“Nel mondo milioni di cristiani continuano a vivere emarginati, in povertà, ma soprattutto discriminati e in pericolo. Dopo due anni di pandemia vogliamo tenere acceso un faro su questa oppressione e aiutare Aiuto alla Chiesa che Soffre Onlus a portare conforto e sostegno ai fedeli di tutto il mondo: in particolare coloro che vivono in Libano, Siria e India“
All’Ungheria dell’età orbaniana possono essere mosse tante accuse, spazianti dalle venature illiberali del governo al flirt pericoloso con Russia e Repubblica Popolare Cinese – che le sono valsi l’esclusione dal recente Summit per la Democrazia –, ma nulla può esserle detto per quanto concerne l’impegno umanitario nel mondo. Impegno che, sebbene oggetto di scarsa considerazione da parte della stampa nostrana, è vasto, poliedrico, multivettoriale e globale.
In prima linea nella distribuzione di beni igienico-sanitari in Asia centrale durante il primo anno di pandemia, e oggi impegnata nell’esportazione gratuita di vaccini nelle aree più povere dell’Africa, la piccola Ungheria è, anche e soprattutto, un faro nella protezione dei Cristiani perseguitati nel mondo.
L’Ungheria aiuta (e anche tanto)
Il Programma l’Ungheria aiuta (Hungary Helps Programme) è la massima e più potente manifestazione dell’agenda pancristiana di Fidesz. Inaugurato nel 2017, e gestito direttamente dalla Segreteria di Stato per l’aiuto dei cristiani perseguitati – un ufficio ministeriale unico al mondo –, questo programma ha cambiato la vita di cinquecentomila persone negli ultimi quattro anni, erogando aiuti umanitari e portando avanti iniziative culturali e progetti di ricostruzione in più di trenta Paesi dell’Eurafrasia.
Beneficiario: Aiuto alla Chiesa che Soffre ONLUS
Causale: EROGAZIONE LIBERALE – ILGIORNALE PER I CRISTIANI CHE SOFFRONO
IBAN: IT23H0306909606100000077352
BIC/SWIFT: BCITITMM
Per altre informazioni puoi consultare la scheda del progetto
Operanti sotto la supervisione accorta di Tristan Azbej, che dal 2018 è a capo della Segreteria di Stato per l’aiuto dei cristiani perseguitati, gli uomini e le donne dell’Ungheria aiuta sono impegnati in una vasta gamma di attività – dalla sanità all’inclusione, passando per agricoltura istruzione – e sono guidati da uno scopo duplice. Duplice perché simultaneamente idealistico e pragmatico, laddove per idealistico si intende la volontà di aiutare l’altro sulla base di rigidi criteri confessionali e per pragmatico si intende il perseguimento di un fine specifico, in alcuni teatri definiti, che è la lotta all’immigrazione.
Numeri e fatti possono esplicare ciò che le parole non possono, offrendo una visione chiara ed imparziale di quanto effettivamente incisivo e sorprendentemente macroscopico sia il Programma l’Ungheria aiuta, che, va ricordato, è e resta l’iniziativa di una piccola potenza regionale quale è l’Ungheria contemporanea. I numeri e i fatti sono i seguenti:
- 11 i Paesi entrati con programmi dell’Ungheria fra il 2017 e il 2019.
- 48 i progetti umanitari condotti nello stesso periodo di riferimento, per una spesa totale di 29 milioni di euro.
- Tra i progetti più significativi, realizzati sempre nel primo triennio di attività, figurano la ricostruzione dei cuori pulsanti dell’Iraq cristiano, come Tesqopa, Alqosh e Qaraqosh, la modernizzazione e l’espansione di alcuni ospedali tra Nigeria e Repubblica Democratica del Congo e il restauro del patrimonio storico-culturale del Libano.
- 30 i Paesi all’interno dei quali l’Ungheria aiuta ha esperito progetti umanitari nel corso del 2020.
- 54 i progetti umanitari inaugurati nello stesso anno, per una spesa totale di 15,4 milioni di euro, tra i quali risaltano per significatività i percorsi di reintegrazione sociale per le donne illiterate di Etiopia e Nigeria e per le yazide in Iraq, l’edificazione e/o l’allargamento di ospedali dal Kenya al Sudafrica, il restauro del Krak dei Cavalieri in Siria – un tesoro dell’epoca crociata severamente danneggiato durante la guerra civile – e la distribuzione di tonnellate di derrate alimentari a circa duemila famiglie tra Medio Oriente e Africa subsahariana.
Quattro anni di impegno costante
L’Ungheria aiuta non è l’unica espressione dell’agenda pancristiana di Fidesz, sebbene sia sicuramente la più importante e sfaccettata, perché l’ultimo quadriennio ha visto anche la nascita del Programma di borse di studio per i giovani cristiani (SCYP, Scholarship Programme for Christian Young People) e un’assertività diplomatica tesa alla costruzione di una Lega Santa in miniatura.
Lo SCYP è stato attivato nel 2017, in concomitanza con l’Ungheria aiuta, e permette ogni anno a più di cento aspiranti universitari provenienti da 11 Paesi – Armenia, Egitto, Etiopia, Iraq, Israele, Kenya, Libano, Nigeria, Pakistan, Siria, Terre Palestinesi – di fare ingresso nei più prestigiosi atenei magiari per conseguire la laurea e/o il dottorato preferito. Beneficiari di un assegno mensile dell’equivalente di 450 euro, nonché di alloggio e assicurazione medica, i borsisti SCYP sono la scommessa di Fidesz sul futuro dell’Africa. Sono la futura classe dirigente di un teatro che, per una varietà di ragioni, è e sarà sempre legato a doppio filo con l’Europa. Sono coloro che, memori del sostegno ricevuto da Budapest, un giorno potrebbero ricambiare il favore e facilitare l’espansione della nazione magiara nel continente nero.
Sullo sfondo e in contemporanea dell’Ungheria aiuta e dello SCYP, negli ultimi anni il governo Orban si è adoperato incessantemente per la costituzione di una Lega Santa 2.0, ovverosia di un’alleanza internazionale per la protezione dei cristiani perseguitati. Complice l’uscita di scena repentina di Donald Trump, che per l’internazionale conservatrice è stato un punto di riferimento per quattro anni, il più ambizioso anelo di Viktor Orban non vedrà mai luce ma dei traguardi riguardevoli sono stati comunque raggiunti, come ad esempio le intese con Vaticano e Russia e il memorandum con la Polonia in tema di cooperazione nel soccorso dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e la partecipazione di alcuni governi stranieri alle attività dell’Ungheria aiuta, tra i quali Grecia ed Estonia.
Perché scrivere e parlare dell’agenda pancristiana di Fidesz sia importante è abbastanza chiaro: essa costituisce la prova di quanto sia possibile fare molto con poco. È un modello emulabile. È un esempio encomiabile di diplomazia al servizio degli ultimi.