Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, è arrivato a Biarritz, in Francia. E al G-7 di Emmanuel Macron entra di diritto la crisi tra Iran e Stati Uniti. Il potente ministro iraniano è arrivato a sorpresa nella città francese su invito del governo francese. Da quanto si evince, non per parlare al summit ma per discutere direttamente con il suo omologo francese, Jean-Yves Le Drian. Un incontro che segue il vertice tra Zarif e Macron a Parigi e che dimostra una cosa: se è vero che la Francia non ha ricevuto il “mandato di discutere” con Teheran, come affermato da alcune fonti durante il G-7, è altrettanto chiaro che è ora la Francia l’epicentro europeo della crisi del Golfo Persico.

Dopo il vertice nella capitale francese, Zarif aveva detto all’emittente francese “France 24” che vi erano “buone proposte per salvare l’accordo sul nucleare”. “Oggi, continuiamo a discutere con Emmanuel Macron”, ha detto il capo della diplomazia di Teheran, che considera l’Eliseo quale vero interlocutore occidentale di questa escalation tra Washington e la Repubblica islamica che sta infiammando non solo il Golfo Persico, ma anche l’intero Medio Oriente. Lo hanno dimostrato i sequestri delle petroliere sia a Gibilterra che nelle acque tra Penisola arabica e Iran, sia i nuovi raid israeliani in Iraq prima e in Siria dopo. La tensione sale ed è tutta una concatenazione di eventi e di tensioni che non possono essere distinte l’una dall’altra. Fa tutto parte di un un unico blocco. E risolvere il nodo del nucleare iraniano significa di conseguenza muovere tutti i fili dei diversi campi di battaglia che coinvolgono rotte petrolifere e le guerra di Siria e Yemen.

La Francia, in tutto questo, ha assunto un ruolo essenziale. Macron ha da sempre mostrato la volontà di mettere in salvo l’accordo sul programma nucleare iraniano. E il fatto che adesso, a sorpresa, a Biarritz arrivi Zarif, è un segnale inequivocabile della volontà di ergersi a guida del gruppo europeo che vuole tutelare il mantenimento dell’accordo del 2015 firmato dal cosiddetto 5+1 e che Trump ha stracciato non appena entrato nella Casa Bianca. E non è un caso che il presidente degli Stati Uniti abbia avuto un pranzo con Macron non appena sbarcato in Francia così come non è altrettanto casuale che nei giorni precedenti entrambi i leader abbiano aperto i canali con un altro Paese al centro delle crisi mondiali: la Russia di Vladimir Putin.

Segnali inequivocabili su come l’asse tra Parigi e Washington corre su due direttrici: una diretta verso il Cremlino, l’altra direttamente all’epicentro della crisi della crisi iraniana: Teheran. Una partnership che per gli Stati Uniti ha un duplice significato. Da un lato vogliono dividere l’asse franco-tedesco confermando di puntare più sulla Francia e di assediare, invece, la Germania. Dall’altra parte, Trump ha ben chiaro che uno scontro diretto con l’Iran non è nell’interesse della sua amministrazione, ma che può riuscire a modificare a suo vantaggio l’accordo del 2015 soltanto con l’aiuto francese, che ha da sempre un canale privilegiato con l’Iran. E forse è anche per questo che è arrivata la minaccia del presidente Usa sui dazi al vino francese. un segnale di come Washington voglia garantirsi un impegno molto diverso da parte dei partner europei per costringere l’Iran a trovare un accordo.

Sul fronte dell’Eliseo, invece, la mossa di Macron e Le Drian è un colpo a sorpresa che manifesta la volontà di Parigi di consolidare l’immagine di un Paese diverso, che vuole ergersi a guida dell’Unione europea in chiave diplomatica e militare. Un’occasione ghiotta con una Merkel sempre più debole e con l’Italia fuori dai giochi. L’arrivo di Zarif, da quello che dicono i francesi, non è per un invito al G7 ma per un vertice bilaterale. M,a è del tutto evidente che c’è dell’altro: i delegati iraniani non incontreranno quelli americani, ma è abbastanza chiaro che Biarritz e i francesi possono diventare un ponte: quello tra l’Iran e gli Stati Uniti.





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