Viktor Orban, per una volta, non sorride. Le elezioni locali in Ungheria, infatti, si sono concluse con un risultato clamoroso e poco incoraggiante per il suo movimento conservatore, Fidesz, ormai al potere dal 2010. L’opposizione è riuscita a vincere a Budapest, capitale politica, economica, culturale e città più popolosa del Paese, con un milione ed ottocentomila residenti, unendosi dietro al verde Gergely Karacsony. Quest’ultimo ha ottenuto, con l’ 81 per cento dei voti scrutinati, il 50.6 per cento dei consensi battendo Istvan Tarlos, sindaco uscente e membro di Fidesz, che si è fermato al 44 per cento dei suffragi. L’opposizione dovrebbe riuscire ad ottenere la maggioranza dei seggi nell’Assemblea Municipale della città ed i suoi candidati dovrebbero prevalere, secondo i risultati preliminari, in almeno 10 delle 23 principali città ungheresi tra cui Pecs e Szeged. Il premier Viktor Orban ha accettato la sconfitta nella capitale e si è reso disponibile a cooperare con la nuova amministrazione che andrà ad insediarsi.
Una sconfitta parziale
Le consultazioni locali, pur penalizzando il partito di Orban, non mettono a rischio l’esecutivo nazionale. Fidesz ha una consistente maggioranza parlamentare, che raggiunge due terzi dei seggi grazie all’alleanza con i cristiano-democratici del Kdnp e rimane molto popolare nelle aree rurali del Paese. Non sono previste elezioni legislative sino al 2022 e negli ultimi sondaggi il partito di governo è stimato tra il 52 ed il 54 per cento dei consensi con un vantaggio colossale sui suoi inseguitori più immediati, la Colazione Democratica di centro-sinistra ed il Momentum Movement di centro fermi rispettivamente all’undici ed al dieci per cento dei voti. L’elettorato ungherese , nel suo insieme, sembra così intenzionato nel continuare a dare fiducia al premier ed al suo programma sovranista e conservatore: dalla totale chiusura all’immigrazione ai riferimenti ai valori cristiani, dall’approccio duro in materia di legge ed ordine alle posizioni critiche assunte nei confronti di Bruxelles. Più volte, infatti, l’Unione europea si è scagliata contro l’esecutivo ungherese, accusato di controllare ed orientare i mass media del Paese e di avere un approccio illiberale alla gestione della cosa pubblica. Lo stesso Orban, in passato, ha teorizzato il concetto di democrazia illiberale: uno Stato forte dove i controlli esterni sull’apparato di governo sono più deboli e limitati. L’economia ungherese è in una fase di espansione, con una crescita prevista al 3,9 per cento nel 2019 ed al 3,3 per cento al 2020 e questo fattore continua a rivelarsi molto importante per le buone performance del movimento Fidesz. Una contrazione potrebbe, infatti, generare più di qualche problema all’esecutivo.
La strategia dell’opposizione
Gli oppositori di Viktor Orban potrebbero aver trovato una formula magica per sconfiggere il carismatico leader magiaro: unirsi dietro un unico candidato e provare a superare le proprie differenze. Questa strategia ha avuto successo a Budapest dove Karacsony ha potuto godere del sostegno di un vasto schieramento che andava dal suo partito verde Dialogo per l’Ungheria alla Coalizione Democratica, dal Momentum Movement ai Socialist per concludere con i progressisti di Politics Can be Different. Persino l’ex ultradestra di Jobbik, ora schierata su posizioni conservatrici più moderate, ha deciso di supportare Karacsony ritenendo che l’unico modo di sconfiggere Fidesz fosse quello di presentare un unico candidato. Il modello Budapest potrebbe, però, essere più complesso da replicare su scala nazionale dove i programmi politici dei diversi schieramenti potrebbero differenziarsi ancora di più. Sembra difficile immaginare, ad esempio, che un elettore di Jobbik possa supportare un candidato dei Socialisti e viceversa. Il Parlamento monocamerale di Budapest ha 199 seggi: 103 vengono eletti in collegi uninominali con il sistema anglosassone del First pass the Post mentre gli altri 96 seggi sono assegnati con un sistema proporzionale. In particolar modo nei collegi, dunque, sarà necessario, per l’opposizione, presentarsi unita e scegliere dei candidati credibili se vorrà sperare, nel lontano 2022, di insidiare il partito di governo. Fino ad allora Viktor Orban avrà modo e tempo di pianificare strategie politiche che gli consentano di vincere anche le future consultazioni.