dell’Iraq, eletta capitale dello Stato Islamico da al Baghdadi, è stato raso al suolo.
Sono 147 mila in tutto il Paese le abitazioni distrutte o gravemente danneggiate in oltre tre anni di conflitto. Più di un terzo soltanto a Mosul. La sfida urgente della ricostruzione si preannuncia gravosa, non solo dal punto di vista economico. Nonostante ciò, a distanza di qualche mese dalla proclamazione della vittoria sulle bandiere nere, è il 35 per cento delle famiglie cristiane ad aver fatto ritorno nei villaggi della regione, grazie agli aiuti internazionali, come quello della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, che per Ninive ha lanciato un vero e proprio Piano Marshall da 250 milioni di dollari. Oltre 31 milioni sono stati stanziati finora per riparare gli edifici e dare assistenza agli oltre 125mila rifugiati che hanno trovato riparo nei campi profughi del Kurdistan iracheno. Per loro è intervenuto, durante la consueta udienza generale del mercoledì, anche Papa Francesco, con un nuovo appello a pregare per i “fratelli” del Medio Oriente che rischiano di essere “cacciati” dalle terre che li ospitano da millenni.
Ora la fondazione ha stanziato un nuovo contributo di cinque milioni di dollari che servirà a rimettere in piedi altre 2mila abitazioni nei villaggi cristiani di Ninive. E a protezione dei 95mila cristiani rimasti nella Piana sono scese in campo anche le Nazioni Unite. “L’Onu riconosce la necessità di una più ampia collaborazione tesa a stabilizzare la regione e l’esigenza di sostenere e tutelare la diversità religiosa dell’area anche come futura difesa da un’eventuale nuova avanzata dell’Isis”, ha detto il rappresentante del Segretario Generale per il programma di sviluppo delle Nazioni Unite, Mourad Wahba, che al Palazzo di Vetro a New York ha incontrato il segretario generale di ACS, Philipp Ozores.
“Accogliamo con soddisfazione il necessario coinvolgimento istituzionale per porre fine al dramma dei cristiani di Ninive”, ha commentato il segretario dell’associazione che finora ha messo in campo il maggior numero di risorse a supporto dei cristiani del nord dell’Iraq. ”Per troppo tempo gli aiuti sono giunti dai soli donatori privati”, ha detto Ozores, che ora potrà contare anche sul sostegno delle Nazioni Unite. Il governo iracheno ha fatto sapere che per ricostruire la nazione sconvolta da guerra e fondamentalismo serviranno 88 miliardi di dollari: questa la cifra che le istituzioni del Paese hanno chiesto, nelle scorse settimane, alla Conferenza dei Paesi donatori in Kuwait.