Qualcosa si muove sul fronte israelo-palestinese, ed è di nuovo la premiata coppia Arabia Saudita e Stati Uniti a muovere le fila per tentare di arrivare un accordo che ponga fine allo scontro. Secondo quanto riporta il Daily Sabah, che cita fonti dell’agenzia Anadolu, i più alti funzionari dell’Autorità nazionale palestinese sono stati informati di un “accordo del secolo”, che sarebbe stato proposto da Washington al principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, il quale svolgerebbe il ruolo di tramite tra l’amministrazione americana e il fronte palestinese. “Jared Kushner, consigliere e genero del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha comunicato i dettagli dell’accordo al principe ereditario saudita Mohammed bin Salman“. Queste le parole di Ahmed Majdalani, membro del Comitato esecutivo dell’Olp e del Consiglio nazionale palestinese e figura di spicco del Fronte popolare per la Liberazione della Palestina, durante un’intervista telefonica all’agenzia turca Anadolu.

Secondo Majdalani, il principe saudita Bin Salman, avrebbe già a sua volta informato i funzionari palestinesi, i quali avrebbero risposto ribadendo il loro impegno per un’iniziativa di pace araba, purché basata sulle regole già fissate nel 2002 durante il tentativo di soluzione al conflitto proposto dai sauditi alla Lega Araba. L’iniziativa di pace del 2002 era molto semplice, quanto estremamente difficile da attuare: richiedeva il riconoscimento ufficiale di Israele da parte di tutti gli Stati arabi in cambio di un ritiro israeliano da tutti i territori palestinesi occupati nel 1967. Autore della proposta fu, nel 2002, l’allora principe ereditario Abd Allah, che regnò poi su Riad per il decennio che va dal 2005 al 2015. E oggi, pur senza una proposta saudita, ma più che altro americana, è sempre un principe ereditario dei Saud a fare da promotore a una nuova soluzione.

Secondo Majdalani, la leadership palestinese avrebbe intrapreso nelle ultime settimane dei “passi decisivi” a questo riguardo, in particolare a seguito di una riunione del Consiglio centrale dell’Olp avvenuta a fine dicembre. Non si sa bene cosa sia avvenuto durante questa riunione, ma quello che è certo è che la classe dirigente palestinese ha ascoltato la proposta americano-saudita con estrema attenzione e, probabilmente, vi sarebbero stati primi segnali di accoglimento di una soluzione al conflitto. I dettagli del piano non sono stati rivelati. Tuttavia sembra essere alquanto ambizioso, in pieno stile Trump-bin Salman, se, come dice Majdalani, non solo è stato definito “l’accordo del secolo”, ma vedrebbe addirittura il coinvolgimento di più Stati della regione. Quindi non soltanto Israele e Arabia Saudita. Tuttavia qualche dettaglio, molto rilevante, sembra essere trapelato. Secondo le informazioni riportate dal Daily Sabah, “l’accordo si basa in gran parte su una sorta di ‘alleanza arabo-israeliana’ contro l’Iran”. Non interessa tanto la questione israelo-palestinese, quanto la volontà di creare un fronte comune sempre più unito fra Riad e Tel Aviv che non abbia una dicotomia così evidente su un punto chiave come la Palestina. Israele e Arabia Saudita pur non potendosi formalmente considerare alleati, lo sono nella sostanza, condividendo progetti infrastrutturali ed energetici, progetti sul Medio Oriente, nemici in comune (Turchia e Iran in primis), e hanno un alleato mondiale che li unisce sotto il profilo delle strategia da seguire: gli Stati Uniti. Insomma, da un punto di vista strategico e geopolitico, Arabia Saudita e Israele sono Stati che hanno interessi convergenti e che hanno obiettivi tali da dover mettere da parte le divergenze insorte sulla questione di Gerusalemme e dello Stato di Palestina. Per la Casa Saud è importante far vedere di avere comunque a cuore gli interessi dei palestinesi, per evitare di essere considerati dei traditori dopo che Erdogan ha tentato di ergersi a leader del mondo musulmano sunnita. Per il governo Netanyahu e, in genere, per gli israeliani, è fondamentale poter contare sull’apporto finanziario e politico dei sauditi, unica potenza regionale con cui può allearsi per contrastare l’allargamento dell’asse sciita che dopo Iraq, Siria e Libano, adesso può chiudere anche in Yemen.

In tutto questo, è evidente che l’impegno dell’amministrazione Trump sia giustificato dalle medesime esigenze. Attualmente gli Usa possono contare soltanto su due partner mediorientali, Israele e Arabia Saudita, escludendo le altre monarchie del Golfo che, per motivi diversi, hanno forti divergenze con Riad. E tutti e tre formano il triangolo che si contrappone al blocco composto da Teheran e dagli alleati sciiti. Con la Turchia che scivola verso oriente, l’Egitto titubante, l’Iraq sempre più legato a Teheran e la guerra in Siria che non vedrà la fine di Assad, l’unica alternativa è ricomporre quest’asse Usa-Israele-Arabia Saudita cercando di togliere un problema a tutti i Paesi coinvolti: la Palestina.

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