La diplomazia cinese del vaccino colpisce ancora. Desiderosa di condividere con il mondo i propri medicinali anti coronavirus, più volte definiti ”beni pubblici globali”, la Cina ha centrato un bersaglio da 100 punti. Questa volta Pechino non ha stretto accordi con qualche Paese del terzo mondo africano, del sudest asiatico o dell’Asia centrale. A ricevere il prezioso siero è stata la Corea del Nord, un attore politico che, a dispetto dei suoi problemi economici e dell’isolamento (auto)imposto, ricopre un ruolo fondamentale nello scacchiere geopolitico mondiale.

Visto dall’esterno, soprattutto con gli occhi di Washington, Pyongyang è un fossile vivente che evoca, nell’ordine, scenari della Guerra Fredda, lo spettro del comunismo, la suddivisione del mondo tra blocchi e una preoccupante tensione permanente. L’attuale presidente della nazione, Kim Jong Un, orfano dell”’amico” Donald Trump, è tornato a essere descritto come una sorta scheggia impazzita. Quale sarà il suo rapporto con Joe Biden? Riprenderà a sparare missili per lanciare messaggi in codice agli Stati Uniti? Ci saranno ulteriori vertici di pace tra i rappresentanti nordcoreani e l’amministrazione Biden? È proprio su queste domande, al momento prive di risposte certe, che la Cina ha avviato una nuova partita con l’altra Corea.

Kim vaccinato?

A Pyongyang continuano a ripetere, con un misto di orgoglio e vanto, che no, oltre il 38esimo parallelo non sono stati segnalati casi di coronavirus. Eppure alcune indiscrezioni, non confermate né confermabili, raccontano di uno scenario ben differente. Non sappiamo se la Corea del Nord sia davvero rimasta immune al Covid-19 come sostengono le fonti ufficiali nordcoreane (anche queste voci non confermate né confermabili). Possiamo tuttavia soffermarci sugli intensi rapporti commerciali che intercorrono tra Nord Corea e Cina, aggiungere l’ombra del mercato sommerso lungo il confine cinese e inserire nel quadro pure varie testimonianze più o meno affidabili.

Facendo la tara di tutti gli ingredienti elencati, e pure considerando il massimo rigore messo in campo dalle autorità nordcoreane per la prevenzione del virus e l’isolamento del Paese, è difficile prendere per buona la narrazione di una Corea del Nord ”Covid free”. A mettere ulteriormente in dubbio una versione poco convincente c’è un’indiscrezione da prendere con la massima attenzione. Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, la Cina avrebbe fornito a Kim Jong Un e alla sua famiglia un vaccino sperimentale contro il coronavirus. Semplice prevenzione da parte del Grande Leader o segnale di una situazione sanitaria instabile? Sappiamo soltanto che Harry Kazianis, analista del think tank del Center for the National Interest a Washington, ha spiegato che ”i Kim e diversi alti funzionari nordcoreani sono stati vaccinati”.

Diplomazia cinese

Kim Jong Un e molti altri funzionari di alto rango all’interno della famiglia Kim e della rete vicina alla leadership sono stati vaccinati per il coronavirus nelle ultime due o tre settimane grazie a un candidato vaccino fornito dal governo cinese“, ha scritto Kazianis citando due fonti dell’intelligence giapponese. Non è chiaro quale sia il vaccino – probabilmente sperimentale – somministrato a Kim. Al momento ci sono tre società cinesi che stanno sviluppando un farmaco anti Covid. Si tratta di Sinovac Biotech Ltd, CanSinoBio e China National Pharmaceutical Group (Sinopharm). Nessuna delle aziende citate ha per il momento svelato i risultati della sperimentazione clinica di fase 3 dei loro vaccini sperimentali che sono in corso fuori dalla Cina.

Tornando al vaccino, alcuni esperti dubitano che Kim possa aver realmente utilizzato un siero sperimentale. In effetti, perché il Grande Leader avrebbe dovuto rischiare eventuali effetti collaterali quando può contare su numerosi rifugi che possono garantire, a lui e tutta la famiglia, un isolamento dal virus pressoché completo? Altre voci, come quella di Mark Barry, analista dell’International Journal on World Peace, hanno dichiarato che Kim preferirebbe vaccini europei collaudati rispetto a quelli forniti da Pechino. Certo è che se davvero Kim Jong Un, un presidente considerato quasi un semidio, ha scelto di farsi iniettare un vaccino sperimentale, vuol dire che quel vaccino non presenta alcun rischio sanitario. In tutto questo è interessante analizzare il ruolo della Cina, pronta a ristabilire la sua influenza diplomatica sulla Corea del Nord dopo mesi di sostanziale apatia. Pechino potrebbe riaccendere il filo rosso con Pyongyang facendo leva sul vaccino. E proporre un affare win-win: scorte del farmaco in cambio di un appoggio strategico nordcoreano in vista del possibile rush finale con l’America di Joe Biden.