Dall’11 luglio la città di Chabarovsk è in fermento e non vi sono segni indicativi di una possibile tregua all’orizzonte. Gli abitanti della seconda città più importante dell’Estremo Oriente russo sono inizialmente scesi in strada per dissentire sull’arresto del governatore regionale, Sergei Furgal, ma le manifestazioni hanno rapidamente assunto i contorni di una battaglia politica per ottenere autonomia da Mosca.

È quest’ultimo evento che ha spinto il Cremlino a dubitare della genuinità delle proteste e a denunciare una regia straniera dietro quanto sta accadendo nelle terre remote dell’Estremo Oriente russo, che sono lontane dal controllo e dalla vista di Mosca e disabitate, quindi vulnerabili ad infiltrazioni esterne, e soprattutto sono ricche di risorse naturali, quindi di estremo interesse per chiunque.

Le proteste senza fine

Tutto ha inizio il 10 luglio quando un tribunale di Mosca ordina la custodia cautelare in carcere, in attesa di processo, per Sergei Furgal, governatore del territorio di Chabarovsk dal 2018. Le accuse mosse dalla giustizia contro Furgal sono gravissime: aver ordinato l’uccisione di una serie di imprenditori fra il 2004 e il 2005, ovvero prima che entrasse in politica, costruendo la propria ricchezza e la propria carriera in una maniera non dissimile da quella di altri oligarchi russi.

Le prove presentate dagli inquirenti sono state abbastanza numerose, e convincenti, da spingere la corte a ordinare la pre-detenzione di Furgal, ma gli abitanti di Chabarovsk decidono di scendere in piazza, ritenendo la decisione come politicamente motivata. La protesta inizia il giorno seguente, riscontrando un tasso di partecipazione esiguo o elevato a seconda che si considerino le stime della polizia o degli organizzatori, che parlano rispettivamente di 5mila e 35mila presenti. Ad ogni modo, da quel giorno la città è in stato di mobilitazione permanente.

Ad una settimana esatta dall’inizio delle proteste, sabato 18 luglio, una marea umana di circa 50mila persone ha occupato il centro della città, chiedendo la liberazione di Furgal e iniziando a cantare slogan tipici del regionalismo siberiano. Fra i manifestanti compaiono anche cartelli recanti scritte contro il Cremlino e contro il “colonialismo economico di Mosca”, e questa volta è lo stesso Kommersant a confermare la veridicità delle stime sulla partecipazione fornite dagli organizzatori della marcia. Considerando che la città ha una popolazione di 618mila abitanti, quel numero assume ancora più rilevanza perché è la prova che a protestare non è una minoranza sparuta ma una componente significativa della città.

Le proteste sono continuate anche la settimana seguente, ogni singolo giorno, e una nuova maxi-manifestazione è prevista per sabato 25 luglio. Neanche la nomina di un nuovo governatore, Mikhail Degtyarev, ha placato l’ira dei dimostranti e il fatto che il focus della mobilitazione sia stato spostato celermente da Furgal all’autonomia non è passato inosservato agli occhi attenti del Cremlino.

Una regia straniera?

Il governatore ad interim nominato da Vladimir Putin non ha dubbi sulla reale natura dell’instabilità che si sta diffondendo a Chabarovsk: “Deve esserci qualcuno dietro”. Lo stesso Cremlino ha comunicato di non escludere a priori la possibilità di un intervento straniero alla luce della piega assunta dalle proteste.

Il motivo per cui qualche potenza potrebbe aver infiltrato le proteste è semplice: Chabarovsk ha un’importanza geostrategica fondamentale, essendo la seconda città più importante dell’Estremo Oriente russo ed un punto di transito obbligatorio per i metalli preziosi e le altre risorse naturali estratte dal territorio circostante, che vengono poi commerciate lungo il confine cinese o inviate a Vladivostok

Nel complesso, Chabarovsk è parte integrante di un’area geoeconomica di 750mila chilometri quadrati che è strettamente legata alla Cina, per ragioni di contiguità geografica, e al resto del mondo, per via di Vladivostok. Proprio da quest’ultima, nei giorni scorsi, sarebbero partiti dei furgoni carichi di dimostranti aventi l’obiettivo di ingrossare ed esasperare le proteste.

L’Estremo Oriente è un territorio estremamente difficile da monitorare per via delle ripercussioni della distanza geografica nelle capacità di controllo e vigilanza del territorio. In presenza di dubbi, ma in assenza di sospetti ufficiali, l’unico modo di risalire ai possibili registi dell’agenda antirussa è quello di mappare la realtà del separatismo della Siberia e dell’Estremo Oriente (Сибирь и Дальний Восток).

La cosiddetta questione siberiana affonda le proprie radici nell’epoca zarista ed è recentemente riemersa dopo quasi un secolo di coma indotto dal controllo repressivo delle autorità sovietiche. Non esiste città di rilievo che non sia stata toccata dal ritorno in scena del regionalismo siberiano e le organizzazioni civiche e i partiti che propugnano forme di autonomia o secessione pullulano, da Tomsk a Novosibirsk.

Alcuni anni fa destò scalpore un seminario organizzato dall’Università Statale di Irkutsk, promosso dal Dipartimento per le Relazioni fra Siberia e Stati Uniti, riguardante i benefici che la Siberia avrebbe ricavato dall’indipendenza dalla Russia. A Novosibirsk, invece, nel 2011 fu organizzata una marcia separatista, della quale è stato impedito ogni tentativo di riedizione, e nel 2013 ebbe luogo un’esposizione dal titolo eloquente: “Gli Stati Uniti di Siberia”.

