Sarebbe stato identificato grazie alle rilevazioni di un caccia nell’Alta Savoia il campo base utilizzato dall’intelligence russa per gli attacchi mirati ai nemici politici della Russia in Europa. Secondo il quotidiano francese Le Monde, l’area in questione sarebbe quella sul confine con la Svizzera, tra Evian ed Annemasse. In questa località, avrebbero trovato rifugio le spie appartenenti all’ex corpo sovietico incaricato di seguire gli interessi di Mosca in Asia e nell’Est dell’Europa e, dopo il 1989, riconvertite in spietati assassini. Le indagini delle forze segrete britanniche, francesi ed americane sarebbero iniziate già nel 2018, indagando su personaggi legati alla destabilizzazione della penisola della Crimea e dell’analogo tentativo in Transnitria. Tutto sarebbe partito in seguito all’avvelenamento di Sergei Skripal in Gran Bretagna, ex spia che abitava nella città di Salisbury, nella parte meridionale dell’Inghilterra. L’utilizzo di armi chimiche (il Novichok) per l’attacco che hanno messo a rischio la vita anche di civili hanno spinto il controspionaggio europeo a muoversi con urgenza, provocando il ripiego delle forze speciali russe.
I nomi delle spie russe di stanza in Europa
Alexander Michkine (conosciuto come Alexander Petrov) e Anatoly Tchepiga (Ruslan Bachirov) sarebbero i nomi sui quali si sono concentrate le indagini. Le operazioni che hanno mobilitato il controspionaggio della Nato non si riferiscono solamente agli episodi dell’Ucraina e dell’Inghilterra. Il tentativo di avvelenamento di un imprenditore delle armi bulgaro e l’accuse da parte della Nato ingerenza nella politica del Montenegro nei mesi in cui si era verificato un’avvicinamento alla Nato hanno fornito elementi importanti agli investigatori. Mettendo insieme le varie operazioni, si è arrivato ad un quadro di quindici persone, tutti componenti dello spionaggio di Mosca, che portava a termine missioni omicide mirate per sostenere la Russia nei propri interessi internazionali. Il tutto, utilizzando come campo base il cuore delle Alpi.
La vita da infiltrati
Durante la loro permanenza in Francia, le spie russe non hanno mai intrattenuto rapporti con la Russia di Vladimir Putin. Qualsiasi operazione svolta al di fuori del suolo nazionale non poteva e non doveva essere ricondotta a Mosca, così da salvaguardare l’immagine internazionale in caso di fallimento delle operazioni. Tuttavia, gli obiettivi che sono stati colpiti sono tutti riconducibili a diretti interessi della Russia, o dell’entourage del presidente Putin. I principali membri del gruppo, quali Petrov e Bachirov, ma anche Denis Sergeev (Sergei Fedotov) sono stati individuati dalle telecamere di sorveglianza di mezza Europa, persino dopo l’attentato a Skripal a Salisbury. Nessuna forza di polizia nazionale è riuscita però a portare a termine la cattura, con l’agente segreto russo individuato che è sempre riuscito a far perdere le proprie tracce.
Pericolo pronto a tornare?
Le indagini che sono iniziate nel 2018 hanno evidenziato come dall’attacco a Skripal il gruppo si sia dileguato, senza essere individuato da nessuna altra parte. Secondo le accuse, dopo aver fatto ritorno in Russia, il Cremlino avrebbe deciso di lasciar raffreddare la situazione per tornare a colpire con più sicurezza in futuro. Dal 2018, infatti, delle 15 spie russe non si è più sentito parlare, così come di attacchi mirati ad obiettivi su suolo europeo.
Il pericolo è passato o il gruppo è pronto a colpire di nuovo? Come già sottolineato, questa pausa potrebbe essere interpretata come un momento di tregua, per non esporre a rischi troppo elevati la propria avanguardia. Tuttavia, il rischio che possano tornare a colpire da un momento all’altro è elevato e tale possibilità non è sottovalutata dal controspionaggio della Nato, a meno di brutte sorprese nel prossimo futuro, sfruttando il momento di debolezza che sta attraversando il Patto del Nord Atlantico.