Il parlamento europeo vota a favore di Ursula Von der Leyen come presidente della Commissione europea. Ma è un voto che non si può certo definire privo di conseguenze. La sua vittoria risicatissima (solo nove voti l’hanno separata dalla debacle) rappresenta una delle immagini più limpide di cosa sia quest’Europa: spaccata, priva di una maggioranza netta ma soprattutto divisa per interessi nazionali e non con partiti in grado di fare effettivamente da collante alle diverse esigenze. Proprio per questo motivo, il voto che ha consegnato la Commissione europea all’ex ministro della Difesa tedesco, delfina di Angela Merkel, ci dice molto. È un voto che ha spaccato l’Europa, l’ha disunita, e ha mostrato spaccature anche all’interno di molti eurogruppi, con le diverse anime dell’Ue che si sono manifestate in tutta la loro forza.

Una prima vittima di questo voto è certamente l’ottimismo della cosiddetta Grande coalizione che vorrebbe governare l’Unione europea con l’appoggio di Francia e Germania. Altro che candidato unitario: all’appello mancano decine e decine di voti. Il voto segreto ha palesato almeno una quarantina di franchi tiratori, segno che quell’asse tra Angela Merkel e Emmanuel Macron non ha dimostrato così tanta forza come sembrava avere prima del voto di Strasburgo. Quindi una prima divisione è proprio fra i suoi sostenitori (a parole). Qualcuno ha tradito. Un fuoco amico che sicuramente è arrivato da alcuni socialisti francesi e tedeschi, feriti dalla decisione dei governi europei di non sostenere Frans Timmermans. E infatti ieri è stata proprio la parte del Partito Socialista francese a confermare di non essere per nulla soddisfatta di quanto stesse avvenendo nelle segrete stanze di Parigi e Berlino. E se il centrosinistra ha voluto mostrare compattezza, in realtà lo scrutinio segreto ha manifestato tutta la spaccatura interna, palesando le diverse correnti di un contenitore che sta vivendo un grande cambiamento interno e con molti intenzionati ad abbandonare l’alleanza con i popolari, al pari dei tedeschi con la Cdu. E sono soprattutto quelli che guardano più ai Verdi e alla Sinistra radicale.

Dall’altro lato, anche il fronte di destra ha fatto intendere che i grandi partiti non siano poi realmente uniti di fronte alle esigenze di governo. Anzi, in realtà quello che è apparso chiaro è che la vera grande differenza sia proprio fra i partiti che governano e quelli che sono all’opposizione piuttosto che tra diversi ideologie. E a parte l’unica eccezione della Lega, che pur stando al governo ha osteggiato (non senza dubbi) la candidatura dell Von der Leyen, a destra del Ppe si è capito che esistono due grandi anime: chi siede al potere e chi all’opposizione. Il blocco di Identity & Democracy, il blocco sovranista guidato da Matteo Salvini e Marine Le Pen, ha votato contro anche per un motivo strategici: sostenere la candidatura del candidato di Merkel e Macron significava di fatto rinnegare tutta una campagna mediatica e politica fatta proprio per colpire i due leader dell’asse franco-tedesco e del Trattato di Aquisgrana. Impossibile votare a favore di chi è stata scelta dai propri nemici esistenziali: sarebbe stato a dir poco impossibile da fare accettare al proprio elettorale. Ma i tentennamenti leghisti rispetto alla certezza di Alternative fur Deutschland e Rassemblement National sono anche il frutto di chi la pensa in maniera diversa per un motivo semplice: essere al governo non è come sedere tra i banchi dell’opposizione. E ora la Lega, che è il partito col più alto consenso in Italia, si è espressa contro quella leader che guiderà l’Europa del dopo Juncker. In questo divergendo dall’altro alleato di governo: il Movimento 5 Stelle.

Stessa spaccatura che si è palesata nell’altro grande blocco sovranista, quello conservatore. I polacchi del Pis hanno votato a favore di Ursula von der Leyen mostrando le crepe all’interno di un contenitore decisamente eterogeneo ma che si mostra diviso proprio le diverse esigenze che esso rappresenta. Da una parte i conservatori britannici, attualmente al governo con il caso Brexit. Dall’altra parte i polacchi che guidano Varsavia e che, fra timori anti-russi e promesse di commissari, hanno preferito appoggiare la von der Leyen. Mentre Fratelli d’Italia, all’opposizione in Italia, ha avuto buon gioco nell’opporsi alla leader tedesca.

Spaccata l’Europa, spaccato il governo italiano, spaccata la Germania e spaccati i partiti che hanno sostenuto a malincuore la candidata tedesca, di fatto questo voto ha confermato non solo la divisione dell’Unione europea, ma anche lanciato un’allarme nei confronti di tutto il continente. È stata la conta finale per capire chi c’è e chi no. E quei nove voti (forse grillini, forse dei conservatori polacchi) hanno salvato il Parlamento europeo dal fallimento totale.

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