La fine della seconda guerra del Karabakh Superiore ha dato impulso all’agenda estera dell’Azerbaigian, che dalla vittoria ha tratto la linfa vitale necessaria a portare avanti e concludere una serie di profittevoli iniziative diplomatiche, energetiche e infrastrutturali con le principali potenze del continente, in primis Russia e Turchia, e con i giocatori dello spazio postsovietico circostante, come il Turkmenistan.

Gennaio è stato il mese della svolta dal punto di vista del dialogo azero-turkmeno: nell’arco di soli cinque giorni, ovvero dal 16 al 21, i due governi hanno raggiunto un’intesa per il potenziamento del cosiddetto corridoio dei lapislazzuli e siglato un memorandum d’intesa per lo sviluppo congiunto di un importante (e contestato) giacimento di idrocarburi sito nel Mar Caspio.

Che cosa prevede l’accordo?

Lo scorso mese, più precisamente il 16 gennaio, il Gruppo di lavoro per lo sviluppo del corridoio dei lapislazzuli si è riunito in teleconferenza e ha raggiunto un accordo per l’espansione e l’approfondimento della cooperazione tra Azerbaigian, Turkmenistan e Afganistan nel quadro del progetto.

Le tre nazioni, rispettivamente rappresentate da Shahin Mustafayev, Bayramgeldi Ovezov e Ajmal Ahmadi, hanno concordato di estendere il partenariato trilaterale in aree critiche per il corridoio di trasporto, in particolare energia, trasporti, logistica, investimenti e telecomunicazioni. Inoltre, nel documento approvato in sede di teleconferenza si gettano le basi per un maggiore coordinamento transfrontaliero e doganale via terra e via mare, necessario e funzionale a facilitare il transito dei beni trasportati da Kabul a Baku.

Come hanno rammentato i rappresentanti dei tre governi, il corridoio è stato realizzato – e sta venendo migliorato – su impulso di Ilham Aliyev, il presidente dell’Azerbaigian, che ha intravisto in esso un’opportunità per incrementare l’interconnettività e l’interdipendenza tra Caucaso meridionale e Asia centrale e per consolidare la centralità del porto di Baku. L’accordo del 16 gennaio, in effetti, ha suggellato su carta delle premesse e delle idee delineate ed esposte da parte azera lo scorso 2 luglio, data dell’ultima videoconferenza del Gruppo di lavoro.

Il corridoio dei lapislazzuli

Il corridoio dei lapislazzuli è una rete transnazionale per il trasporto merci che si origina in Afganistan, a Torghundi (provincia di Herat), prosegue verso il Turkmenistan, attraversando Ashgabat, e raggiunge l’Azerbaigian a mezzo della rotta marittima Turkmenbashi–Baku. Le merci, una volta giunte nella capitale azera, possono essere redirezionate verso il Vecchio Continente tramite la Georgia, i cui porti di Poti e Batumi sono collegati al porto di Costanza (Romania), e la Turchia, amalgamata all’Azerbaigian dalla linea ferroviaria Baku–Tbilisi–Kars (BTK).

La rete è stata inaugurata ufficialmente il 13 dicembre 2018, dopo sei anni di negoziati e di cantieri aperti, ed è stata finanziata in larga parte con capitale dell’Asian Development Bank e dell’Azerbaigian, che, insieme, hanno destinato oltre cinque miliardi di dollari alla costruzione delle necessarie rotte stradali, autostradali e ferroviarie e al potenziamento delle tratte esistenti, in primis la BTK, e del porto di Baku. Il governo azero, singolarmente, ha investito nell’aumento delle capacità della BTK e del porto di Baku rispettivamente 770 e 760 milioni di dollari.

L’impegno finanziario è il riflesso degli interessi in gioco: il corridoio è il complemento ideale ai progetti di integrazione regionale rispondenti a Cina (Nuova Via della Seta), Russia (Unione Economica Eurasiatica) e Turchia (Consiglio Turco); progetti che risulterebbero irreparabilmente troncati e imperfetti senza la partecipazione dell’Azerbaigian, trait d’union tra Russia e Turchia, tra Mar Nero e Mar Caspio, tra Caucaso meridionale e Asia centrale, ovvero tra Europa e Asia.

La manifestazione dei risultati è stata fulminea, l’impatto tangibile e reale: l’interscambio commerciale tra Azerbaigian e Afganistan è aumentato del 50% nel primo anno di operatività del corridoio. Inoltre, tutto indica che la rete, se adeguatamente sfruttata da Bruxelles e Pechino, potrebbe contribuire a migliorare i traffici tra i mercati europeo e cinese; attraverso il corridoio, infatti, un cargo afgano raggiunge l’Europa in soli sedici giorni.





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