Il voto delle elezioni regionali venezuelane di domenica 15 ottobre ha sancito una perentoria affermazione del Grande Polo Patriottico, la coalizione governativa imperniata sul Partito Socialista Unito Venezuelano (PSUV) del presidente Nicolas Maduro, che conquistando 17 governatorati su 22 ha respinto l’assalto dell’opposizione della Mesa de la Unidad Democratica (MUD), conquistando oltre il 54% dei suffragi in un voto che ha visto un’affluenza pari al 61%, ben venti punti superiore a quella che ha contraddistinto il voto per l’Assemblea Costituente del luglio scorso.

Le contestazioni di brogli elettorali denunciate dall’opposizione cozzano con i rilievi effettuati dagli osservatori internazionali: l’ex presidente del Consiglio Nazionale Elettorale della Colombia, Paese non certo tenero nei confronti del governo chavista di Caracas, ha rilevato l’affidabilità del sistema di voto elettronico e della tecnologia utilizzata, mentre al contempo l’ex ministro degli Esteri boliviano e Segretario dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA) David Choqueanca ha sottolineato l’importanza del ritorno alle urne dei cittadini della Repubblica Bolivariana, ritenuto uno strumento per la stabilizzazione democratica dell’America Latina. Gli elettori venezuelani hanno spianato la strada al successo del chavismo, ritornato maggioritario e vincente, penalizzando apertamente una MUD che ha fallito nel suo percorso politico dopo la netta affermazione alle elezioni legislative di fine 2015, a cui ha fatto seguito una crisi istituzionale dovuta, in primo luogo, alle forti strumentalizzazioni della loro carica da parte dei leader dell’opposizione all’Assemblea Nazionale, che hanno a più riprese cercato di strumentalizzare la loro posizione politica per destabilizzare la presidenza di Nicolas Maduro. 

I vari Leopoldo Lopez, Henrique Capriles e Julio Borges, sedicenti “oppositori democratici” contro la presunta dittatura chavista, sono riusciti nel capolavoro di resuscitare il PSUV e il Presidente Maduro, che sembravano esser stati letteralmente sormontati dalla travolgente crisi politico-istituzionale ed economica del Paese e destinati a una precoce estromissione dal potere: i venezuelani non hanno perdonato ai leader della MUD la scelta radicale di espandere la protesta anti-Maduro sino ai livelli estremi degli ultimi mesi del 2016 e dei primi del 2017, gli appelli dei leader dell’Assemblea Nazionale all’imposizione di sanzioni contro il loro stesso popolo, il contributo delle squadracce paramilitari ai violentissimi scontri di piazza e, dopo aver disertato le manifestazioni di agosto che hanno consegnato a Maduro una vittoria politica, hanno punito buona parte dei loro candidati governatori voltando loro le spalle alle urne. Grande sconfitta tattica anche per gli Stati Uniti, che hanno accusato il governo bolivariano di aver pilotato gli esiti di un processo ritenuto trasparente e legittimo da tutti gli inviati internazionali e vedono in questo modo spiazzata la loro linea nettamente favorevole a un rapido regime change nel Paese: attorno a Maduro e al suo partito, dopo la vittoria amministrativa, si è rapidamente rafforzato l’asse di solidarietà latinoamericano, dato che non sono mancate le felicitazioni degli alleati regionali (Cuba, Nicaragua, Ecuador, Bolivia) e le dichiarazioni entusiaste di storici amici del chavismo come Diego Armando Maradona. 

La nuova impostazione politica del PSUV e la crescente mobilitazione di base degli apparati vicini al partito hanno in ogni caso contribuito a un’affermazione che rappresenta un punto di svolta per il Venezuela: come riportato da Les Blough su Telesurinfatti, il voto del 15 ottobre è da ritenersi una “grande lezione di democrazia partecipativa” e una forte risposta ai climi avvelenati che hanno portato il Venezuela, nei mesi scorsi, sull’orlo della guerra civile. Il voto rafforza inoltre la strategia politica del governo, imperniata su un forte rilancio dell’investimento sociale (che nel 2018 assorbirà quasi tre quarti del bilancio pubblico) e sulla volontà di riassettare le istituzioni statali per mezzo dei lavori dell’Assemblea Costituente. Nicolas Maduro può trarre un sospiro di sollievo: principalmente per colpa e negligenza dei suoi avversari, la sua posizione politica risulta rafforzata, sebbene il Presidente resti in ogni caso sub judice. Solo dimostrandosi in grado di dare continuità alla fiducia che, nonostante gli errori e le turbolenze del recente passato, i cittadini venezuelani hanno riposto nella capacità di governo della formazione chavista, infatti, il PSUV potrà continuare il suo ruolo nelle istituzioni e riprendere la sua storica funzione di forza progressista dinamica e attiva nei prossimi anni che segneranno il destino della Repubblica Bolivariana.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.