Il Presidente dell’Uzbekistan, Islam Karimov, è venuto a mancare dopo 26 anni alla guida del Paese. Era stato ricoverato nella giornata di domenica in seguito a delle complicazioni cardiache e ad una conseguente emorragia cerebrale, e nella giornata di venerdì le autorità della piccola repubblica dell’Asia Centrale hanno ufficializzato la notizia. Nato nel 1938 a Samarcanda, nell’attuale Uzbekistan, era stato eletto per la prima volta Presidente della Repubblica Socialista Sovietica Uzbeka il 24 marzo del 1990, e poi confermato ripetutamente in carica dopo la caduta del comunismo, fino all’ultima rielezione dello scorso anno.Da molti è stato definito come un “Gheddafi uzbeko”, per i metodi definiti dittatoriali, ma efficaci ai fini del mantenimento dell’ordine nel Paese. Insieme a Nursultan Nazarbaev, attuale presidente della Repubblica del Kazakhstan, è stato l’unico capo di stato a rimanere in carica dall’indipendenza del proprio territorio , sebbene i metodi con i quali sia riuscito a mantenere il potere sono definiti da molti piuttosto discutibili. Alcuni sostengono che abbia bollito i propri nemici politici, altri semplicemente denunciano le repressioni da lui condotte contro i gruppi islamici e di opposizione politica.La sua permanenza al potere è stata contraddistinta dalla vittoria di diverse tornate elettorali, condite da vari referendum e modifiche della Costituzione con la quale gli fu concesso di candidarsi più di due volte consecutive, fino al referendum costituzionale del 2002, anno in cui introdusse una modifica della carta con la quale si consentiva al Presidente di estendere il proprio mandato da 5 a 7 anni. Negli anni si sono susseguite numerose proteste contro la presidenza di Karimov, giudicato anti-democratico e non in grado di badare ai bisogni della popolazione. Dopo il referendum del 1995, infatti, la linea di governo si rese decisamente più autoritaria, con severe restrizioni e limitazioni verso l’opposizione, spesso perseguitata a colpi di arma da fuoco e repressioni collettive. Le Nazioni Unite hanno spesso riportato diffuse violazioni dei diritti umani attraverso i mahalla, gli istituti di governo locali – molto diffusi dai tempi dell’URSS – dove i “Guardiani di Mahalla” operavano sanguinose repressioni del dissenso nei confronti del Presidente Karimov. Viene ricordata in particolare il massacro di Anijan , dove centinaia di innocenti, tra uomini donne e bambini furono sterminati in seguito ad una protesta pacifica di fronte al tribunale cittadino nel maggio del 2005. In quell’occasione Karimov durante una conferenza stampa, sostenne che si dovessere incolpare di ciò gli estremisti islamici, che avevano utilizzato la popolazione civile come scudo per farsi strada verso i militari.Il terrorismo, vista anche la contiguità territoriale con stati turbolenti come l’Afghanistan, è sempre stata una piaga del paese. In questo senso, Islam Karimov non aveva mai nascosto la sua posizione autoritaria di controllo del territorio, suggerendo come una limitazione della libertà potesse essere un piccolo accettabile prezzo da pagare per vivere al sicuro – facendo spesso riferimento al regime di terrore vigente in Siria, Libia, Yemen e anche nella stessa Europa .Ad oggi, dunque, parrebbe non esserci ancora un designato ufficiale per prendere il suo posto, e si teme molto per la stabilità interna del paese proprio perché non esiste un’effettiva opposizione politica legale a Tashkent, rischiando di sollevare un altro polverone come quello della Libia post-Gheddafi, dalla quale scaturiscono tutti i paragoni del caso. Già domenica scorsa, l’agenzia di informazione d’opposizione, Ferghana, aveva dato dei precisi riferimenti circa la morte di Karimov, senza però trovare conferma immediata dai canali istituzionali. La macchina della propaganda aveva dunque già iniziato a funzionare, affinché la protesta politica iniziasse a fervere. Al momento molti credono che il Primo Ministro, Shavkat Merziyaev, designato anche commissario per l’organizzazione dei funerali di stato, sia l’erede più accreditato alla successione politica. Una delle grandi doti di Karimov è stata proprio quella di rendere l’Uzbekistan un paese geograficamente strategico per le grandi potenze, da sempre sotto l’ombrello di Mosca, alleato americano per la lotta al terrorismo in Afghanistan, ha sempre mantenuto il suo peso politico in un’area di giganti.
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