Continua la battaglia dell’esercito filippino nell’isola di Mindanao per strappare la città di Marawi ai jihadisti del Maute, lo Stato islamico di Lanao, affiliato all’Isis.Continuano le operazioni per liberare MarawiLe violenze sono scoppiate lo scorso 23 maggio dopo il fallimento della cattura di Isnilon Hapilon, leader del gruppo jihadista Abu Sayyaf. A supporto di Hapilon, contro le forze governative, sono intervenuti, i miliziani di Maute, che nel giro di poco tempo si sono impadroniti della città. Circa il 90% degli abitanti di Marawi sono stati costretti a fuggire. Alcuni si sono rifugiati nelle città vicine, altri nei campi profughi allestiti dall’esercito. Nonostante i militari di Manila abbiano ripreso il controllo di gran parte della città, circa 2mila persone restano ancora intrappolate nelle aree interessate dagli scontri tra militari e jihadisti. Da ieri, l’esercito delle Filippine sta cercando di aprire un varco lungo il ponte che collega le parti est e ovest del fiume Agus per liberare i civili rimasti ostaggio dei miliziani islamisti. Secondo le stime dell’esercito filippino, sarebbero circa cinquanta i miliziani del Maute ancora asserragliati nel centro della città. Ma, dopo l’assalto di martedì scorso al carcere dove sono stati liberati decine di detenuti, potrebbero essere anche di più. Intanto, si contano le vittime. Sono 19 i civili giustiziati dai jihadisti. Tra loro anche donne e bambini. Sessantuno ribelli sono morti nei combattimenti, mentre è di 20 persone il bilancio delle vittime tra i militari e i poliziotti di Manila. Non ci sono ancora notizie invece di padre Teresito Soganub e degli altri 15 fedeli cristiani rapiti dagli estremisti islamici mercoledì scorso nella cattedrale di Nostra Signora Ausiliatrice a Marawi, poi data alle fiamme dai combattenti del Maute.”Cristiani rapiti usati come merce di scambio”La preoccupazione di padre Sebastiano D’Ambra, sacerdote missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere, che si trova in un’altra città dell’isola di Mindanao, Zamboanga, è che i cristiani rapiti a Marawi vengano usati dai terroristi come merce di scambio con l’esercito. “Probabilmente la loro intenzione è quella di utilizzare i fedeli come merce di scambio, per convincere i militari a ritirarsi”, ha affermato padre D’Ambra al telefono con Aiuto alla Chiesa che Soffre, la fondazione pontificia che si occupa di aiutare i cristiani perseguitati nel mondo. Il sacerdote si è, quindi, augurato che “il governo agisca con saggezza e prudenza così da evitare uno spargimento di sangue”. Padre D’Ambra vive da quarant’anni nelle Filippine, dove ha fondato il movimento Silsilah, con lo scopo di promuovere il dialogo interreligioso con i musulmani, che rappresentano la maggioranza della popolazione nell’isola di Mindanao. A Marawi, infatti, dove sono in corso gli scontri tra jihadisti ed esercito governativo, i cristiani sono soltanto il 2%. Il resto della popolazione è di fede musulmana e nella città, già da tempo, sventolano le bandiere nere. “Episodi come quello avvenuto a Marawi non fanno che aggravare una situazione di per sé complicata e rendono ancor più difficile la promozione del dialogo interreligioso”, ha detto il missionario.Il radicalismo islamico nelle FilippineNell’isola di Mindanao, dove si concentra la minoranza musulmana delle Filippine, da oltre trent’anni sono attivi gruppi armati separatisti musulmani come il Moro National Liberation Front (MNLF) e movimenti islamisti come il Moro Islamic Liberation Front (MILF) e Abu Sayyaf, nati negli anni ’90 dalla scissione con il MNLF. Negli ultimi anni, però, riferisce il missionario italiano, “sempre più realtà islamiste internazionali sono penetrate nelle Filippine”. Maute, ad esempio, l’organizzazione islamista affiliata all’Isis che tiene Marawi sotto assedio, è apparsa sulla scena nazionale nel 2012. La radicalizzazione, afferma padre D’Ambra, è continuata con il proliferare di movimenti di ispirazione wahabita, sostenuti dall’Arabia Saudita, e da una decina di anni vi è una forte presenza del Jemaah Islamiah, un gruppo islamista nato in Indonesia. Sempre più musulmani abbracciano l’Islam radicale, secondo il sacerdote, anche grazie ai “lauti compensi offerti dai terroristi alle giovani reclute”. Così, negli ultimi tre anni l’Isis ha moltiplicato i suoi sostenitori a Mindanao. “Senza contare gli interessi internazionali che mirano a destabilizzare quest’area”, afferma padre D’Ambra, secondo il quale esiste “un piano che continuerà in questa direzione”. “La situazione a Marawi si calmerà, ma il terrorismo non si arresterà”, assicura il sacerdote. Anche a Zamboanga, infatti, la città dove si trova il missionario, il governo filippino ha decretato lo stato di allerta e ha messo in guardia i cristiani dalla minaccia degli estremisti islamici.





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