L’Unione europea continua a essere in pesante ritardo sul fronte vaccini anti-Covid, soprattutto se paragonata a Paesi come Stati Uniti, Israele e Gran Bretagna dove la somministrazione dei vaccini procede spedita. L’Italia, come se non bastasse, rappresenta un vero e proprio fanalino di coda per ciò che riguarda la vaccinazione degli ultra-ottantenni, la categoria più a rischio: secondo l’Ispi, infatti, quattro Paesi europei (Polonia, Repubblica Ceca, Finlandia e Svezia) hanno già somministrato almeno la prima dose di vaccino a un quarto o più dei loro ultra-ottantenni. Bene anche Francia (23%) e Germania (22%), mentre il nostro Paese si ferma a un misero 6%, appena sopra la Lituania (3%). A livello europeo, tuttavia, c’è poco da festeggiare dopo l’annuncio di Astrazeneca di fornire meno della metà delle dosi di vaccino anti-Covid all’Unione europea rispetto al contratto nel secondo trimestre.
Come riporta l’agenzia Adnkronos, la Commissione Europea non smentisce l’indiscrezione delle ultime ore. “Le discussioni con AstraZeneca sul calendario delle consegne continuano – risponde un portavoce della Commissione alla richiesta di una conferma all’agenzia Reuters – la compagnia sta rivedendo il calendario e lo sta consolidando, sulla base di tutti i siti produttivi disponibili, in Europa e fuori. La Commissione si attende che le venga presentata una proposta di calendario migliorata”. AstraZeneca aveva già dimezzato, da 80 a 40 mln di dosi (inizialmente a 31 mln, poi le aveva riportate a 40 mln dopo la reazione della Commissione), le consegne di dosi all’Ue previste per il primo trimestre, motivandole con non meglio specificati problemi di produzione e senza fornire alcuna garanzia per il secondo trimestre. Ora è arrivata la conferma che il taglio delle forniture della multinazionale anglosvedese riguarderà anche il secondo trimestre. Ma come si spiegano tutti questi ritardi? E che differenze sussistono con la Gran Bretagna, in particolare, dove le cose sembrano andare decisamente meglio?
Contratti Ue e Uk a confronto: il vero motivo del ritardo
Come abbiamo già spiegato su InsideOver, infatti, ritardi dell’Unione europea nella campagna di vaccinazione sono sotto gli occhi di tutti. E sul banco degli imputati la prima a finire è proprio Ursula von der Leyen. In una durissima analisi, Politico sottolinea che “i difensori del presidente della Commissione europea” possono analizzare” i contratti dell’UE con Big Pharma” che vogliono, difendere “i tortuosi protocolli di approvazione dei farmaci presso l’Agenzia europea del farmaco” e “lamentarsi della scarsità della produzione di vaccini in Europa quanto vogliono. Niente di tutto ciò cambia la semplice realtà: che nei momenti critici della crisi, Ursula von der Leyen ha preso decisioni che hanno ostacolato il lancio del vaccino e messo a dura prova la coesione dell’Unione europea”. La colpa dell’ex ministro tedesco è quella di aver voluto affrontare le trattative con le cause farmaceutiche “come un accordo commerciale”, sottolinea Politico, incaricando un negoziatore dell’Ue esperto in materia. Oltre ai prezzi più bassi, l’Unione europea ha insistito sul fatto che le case farmaceutiche si assumessero la responsabilità legale per qualsiasi errore. Cosa che, ovviamente, non è stata nemmeno presa in considerazione.
La Gran Bretagna? Ha stipulato un contratto più chiaro e dettagliato
Politico è tornato sull’argomento illustrando le principali differenze fra i contratti stipulati dalla Gran Bretagna con quelli dell’Unione europea con Big Pharma. Il modo in cui il Regno Unito si è assicurato le dosi più rapidamente rispetto all’Ue dal gigante farmaceutico AstraZeneca è stato oggetto di un attento esame da parte della testata e di alcuni esperti. Alcuni indizi si possono trovare confrontando il contratto che AstraZeneca ha firmato con Londra con quello firmato con Bruxelles. Nel complesso, i contratti sembrano più o meno gli stessi per quanto riguarda la lingua e il loro tono, afferma Sébastien De Rey, specialista in diritto dei contratti presso l’Università di Leuven. Ma c’è una differenza fondamentale, osserva: “Il contratto del Regno Unito è, su alcuni punti specifici, più dettagliato”. Il livello di specificità è in parte dovuto ai sistemi legali su cui si basano. Il contratto del Regno Unito è scritto nella legge inglese, che giudicherà se entrambe le parti hanno consegnato la merce in base all’esatta formulazione del contratto. Il contratto dell’Ue è scritto secondo la legge belga, che si concentra sul fatto che entrambe le parti “abbiano fatto del loro meglio” per consegnare la merce e “abbiano agito in buona fede”.
Non è un particolare ma una differenza sostanziale e fondamentale: come spiega Politico, sono questi dettagli che danno al Regno Unito maggiore influenza al fine di garantire che il suo contratto venga rispettato efficacemente. Sebbene entrambi i contratti affermino che tutte le parti faranno il loro “miglior ragionevole sforzo” per fornire le dosi di vaccino, il governo del Regno Unito è più chiaro nell’affermare la sua supervisione dell’accordo. Questa differenza fondamentale, secondo un avvocato interpellato da Politico e specializzato in trattative commerciali, può essere attribuita al fatto che il contratto siglato con Londra è stato scritto da persone con una “significativa esperienza” di accordi di questo tipo. Il contratto della Commissione europea, al contrario, mostra una “mancanza di buon senso commerciale”, secondo l’avvocato. Insomma, l’Unione europea, nonostante tutti i burocrati di cui può vantare, è riuscita a fallire in pieno nella partita più delicata e importante di quest’emergenza sanitaria. Tutto questo mentre i Paesi europei fanno i conti con lockdown interminabili, una crisi economica spaventosa e delle riaperture che tarderanno ad arrivare.