La situazione è, quindi, la seguente: in Siberia ed Estremo Oriente esiste un retroterra culturale ostile al centralismo russo, storicamente presente sin dagli albori dell’impero e radicato a livello sociale, che negli anni recenti ha iniziato a catturare l’attenzione delle potenze straniere poiché visto come un’opportunità per dare seguito ad alcune visioni risalenti all’epoca di Zbigniew Brzezinski inerenti la frammentazione della Russia.

Non si tratta soltanto degli Stati Uniti e della Cina, ma anche di giocatori meno sospettabili come la Turchia. Infatti, una parte consistente della popolazione della Siberia e dell’Estremo Oriente è composta da etnie turciche e nell’ultimo trentennio Ankara ha provato a sfruttare il vuoto di potere lasciato dalla fine del comunismo, che per quasi un secolo ha funto da elemento unificante e omologante, attraverso le proprie agenzie statali, enti culturali e organizzazioni non governative.

Per dare un’idea dell’estensione del panturchismo all’interno dei confini russi, si tenga in considerazione che nei pressi del territorio di Chabarovsk si stende la gigantesca repubblica di Jacuzia, che recentemente è entrata a far parte di un’organizzazione legata ai servizi segreti di Ankara, l’Assemblea Mondiale dei Turchi (World Turks Qurultai), che promuove “l’integrazione spirituale e culturale” dei popoli turchi.

I timori del Cremlino circa la possibilità di una mente e di una mano straniera dietro le proteste di Chabavorsk sono quindi legittimi, poiché poggiano sulla consapevolezza di una realtà esistente, ma questo non dovrebbe indurre le autorità a trascurare il fatto che migliaia di persone stanno insorgendo perché effettivamente sature della partitocrazia Mosca-centrica di Russia Unita e non perché sul libropaga di qualche potenza straniera. Ignorare il cambiamento sociale in atto nella società russa non potrà che facilitare il compito dei rivali del Cremlino.

Chi è Sergei Furgal

Furgal è stato eletto alla guida del territorio di Chabarovsk nel 2018, gareggiando alle elezioni nelle fila del Partito Liberal Democratico (LDPR) dell’ideologo dell’estrema destra russa Vladimir Zhirinovsky.

Il semplice fatto che Furgal sia stato arrestato lo ha trasformato nell’ultimo martire della democrazia colpito dalla morsa persecutoria del Cremlino, ma basterebbe un’analisi un poco più approfondita del personaggio, e del partito di cui è membro, per capire che non si tratta di uno scontro fra autoritarismo e democrazia quanto di una lotta di potere all’interno della quale i moderati sono rappresentati proprio da Putin e Russia Unita.

Il LDPR è una forza politica di estrema destra, che poggia su un impianto ideologico mescolante neozarismo e sciovinismo e che propugna il ritorno della Russia ai fasti imperiali e sovietici per mezzo di una politica estera aggressiva ed espansionista, diretta soprattutto nei confronti di Stati Uniti ed Unione Europea. Inoltre, il PLDR si è più volte espresso contro il modo in cui è stata gestita la transizione post-sovietica che ha trasformato il paese in una democrazia, seppure dalle venature illiberali, sostenendo la necessità di ricostruire un sistema dittatoriale.

Partendo da questa premessa obbligatoria si può procedere alla descrizione di Furgal. L’ex governatore è entrato in politica nel 2005, anno in cui fu eletto membro dell’Assemblea legislativa del territorio di Chabarovsk. Abbandona la dimensione regionale due anni dopo, cogliendo l’opportunità di un posto fra i deputati nella Duma di Stato e restandovi fino a due anni fa.

Nel 2018, in occasione delle elezioni regionali per il governatorato di Chabarovsk, Furgal decide di tornare nella propria terra natia e di gareggiare come candidato per il PLDR. La sua nomina viene appoggiata dai principali attori politici della scena locale, dagli ultra-nazionalisti ai comunisti, e questo gli consente inaspettatamente di prevalere sul rivale di Russia Unita, Vyacheslav Shpor, che sconfigge al secondo turno ottenendo clamorosamente il 69,57% dei suffragi.

Sul passato di Furgal prima della carriera politica non ci sono molte informazioni. È noto che dopo essersi laureato in discipline economiche si è dato all’imprenditoria, costruendo un piccolo regno a Chabarovsk grazie allo sfruttamento delle risorse naturali del territorio liberatesi dal monopolio statale con la caduta dell’Unione Sovietica. Le accuse mosse dagli investigatori nei suoi confronti risalgono proprio a questo periodo poco limpido della sua vita.

Fra il 2004 ed il 2005, nei territori di Chabarovsk e di Amur, due protagonisti dell’imprenditoria locale, Yevgeny Zorya e Oleg Bulatov, furono uccisi in agguati con armi da fuoco, mentre un terzo, Alexander Smolsky, riuscì a sopravvivere. Tutto questo accadde sullo sfondo di altri eventi criminosi e di altre morti. Le indagini degli inquirenti non riuscirono a far luce sui fatti sanguinosi, pur concordando sul fatto che avrebbero potuto essere collegati ed inquadrabili all’interno di un regolamento di conti per il dominio del mercato regionale.

Negli anni recenti i tre casi sono tornati nuovamente nel mirino degli investigatori, i quali sono riusciti a farsi spazio in una realtà difficile e intrisa di omertà grazie all’aiuto del FSB. Sono state raccolte testimonianze, sono stati effettuati nuovi esami forensi, sono stati svolti pedinamenti ed altro ancora, e si è scoperto quanto fosse stato centrale il ruolo di Furgal all’interno dello scenario di uccisioni, affari illeciti ed intimidazioni ricostruito dagli inquirenti, che ha caratterizzato la Chabarovsk dei primi anni 2000.