Ogni volta che Vladimir Putin fa tappa in Italia, la geopolitica, tra le materie discusse a mezzo stampa, assume contorni piuttosto cruciali. L’entità del ruolo recitato dal presidente della Federazione Russa nello scacchiere occidentale è indiscutibile. È sufficiente l’annuncio di una visita dello “Zar” in Europa affinché gli analisti inizino a occuparsi dei possibili significati nascosti. Ma nel bel mezzo dell’Italia si trova anche lo Stato del Vaticano, dove risiede papa Francesco, che con il leader russo ha costruito quello che gli ecclesiastici definirebbero un “ponte”.
Vladimir Putin sarà a Roma giovedì, dove avrà modo d’incontrare pure il pontefice della Chiesa cattolica. Il presidente della Federazione Russa arriverà in Italia, dopo aver dato per morto l’ideale liberale. L’aggettivo utilizzato nella recente intervista al Financial Times è “obsoleto”. La visione del mondo dello “Zar”, in relazione a questa sentenza politologica espressa sul liberalismo, muove da un fondamento: la gestione dei fenomeni migratori ha posto quesiti cui i vecchi paradigmi ideologici non sono più in grado di fare fronte. Certo, Jorge Mario Bergoglio non può concordare con la critica al multiculturalismo, che è un altro dei passaggi centrali dell’intervista all’ex funzionario del Kgb. Ma pure il Santo Padre sembra pensare che il liberalismo sia destinato al tramonto in breve tempo. Il cardinale Walter Kasper lo ha spiegato meglio di chiunque altro quando – come riporta ancora la Sir – ha parlato di “programma radicale” e non “liberale”. Il teologo teutonico e progressista intendeva sintetizzare la Weltanschauung del gesuita.
Vladimir Putin non è Donald Trump: il papa, considerando pure la prossimità della Chiesa ortodossa di Mosca, non ha mai criticato il sovranismo addebitato dai più al Presidente russo. Riunificare tutti i cattolici continua ad apparire come un disegno utopistico, ma la “Chiesa in uscita” dell’ex arcivescovo di Buenos Aires, quella “ospedale da campo”, ha puntato molto sul multilateralismo diplomatico e sul dialogo interreligioso. La Russia rimane una pedina essenziale sulle mappe della politica estera pontificia. E poi ci sono i dossier: gli stessi sui quali papa Francesco e Vladimir Putin hanno già avuto modo di confrontarsi nelle tre volte in cui si sono visti presso la Santa Sede. Quello siriano, su cui la Segreteria di Stato e le istituzioni politiche di Mosca sono sembrati spesso concordi, e quello ucraino, che si è complicato “grazie” allo scisma della Chiesa ortodossa di Kiev. Sono sempre state e rimangono questioni spinose.
Il punto di contatto più evidente tra i due resta la critica all’atlantismo esasperato, che fa rima pure con la sopracitata disapprovazione del liberalismo. Campiamoci: le differenze tra Francesco e Putin sono manifeste. Jorge Mario Bergoglio è un “teologo del popolo”, un “populista sudamericano”, come lo ha appellato il politologo Alexandr Dugin nel suo recente viaggio nella nostra nazione. Il pontefice argentino è anche, se non soprattutto, un sostenitore dei “porti aperti”, dei “movimenti popolari”, degli “ultimi del mondo” e dell’accoglienza tutelata e garantita erga omnes. Lo “Zar”, all’interno della medesima intervista al Financial Times, ha tessuto le lodi della “linea del rigore” adottata dal tycoon negli Stati Uniti. Il papa, però, non dovrebbe badare troppo a questi aspetti.
Se la disamina del professor Alberto Ventura sull’alleanza che il papa sta ricercando con l’islam, in maniera strategica, per contrastare la globalizzazione è corretta, lo stesso ragionamento può valere per le relazioni diplomatiche tra Vaticano e Mosca. Il “sinodalismo” assembleare del Vaticano rileva per le argomentazioni di carattere dottrinale e per la gestione della vita ecclesiastica, mentre in politica estera la parola d’ordine della Santa Sede è ancora “multilateralismo”, che perdura da quando a ricoprire l’incarico di “ministro degli Esteri” è il cardinale Pietro Parolin. La Russia, in poche parole, come contrappeso all’ennesima riedizione di un “nuovo secolo americano”, che dalle parti di piazza San Pietro non hanno intenzione di compiacere.