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La situazione in Afghanistan sta precipitando. Da quando è iniziato lo smantellamento della missione Nato, i talebani continuano ad avanzare, spazzando via qualsiasi resistenza. A vent’anni dall’11 settembre, gli “studenti” di Allah si stanno riprendendo il Paese, martoriato da una guerra che dura da 40 anni. Il primo reportage in Afghanistan l’ho realizzato nel 1983, al fianco dei mujaheddin ai tempi dell’invasione sovietica. Ci vollero dieci anni prima che l’Armata rossa, sconfitta, abbandonasse il Paese. I mujaheddin avevano vinto la guerra, ma perso la battaglia per la pace dilaniandosi in uno scontro fratricida. Così arrivarono i taleban,i appoggiati dal Pakistan, ed entrarono a Kabul a colpi di Corano e moschetto. In Afghanistan ci sono sempre ritornato per raccontare la tragica storia di questo paese che è diventato una mia seconda patria.
In vent’anni di “guerra” di pace sono 53 i soldati italiani caduti e centinaia i feriti. Non abbiamo mai dimenticato le loro storie e adesso vogliamo raccontare il vuoto lasciato dalla frettolosa ritirata. A combattere contro i talebani è rimasto solo l’esercito afghano con lo scarso appoggio aereo americano. I soldati demoralizzati, spesso si arrendono, ma i corpi speciali combattono fino alla morte. La popolazione ha paura e sono tanti gli afghani che decidono di scappare verso l’Europa alimentando una nuova ondata migratoria. Gli interpreti che erano al fianco dei nostri soldati e rischiano la rappresaglia hanno chiesto all’Italia di metterli in salvo, ma in tanti si sentono abbandonati. E anche dall’altra parte della barricata, il mondo talebano è tutto da scoprire. È una guerra lontana che però ci riguarda da vicino.
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