In Asia c’è una nuova “Tigre” da tenere d’occhio. Si tratta del Vietnam, pPaese che sta avanzando a tassi di crescita di tutto rispetto. Certo, il punto di partenza dell’economia vietnamita era molto basso, ma di questo passo Hanoi ha tutte le carte in regola per non rallentare. Il problema è che quando siamo di fronte a un’ascesa economica racchiusa in pochi anni, insieme ai fattori positivi non mancano gli aspetti negativi.

La crescita economica di Hanoi

Nel 2017 il Pil del Vietnam è cresciuto del 6,8%, facendo registrare un +0,1% sulla previsione del governo vietnamita. L’anno scorso l’aspettativa era un balzo compreso tra il 6,5 e il 6,7%. Alla fine il valore è stato del 7,1%. Hanoi è letteralmente affamata di crescita e non ha intenzione di fermarsi. A maggior ragione proprio ora che la guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina le sta regalando piccoli vantaggi. Molte imprese hanno infatti traslocato oltre la Muraglia per approdare in Vietnam, altre sono in procinto di farlo presto. Tutto rose e fiori? Nemmeno per idea. Il Paese ha puntato su uno sviluppo a “due teste”. Da una parte ci sono le industrie di manodopera, dall’altra il settore immobiliare. Il problema è che troppo spesso i funzionari pubblici, a costo di fare affari, non controllano i procedimenti amministrativi.





Le proteste contro gli espropri di terreni

Mazzette e corruzione sono all’ordine del giorno, raccontano i contadini finiti nell’occhio del ciclone. Quando infatti un’azienda è in procinto di trasferirsi in Vietnam, spiega un lungo approfondimento di Le Monde Diplomatique, chiede informazioni al governo per quanto concerne i terreni su cui stabilirsi. Gli ospiti propongono un piano industriale che, se giudicato in grado di soddisfare l’amministrazione, viene approvato. In cambio l’azienda acquista i terreni e il gioco è fatto. Il lato oscuro è proprio il reperimento del terreno da parte del governo. I contadini si lamentano per gli espropri forzati delle loro terre, destinate a fabbriche o progetti immobiliari. In certi casi gli espropri avvengono in modo violento per l’opposizione dei contadini, che non vogliono lasciare il proprio appezzamento in cambio di una cifra ridicola. Altre volte la requisizione avviene senza se e senza ma.

I terreni sono dello Stato

Proprio per questo motivo negli ultimi mesi sono aumentate le proteste contro gli espropri di terreni agricoli destinati a uso industriale. Il terreno agricolo costa molto meno di uno industriale e non è raro che lo Stato acquisti il primo a una cifra irrisoria salvo poi cambiarne destinazione d’uso. C’è da dire che in Vietnam i contadini non sono proprietari dei terreni, in quanto possiedono soltanto un diritto di uso agricolo. Ogni contadino può, al massimo, vendere una parte o tutto il proprio diritto di uso ma non il terreno, che resta di proprietà dello Stato.

Speculazione e soldi facili

Le aziende che si stabiliscono sugli ex terreni dei contadini, in teoria dovrebbero assicurare un posto di lavoro agli abitanti di quelle zone. Ma non sempre va a finire così, per lo più per via della scarsa specializzazione degli abitanti del posto. La protesta dei locali, quindi, diventa ancora più veemente. Oltre alla pratica burocratica del governo non manca la speculazione di investitori privati. Dal momento che i terreni stanno diventando sempre più rari, gli investitori li acquistano promettendo la realizzazione di un certo progetto,. Ovviamente non lo faranno e rivenderanno gli stessi terreni, suddivisi in lotti, e a cifre più alte. E così una piccola élite si arricchisce alle spalle di una massa di contadini rimasti senza terreni né lavoro. C’è anche questo dietro il roboante sviluppo economico del Vietnam.

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