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Una Germania divisa, eterogenea, talmente spaccata da non capire nemmeno facilmente chi possa essere il potenziale futuro cancelliere. Quello che esce dalle urne è un risultato che tutti i sondaggi avevano più o meno predetto, ma che in molti, tra gli stessi politici e anche analisti, temevano: un pantano in cui non solo è difficile capire il futuro leader, ma proprio comprendere da che parte si debba spostare la nazione. Se puntare un’alleanza guidata dal Partito socialdemocratico, per ora primo, o provare un’inedita coalizione a trazione cristiano-democratica nonostante il crollo di nove punti percentuali rispetto all’era Merkel.

I dati, mentre scriviamo, offrono un quadro sicuramente complicato anche per i più ottimisti. Il Partito socialdemocratico (Spd) è in testa con una quota di consensi che si aggira intorno al 26%. L’Unione, gruppo conservatore composto da Cdu e dalla sua costola bavarese (la Csu) non sembra in grado di raggiungere il 25%. Terza forza del parlamento, il Bundestag, dovrebbero essere i Verdi, con il 14,5 per cento dei voti. Seguono il Partito liberaldemocratico (Fdp), che con il suo 11,5% appare come uno dei veri aghi della bilancia nella scelta del prossimo cancellerie e che raccoglie larga parte dei consensi dalla destra. Infine, a chiudere il cerchio, la destra più sovranista della Alternativa per la Germania (AfD), saldamente al 10,5% ma esclusa da ogni ipotesi di coalizione e la Linke, cioè la Sinistra, che raggiunge un 5% considerato come una vera e propria sconfitta.

In base a questi numeri, la Germania appare un rebus. Un enorme rebus da 80 milioni di abitanti e dal peso economico e politico in grado di cambiare le sorti della stessa Europa, che attende che dal Bundestag arrivino segnali di un’alleanza di governo in grado di gestire Berlino. Perché una delle poche certezze è che il Paese avrà bisogno necessariamente di un’alleanza di governo, e che questa sarà per forza si cose almeno di tre partiti. Olaf Scholz, candidato dello Spd, punta ad avere il mandato in quanto leader del primo partito per numero di voti e provare ad allearsi con Verdi e Fdp. Armin Laschet, erede di Angela Merkel come candidato per la Cdu, spera nel trovare un’intesa con liberali e Verdi, confidando nel fatto che i primi non sono inseriti nell’area della sinistra e i secondi, invece, si sono mostrati distanti ma non completamente sordi alle proposte di coalizione con i conservatori. Uno scenario che conferma il trend alla diversificazione del voto che le prime analisi danno anche a livello anagrafico. Come riporta Agi, una rilevazione della tedesca Ard svela che gli elettori di età inferiore ai 25 anni hanno votato principalmente per i Verdi e i liberali (rispettivamente al 23 e 22 per cento), mentre solo il 14% ha scelto lo Spd e l’11% la Cdu/Csu. Numeri completamente ribaltati tra gli over 60, dove invece regnano incontrastati Cdu/Csu, con il 39%, e lo Spd che raggiunge quota 33 punti percentuali. Un segnale di disomogeneità ma anche di una nuova Germania che non può rimanere sorda alla spinta dei giovani, i quali chiedono evidentemente un cambiamento nella leadership politica anche rispetto ai partiti che hanno dominato lo scenario tedesco con la Grande Coalizione di matrice merkeliana.

L’entrata in scena di una terza forza oltre a Spd e Cdu modifica in modo sensibile il quadro politico per due ragioni. Non solo per il fatto in sé di dover dare in vita a una nuova forma di Grande coalizione, ma di doverlo fare scegliendo il profilo politico che avrà la Germania. Ed è un profilo che in ogni caso sarà inedito. In caso di guida socialdemocratica, cioè con Scholz cancelliere, l’asse con i Verdi potrebbe essere vista come più “naturale” rispetto a un’ipotetica alleanza degli ambientalisti di Annalena Baerbock con la Cdu. Ma quello che appare come decisivo è soprattutto il ruolo dei liberali, che di certo hanno ben poco di simile sia ai “rossi” che ai “verdi”. Liberali e liberisti ma soprattutto di visioni ben più rigide rispetto ai potenziali alleati di governo, gli uomini dello Fdp, guidati da Christian Lindner, potrebbero essere una spina nel fianco sul fronte dell’austerity e delle politiche sociali e ambientali. Ed è una scelta che coinvolgere anche gli altri Stati europei. Scholz, come già detto dallo stesso leader socialista, appare come il primo indiziato per guidare una coalizione: ma l’idea è che non sia un negoziato semplice e che non si arrivi in tempi ristretti a una soluzione. Specie se Lindner si decidesse di impuntare sul ministero delle Finanze. Difficile, anche se teoricamente non impossibile, una coalizione con Verdi e liberali ma guida Cdu. Alleanza che comunque risulterebbe ancora meno facile sia da raggiungere che da gestire, visto che nel contratto di governo dovrebbero essere firmatari conservatori, liberali ed ecologisti, con ricette ben diverse sia in tema sociale che su questioni economiche e finanziarie. Un esecutivo a guida Cdu sarebbe sicuramente più affine ai liberali che ai Verdi: ma adesso è il tempo delle trattative.

Cosa succederà è difficile dirlo. Ci vorranno settimane, forse mesi. E c’è chi dice che Angela Merkel potrebbe addirittura superare il record di Helmut Kohl come leader più longevo della Germania. Per raggiungere questo traguardo, l’attuale cancelliera dovrebbe rimanere al potere fino al 17 dicembre. I capi di Cdu e Spd vorrebbero un governo entro Natale: ma già il fatto che si parli di dicembre fa capire come per i negoziati i tempi si allungano e Berlino rischia di rimanere col fiato sospeso ancora per molto tempo. Uno scenario che mostra una Germania senza veri eredi di Merkel, senza prospettive chiare, confusa sulla strada da intraprendere e con un trono destinato a essere condiviso da leader fragili e numerosi. Trono su cui sembra che l’unica certezza sia non avere insieme Cdu e Spd, e cioè coloro che fino a questo momento hanno dominato la scena politica tedesca e del governo. Il lascito della cancelliera non è quello auspicato dai suoi più fedeli sostenitori.