Politica /

Nel quadro complesso della situazione strategica in Estremo Oriente che vede opporsi gli interessi di Cina e Stati Uniti, la questione coreana assume un ruolo chiave soprattutto in considerazione dell’esasperarsi della crisi diplomatica che intercorre tra due storici alleati degli Usa: il Giappone e la Corea del Sud.

I rapporti tra Seul e Tokyo, storicamente, non sono mai stati idilliaci: gli strascichi dell’occupazione giapponese della penisola coreana prima e durante la Seconda Guerra Mondiale si fanno sentire tutt’ora con periodici parossismi che portano ad un vero e proprio gelo diplomatico tra i due Paesi.

Proprio di recente la decisione sudcoreana di stracciare un memorandum d’intesa con Tokyo in merito alla condivisione delle informazioni raccolte dalle rispettive agenzie di intelligence, ha causato un ulteriore deterioramento delle relazioni tra i due “vicini di casa”, che non hanno nemmeno la stessa visione della gestione della crisi con la Corea del Nord.

Da parte coreana Pyongyang viene vista comunque come un possibile (e fondamentale) partner commerciale, anche in considerazione della geografia del Paese che ha nella Corea del Nord l’unico lembo di terra che lo mette in comunicazione con il continente, mentre da parte nipponica c’è stata sempre una relativa freddezza che è diventata aperta ostilità a seguito dell’escalation militare voluta da Kim Jong-un che ha spinto l’acceleratore sugli armamenti atomici e missilistici, considerati dal regime come l’unica “assicurazione sulla vita” per evitare un tentativo di eliminazione dei vertici politici della nazione – come avvenuto in Libia.

Seul e Tokyo: alleati con reciproco sospetto

Seul, oltre che per l’espansionismo cinese, è preoccupata dalla politica di Shinzo Abe che ha dimostrato di aver intrapreso la strada di un riarmo che sta andando ben oltre i limiti della costituzione pacifista nipponica.

Proprio recentemente, ad esempio, Tokyo ha fatto sapere che i suoi due “cacciatorpediniere portaelicotteri” classe Izumo – che sono a tutti gli effetti delle portaerei – saranno predisposti per impiegare i cacciabombardieri di nuova generazione F-35B, la versione Stovl del velivolo in grado di operare da unità navali.

Contestualmente il Ministero della Difesa nipponico ha confermato l’ordine per 42 nuovi F-35B, portando così il totale dei velivoli che saranno in dotazione alle Jsdf (Japan Self Defense Forces) a 147 tra le versioni A e B: il più grande contingente di questi caccia in dotazione ad un Paese che non siano gli Stati Uniti.

Seul, da questo punto di vista, non è stata a guardare: presto la Corea del Sud vedrà entrare in servizio due portaerei che utilizzeranno, come le Izumo nipponiche, gli F-35B.

I sentimenti anti-nipponici in Corea del Sud hanno avuto un parossismo a fronte delle restrizioni di Tokyo che hanno colpito Seul in merito all’esportazione di materiale ad alta tecnologia, fatto che ha portato alla già citata cessazione dell’accordo Gsomia (General Security of Military Information Agreement) sull’intelligence, e si sono registrati anche veri e propri incidenti come quelli che, con cadenza quasi regolare, intercorrono tra Giappone e Cina.

Il 20 dicembre dello scorso anno un  è stato illuminato dal radar di controllo del fuoco di un cacciatorpediniere sudcoreano che si trovava in missione di scorta ad un pattugliatore della Guardia Costiera impegnato in controlli sulla pesca al largo della penisola di Noto.

Tra i due Paesi sussistono anche rivendicazioni territoriali come per gli isolotti Liancourt, ad est della Corea del Sud, occupati militarmente da Seul ma de facto a sovranità nipponica, che sono stati teatro, recentemente, di un proditorio “pattugliamento” congiunto di bombardieri russi e cinesi.

Il progressivo deterioramento dei rapporti diplomatici tra Seul e Tokyo sta mettendo in seria difficoltà il Dipartimento di Stato americano, che sta cercando, come può di ricomporre la frattura tra i due contendenti che ha portato parallelamente ad un’ulteriore frattura di entrambi con Washington.

Il tentativo Usa di sedare gli animi

È notizia recente che Seul abbia premuto sull’acceleratore per la restituzione di alcune basi americane. La presenza Usa nel Paese è una costante dalla guerra del 1950-53 e attualmente vede circa 28500 soldati Usa dislocati in varie infrastrutture di ogni dimensione sparse a macchia di leopardo su tutto il territorio sudcoreano.

Il provvedimento riguarda un totale di 26 installazioni inclusa la guarnigione di Yongsan, a Seul, la più importante base degli Stati Uniti in Corea del Sud in quanto è il quartier generale delle forze americane nel Paese che copre una superficie di circa 2,5 chilometri quadrati.

Il quartier generale delle forze Usa in Corea ha fatto sapere, come riportato da Yonhap News, che “gli Stati Uniti rispettano la decisione della Corea del Sud di ottenere un pronto ritorno di più di due dozzine di basi militari americane nel Paese e lavoreranno con il suo alleato affinché le basi siano restituite nel più breve tempo possibile”.

Il sospetto – che è più di un sospetto – è proprio che Seul stia forzando i tempi di un processo già avviato da tempo proprio per la posizione di forte critica tenuta da Washington in merito alla decisione di porre termine alla cooperazione con Giappone in seno al Gsomia: il Ministro della Difesa sudcoreano nega che ci siano connessioni tra le vicende, ma l’atteggiamento accondiscendente americano sembra confermare il tentativo di sedare gli animi del suo alleato.

Gli Stati Uniti, del resto, non possono permettersi crepe nel fronte anticinese dei suoi alleati in Estremo Oriente e considera funzionale al proprio desiderio di delegare parte della gestione militare del problema il riarmo di Giappone e Corea del Sud, con tutti i rischi del caso già evidenziati.

Il Dipartimento di Stato si trova così a doversi barcamenare tra i malumori dei suoi due più importanti alleati e la necessità che siano militarmente credibili in modo da affiancare – quando non sostituire – l’impegno americano in quel delicato settore dell’Estremo Oriente che va dal Mar del Giappone al Mar Cinese Meridionale.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.