Man mano che la corsa per le primarie passa di Stato in Stato, il corteggiamento degli ethnics negli Stati Uniti si fa sempre più serrato. Un meccanismo complesso, ricco di sfumature spesso contorte, che affondano le loro radici nella storia come negli ultimi eventi, in atteggiamenti sociologici e psicologici che fanno dell’esperimento americano un unicum nel suo genere. Da qui scaturisce che, al di là di ogni conclusione banale, non tutti gli immigrati votano democratico così come tutti gli elettori repubblicani di certo non appartengono alla vecchia categoria dei WASP. Così, ogni candidato finisce per flirtare con una precisa fetta del crogiuolo americano: un esempio di rottura fu George W. Bush, il primo candidato americano ad esprimersi in spagnolo che si portò dietro vaste fette dell’elettorato ispanico del Sud dove era per tutti “George el arbusto”.
Il fronte democratico
La questione del sostegno alle minoranze è forse l’ignoto più significativo nelle elezioni del 2020. La debacle di Biden in Iowa e nel New Hampshire hanno messo in crisi la figura di quello che avrebbe dovuto essere il front runner di queste elezioni. Una sconfitta clamorosa che ha costretto gli elettori e gli esperti a mettere in discussione l’eventuale appeal di Biden sulle persone di colore. L’ex vicepresidente, tuttavia, starebbe già guardando oltre, alla Carolina del Sud, per resuscitare la sua candidatura.
Ancor prima che i risultati finali del New Hampshire mostrassero l’inglorioso quinto posto, era volato in Carolina del Sud per un raduno di entusiasti sostenitori. Un coro gospel ad accoglierlo, furba strategia di marketing politico nemmeno tanto velato. Proprio la capacità di mobilitare il supporto nero nella Carolina, che voterà il 29 febbraio, e in tutto il Sud è stata a lungo la base della candidatura di Biden – un presunto vantaggio che avrebbe messo in evidenza la sua capacità di creare una coalizione diversa per battere Trump. Eppure, sono apparse grosse crepe in quel supporto, e lo testimoniano alcuni sondaggi tra influenti democratici locali e nazionali. Mentre Biden rimane il favorito tra molti leader del partito, molti democratici della Carolina del Sud affermano che un altro candidato, Tom Steyer, è diventato un fattore temibile nella corsa alle primarie. Il miliardario californiano ha sollecitato in modo aggressivo gli elettori neri, spendendo molto in pubblicità e generando denaro per le imprese in tutto lo stato.
I vantaggi politici che un tempo sembravano una formalità per la campagna di Biden – come l’approvazione del più potente democratico dello stato, il rappresentante James E. Clyburn – sono ora incerti. Come la maggior parte degli elettori democratici in occasione delle primarie, gli elettori di minoranza si preoccupano maggiormente di scegliere qualcuno che possa sconfiggere il presidente Donald Trump. E Biden non ha certamente ispirato fiducia su quel fronte. Qualcuno può trarne vantaggio? Buttigieg e Klobuchar, in teoria. Pete Buttigieg ha lottato per gran parte della campagna per attirare qualsiasi sostegno afroamericano e un nuovo sondaggio di questa settimana ha mostrato che il sostegno di Biden tra gli elettori neri a livello nazionale è sceso dal 49 % del mese scorso al 27 % di questo mese. La disfatta in Iowa e New Hampshire, tuttavia, potrebbe anche essere un incidente di percorso perché trattasi di stati tradizionalmente bianchi e che, dunque, non esprimono culturalmente l’elettorato nella sua interezza. Resta però l’ipotesi dell’aver sopravvalutato Biden: il fatto di essere stato il vice di un ex presidente afroamericano automaticamente gli ha appiccicato addosso l’etichetta di black runner, ma la realtà è ben diversa: soprattutto nel Sud i candidati democratici (che qui devono anche fronteggiare la loro fascia conservatrice, i dixiecrats) devono confrontarsi con una nuova generazione di amministratori neri che non ha nessun atteggiamento di deferenza verso la politica nazionale.
