Secondo le conclusioni raggiunte da una recente rapporto sulla forza militare complessiva americana, nelle guerre del futuro gli Stati Uniti non sarebbero in grado di sostenere due conflitti ad alta intensità in contemporanea.
Ad affermarlo è un’analisi di oltre 500 pagine Index of US Military Strength, redatta dall’Heritage Foundation, un’organizzazione specializzata nell’osservazione del settore difesa e della politica. L’analisi ha tenuto conto di alcune proiezioni su ipotetici teatri operativi globali valutando l’intero potenziale della forza militare statunitense e le sue capacità.
Secondo il rapporto, i passi compiuti negli ultimi anni con un progressivo rafforzamento dell’organico, l’aumento dei nuovi mezzi e delle attrezzature, dei depositi di munizioni per ogni tipologia di arma e delle forniture di parti di ricambio per aeromobili e unità navali, non è bastato a colmare alcune lacune in settori chiave per il dispiegamento del “grosso” delle forze, che incontrerebbe delle difficoltà nella “prontezza” e nella preparazione. A questo va aggiunto il declino delle competenze in settori chiave, come ad esempio l’addestramento e il numero dei piloti, e l’incertezza sul bilancio destinato a sostenere le spese per la Difesa in futuro.
Il Pentagono considera quattro minacce principali nella sfida globale: Russia, Cina, Corea del Nord(in via di risoluzione e declassamento, ndr), Iran +1: il terrorismo. Ma nonostante quello che D.L. Wood definisce “il risveglio dei partner internazionali”, che sono “tornati nella grande competizione di potere” e quindi stanno rafforzando ovunque le loro forze armate, gli Stati Uniti nei loro accordi internazionali e in difesa dei loro interessi resterebbero sempre i protagonisti principali in un conflitto contro una superpotenza straniera.
“Se sei un Paese europeo, guardi alle minacce provenienti in Russia. Se sei la Corea del Sud o il Giappone, hai dovuto prendere sul serio la minaccia cinese, o quella nordcoreana”, ha constatato Wood. I diversi resoconti che anche i nostri articoli pongono all’attenzione nel lettore, non posso che avvalorare la tesi che la maggioranza dei paese sta ricominciando ad armarsi in vista di escalation future.
La stabilizzazione della crisi coreana , culminata con lo storico incontro tra il presidente Trump e il leader Kim Jong-Un, ha permesso al Pentagono il declassamento della minaccia, ma il rapporto ricorda che ad oggi la Corea del Nord ha fatto “poco o nulla per smantellare il suo programma di armi nucleari” che ha provocato le tensioni. Al contrario, la Cina sembra essere diventata sempre più aggressiva, e le recenti tensioni con gli Usa provocate da sanzioni e dazi hanno deteriorato i rapporti tra i due paesi. Lo sforzo militare cinese e l’avanzamento della propria industria del settore armamenti vengono monitorate con attenzione dal Pentagono. Lo stato delle capacità di Russia o Iran, sono rimaste immutate, ed è inutile ricordare come la Federazione Russa si riconfermi ciclicamente il nemico di sempre del blocco occidentale.
A questi minacce internazionali, si aggiungono quelle regionali provenienti dalle organizzazioni terroristiche attive in Afghanistan, Siria, Iraq, Libia e Yemen, che registrano aumento dell’intensità degli attacchi con il conseguente sforzo militare statunitense in Medio Oriente e la mobilitazioni di uomini e mezzi. Se l’Isis nel Siraq è stato enormemente indebolito, il controllo di Al Qaeda rimane molto attivo in Afghanistan.
Sulla base di ciò, e sull’ipotetico dispiegamento di forze su due fronti che potrebbero esser l’Iran e la Cina, o la Russia e la Corea del Nord, il rapporto fissa una forza adeguata che dovrebbe poter contare su 25 divisioni di fanteria, motorizzate e corazzate dell’esercito; una marina con 400 navi e 624 aerei, un’aeronautica con 1.200 aerei da combattimento/attacco pronti a colpire e un corpo dei marines con 36 battaglioni attivi. Ma la realtà vuole che i numeri garantiti dal Pentagono siano ben diversi.
Le forze navali e aeree sono ritenute appena sufficienti o “deboli”, mentre all’esercito viene conferito una potenzialità “adeguata”, ma una preparazione accettabile di solo il 50% delle brigate. Due terzi dell’esercito americano non sarebbero pronti ad entrare in battaglia domani.
Il nuovo segretario alla Difesa James Mattis, ex-generale del corpo dei marines che ha messo gli “scarponi a terra” sia in Iraq che in Afghanistan, si è definito “scioccato ” riguardo “la misura in cui i militari hanno declinato la prontezza ad entrare in battaglia”. La necessità di possedere altre portaerei (+13), per garantire la proiezione di potenza anche in caso di necessità di vettori in zone operazioni, è un’altra delle maggiori preoccupazioni del rapporto, che instilla alcuni dubbi sulla possibilità degli Stati Uniti di poter affrontare due “guerre convenzionali” in contemporanea.
Il rapporto termina con un’analisi della capacità del cosiddetto “Ombrello nucleare” garantito dai missili balistici intercontinentali Minuteman III , dagli Slbm Trident e dai bombardieri strategici, che secondo le stime degli alleati mantiene intatto il suo potere di deterrenza globale e rassicura la Nato come gli altri partner. Ancora una volta, nella guerra contemporanea, il timore di un olocausto nucleare potrebbe scongiurare un conflitto da tra potenze che oggi come oggi vedrebbe anche gli Stati Uniti in difficoltà su due campi di battaglia.