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Un americano che pensa che soltanto la Russia interferisca o abbia interferito nelle elezioni del resto del mondo, probabilmente o è un sognatore o è in malafede. E se a dirlo non è un quotidiano accusato di essere filorusso, ma niente meno che il New York Times, allora c’è qualcosa su cui riflettere. L’inchiesta del quotidiano newyorchese pone un grande dubbio a tutti coloro che credono che ci sia solo la mano di Vladimir Putin nel mondo ad interferire nel processo decisionale dei Paesi. Giustificazionismo? No. Semplice realismo. Un esercizio difficile in un mondo dominato ancora oggi da un’ideologia di fondo che divide il mondo in buoni e cattivi. E pur se non nega che la Russia abbia interferito nelle elezioni americane, quantomeno evita di consegnare agli Stati Uniti la medaglia della vittima sacrificale. Le superpotenze, se non tali, interferiscono tutte, in un modo o nell’altro, nella democrazia altrui.

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E, come riporta il New York Times, “se chiedi a un ufficiale dei servizi segreti se i russi abbiano infranto le regole o fatto qualcosa di bizzarro, la risposta è ‘no, per niente'”. A dirlo è Steven L. Hall, ritiratosi nel 2015 dopo 30 anni alla Cia, dove ha diretto per anni le operazioni che hanno avuto a che fare con la Russia. Il quale ha aggiunto, con una chiarezza che mancava in un mondo così manicheo che gli Stati Uniti non solo hanno “assolutamente” svolto queste operazioni di influenza elettorale, ma ha anche detto: “e spero che continuiamo a farlo“.

Loch K. Johnson, decano degli studiosi di intelligence americana ha affermato che l’operazione russa del 2016 (o quella che si presume svolta dai russi) è stata semplicemente la versione cyber della pratica standard utilizzata dagli Stati Uniti ogni volta che i funzionari americani fossero preoccupati per un voto straniero. “Abbiamo fatto questo genere di cose sin da quando  la Cia è stata creata nel 1947 “, ha detto Johnson. “Abbiamo usato poster, opuscoli, mail, banner. Abbiamo messo false informazioni sui giornali stranieri. Abbiamo usato quello che gli inglesi chiamano ‘la cavalleria di Re Giorgio’: cioè valigie di denaro”. La Cia han aiutato a rovesciare leader eletti in Iran e Guatemala negli anni ’50 e sostenne violenti colpi di Stato in diversi altri paesi negli anni ’60. Ha progettato assassinii e sostenuto brutali governi anticomunisti in America Latina, Africa e Asia. E le valigie di solde erano presenti in molti alberghi delle capitali europee.

L’equiparazione dei due, dice il signor Hall, “è come dire che i poliziotti e i cattivi sono gli stessi perché entrambi hanno le pistole. La motivazione conta”. Certo un agente Cia non poteva dire che il “nemico” fosse identico all’America. Tuttavia ha almeno l’accortezza di non dire che solo Mosca svolge questo ruolo di interferenza.  Uno studioso della Carnegie Mellon University, Dov H. Levin, ha analizzato tutto il repertorio storico delle operazioni di influenza elettorale palese e segreta , secondo il Nyt, ha trovato 81 azioni svolte dagli Stati Uniti e 36 dall’Unione Sovietica o dalla Russia tra il 1946 e il 2000. “Non sto affatto giustificando ciò che hanno fatto i russi nel 2016”, ha detto Levin. “Era completamente sbagliato che Vladimir Putin intervenisse in questo modo. Detto questo, i metodi utilizzati in queste elezioni sono stati la versione digitale dei metodi usati da Stati Uniti e Russia per decenni: irrompere nel quartier generale del partito, reclutare segretari, mettere informatori in una festa, dare informazioni o disinformazione ai giornali “. E l’Italia in questo fu un grandioso precedente nell’assistenza a candidati non comunisti dalla fine degli anni ’40 agli anni ’60. “Avevamo sacchi di denaro che abbiamo consegnato a politici selezionati, per coprire le spese”, ha dichiarato F. Mark Wyatt, ex funzionario Cia, in un’intervista del 1996.

E tutto ciò è andato avanti ininterrottamente fino ai giorni nostri. Richard M. Bissell Jr., che dirigeva le operazioni dell’agenzia alla fine degli anni ’50 e all’inizio degli anni ’60, scrisse con disinvoltura nella sua autobiografia di “esercitare il controllo su un giornale o una stazione radiotelevisiva, o di assicurare il risultato desiderato in un’elezione”. Nelle elezioni del 1990 in Nicaragua, la Cia fece uscire storie sulla corruzione nel governo sandinista di sinistra e vinse l’opposizione. Per le elezioni del 2000 in Serbia, gli Stati Uniti hanno finanziato l’opposizione a Milosevic fornendo consulenti politici materiale di propaganda appaltato a un’azienda di Washington. Stessa cosa è avvenuta in Afghanistan recentemente.

Ma anche in Russia è arrivata la mano di Washington. Bill Clinton aiutò Boris Yeltsin per evitare che vincessero i comunisti e spinse il Fondo Monetario Internazionale a rilasciare un prestito da 10 miliardi di dollari alla Russia quattro mesi prima delle votazioni e una squadra di consulenti politici americani. E i funzionari del dipartimento di Stato, a quel tempo, dicevano si trattasse di “democrazia”. E negli ultimi decenni, gruppi finanziati dai contribuenti come il National Endowment for Democracy, il National Democratic Institute e l‘International Republican Institute, lo dice il New York Times, hanno questo scopo, pur non supportando direttamente i candidati. Anni fa, il National Endowment for Democracy ha concesso sovvenzioni a Navalny per milioni di dollari. Non è ingerenza questa? Per gli Stati Uniti è un mezzo per sostenere la democrazia, per Putin una minaccia al processo democratico. Per un osservatore, sono semplicemente interferenze.

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