Del resto bisogna anche ricordare che Biden non venne scelto da Obama nel suo ticket perché proveniente dalle fila dei movimenti per i diritti civili: Biden non ha mai fatto parte di quella subcultura e venne nominato fondamentalmente perché un bianco “sicuro”. Conscio di questo ribasso del rivale di partito, Sanders sta cercando, invece, di puntare sugli ispanici per dimostrare che è lui, non Biden, l’uomo adatto per riunire una coalizione vincente: è ci è riuscito benissimo. A pochi giorni dai caucus del Nevada, ha ottenuto l’endorsement di una delle principali associazioni ispaniche dello stato cruciale per il voto latino, Mijente, un’organizzazione di attivisti che mobilita il voto degli elettori ispanici. A fare breccia nel cuore degli ispanici il programma di giustizia economica e la proposta della moratoria delle deportazioni dei migranti senza documenti. Al di fuori della Carolina del Sud, tutti i competitors devono affrontare, inoltre, gli sforzi di Bloomberg e il suo budget stellare speso in tutto il Sud per contendersi stati chiave come Alabama, Arkansas e Tennessee.
Trump e il fronte repubblicano
Nonostante lo scossone provocato dal tentativo di impeachment e la bufera in seguito al voto di Mitt Romney, il fronte repubblicano dovrebbe essere più semplice: l’incumbent Trump sarà quasi sicuramente il candidato del GOP per il super Tuesday. Tecnicamente, sul suo cammino si profila un solo avversario, l’ex governatore del Massachusetts Bill Weld, con infinitesime possibilità di farcela. Nel 2020 tutti gli afroamericani che non avevano votato per Trump o che non avevano votato affatto potrebbero prendere in considerazione i Repubblicani. Grande effetto di propaganda ha suscitato il First Step Act – la firma della legge sulla riforma della giustizia penale del presidente Trump che crea un’opportunità per migliaia di prigionieri federali di ottenere una liberazione anticipata – così come i piani di intervento per stimolare gli investimenti in comunità povere, spesso dominate da minoranze.
Ma il flirt con il mondo afroamericano si estrinseca anche in altri tipi di soft power: a novembre, ad esempio, è nato il progetto “Black voices for Trump”, un programma militante dedicato alla cura degli attivisti, alla registrazione di nuovi elettori e alle tradizionali moral issues come l’aborto. Eventi di sensibilizzazione e corsi di formazione per il contatto con gli elettori sono già stati organizzati in Carolina del Nord, Pennsylvania e Virginia lo scorso anno, ricevendo l’imprimatur del presidente in quel di Atlanta, città natale di Martin Luther King. L’obiettivo è quello di sanare il pessimo risultato del 2016 quando si fermò all’8% del sostegno degli afroamericani: qui Trump ha ottenuto un endorsement tutt’altro che secondario, ovvero quello di Alveda King, nipote del celebre reverendo e strenua sostenitrice del movimento antiabortista di stampo evangelico. Le chiese delle comunità afroamericane sono una roccaforte culturale e sulle questioni etiche e sociali gli elettori neri sono più conservatori degli elettori bianchi. Tuttavia il lavoro non sarà facile. La campagna del 2016 fu costellata da accuse ed episodi di razzismo.
Durante il periodo in cui il presidente Obama era in carica, Trump, tra l’altro, era il principale sostenitore del movimento “birther”, che affermava falsamente che il presidente fosse nato in Kenya e quindi “non americano”. Tuttavia, Trump potrebbe aumentare il suo riscontro a livello nazionale tra gli elettori neri fino al 17%, con margini ancora maggiori negli swing states. Passando al mondo ispanico, “Trump ha fatto quasi tutto il possibile per inimicarselo” come sostiene Kristian Ramos, ex portavoce del caucus ispanico del Congresso. Eppure, il suo sostegno rimane sorprendentemente coerente. Dopo le elezioni del 2016, i sondaggi analizzati dal Pew Research Center hanno mostrato che il 28% degli elettori ispanici aveva sostenuto Trump, percentuale che sale al 30% nei sondaggi più recenti. Una percentuale non da capogiro che però segna una sconfitta per i democratici che non sono riusciti a strappargli il sostegno di questa porzione di elettorato. I democratici hanno perso le elezioni del 2016 con circa il 66 percento dei voti latinos. Sulla base dei sondaggi di uscita degli ultimi tre cicli elettorali, si stima che i democratici abbiano bisogno di circa il 70% di questo voto per riprendersi Casa Bianca. Quali le loro colpe? Quell’equazione tra il mondo ispanico e il tema dell’immigrazione che ha fagocitato tutto il resto, non offrendo a questa fetta di americani una nuova narrazione per il futuro. Fra l’altro il mondo ispanico è frammentato esattamente come quello afroamericano (gli americani di origine messicana hanno esigenze differenti dai figli degli esuli cubani, ad esempio) e sconta anche una fortissima frattura intergenerazionale: i figli sono e si sentono più americani dei padri che si sono trasformati nei nuovi conservatori, affermando di prediligere Trump per un unico grande tema: la crescita economica.