L’Iran si ritirerà parzialmente dall’accordo sul nucleare, il cosiddetto “5+1”, se non verranno mantenute le garanzie sulla cessazione della sanzioni internazionali da parte delle potenze firmatarie che sono ancora rimaste sotto l’egida del trattato che risale al 2015.

Il Presidente della Repubblica Islamica, Hassan Rouhani, ha detto in un discorso alla televisione di Stato che se Francia, Germania, Regno Unito, Cina e Russia non si attiveranno per cercare di proteggere il settore petrolifero e bancario dell’Iran dalle sanzioni emesse dagli Stati Uniti, usciti dall’accordo Jcpoa (Joint Comprehensive Plan Of Action), divenute effettive il 5 novembre scorso e decise esattamente un anno fa, l’Iran ne uscirà parzialmente.

Le cinque nazioni rimaste avranno 60 giorni di tempo prima che l’Iran ricominci nella procedura di arricchimento dell’uranio negli impianti di Natanz e Isfahan riattivando anche, contestualmente, i suoi reattori ad acqua pesante, fondamentali per la produzione di plutonio (l’esplosivo usato nelle bombe atomiche moderne) situati a Khondab.

La mossa simbolica degli Ayatollah

La decisione, come già accennato, arriva esattamente ad un anno dall’uscita degli Stati Uniti dall’accordo Jcpoa e dall’elevazione delle sanzioni americane che hanno colpito duramente l’esportazione petrolifera dell’Iran ed il suo sistema bancario, ed è sicuramente un gesto simbolico del regime degli Ayatollah che si sentono in qualche modo traditi dal comportamento degli aderenti al trattato sul nucleare.

Washington, infatti, ha fatto pressioni sui suoi alleati affinché riprendessero il regime sanzionatorio. L’Italia, ed altre sette nazioni tra le quali Turchia, India, Giappone e Corea del Sud, avevano ottenuto una deroga semestrale che riguardava soprattutto il comparto petrolifero, ormai scaduta anch’essa.

La decisione di Teheran arriva anche in un momento del tutto particolare. In queste ultime ora la portaerei Usa Abraham Lincoln è stata inviata nella zona di operazioni della Quinta Flotta, quindi nell’area del Golfo Persico e dell’Oceano Indiano, unitamente alla mobilitazione di alcuni bombardieri strategici che sono stati ridispiegati a breve raggio dall’Iran.

Sempre nelle ultime ore, anche l’Europa si è mossa, in sede diplomatica, in risposta alla minaccia iraniana di ricominciare con l’arricchimento dell’uranio. Come ha riferito Roberto Vivaldelli la Francia ha messo in guardia le autorità iraniane sottolineando che la violazione del trattato Jcpoa comporterebbe l’elevazione di sanzioni da parte europea. “Noi non auspichiamo – ha dichiarato una fonte dell’Eliseo – che Teheran annunci azioni che siano violazioni dell’accordo sul nucleare. In un caso del genere saremmo obbligati, per applicare giustamente le clausole dell’accordo, a riprendere anche noi europei delle sanzioni”.

Una decisione inevitabile

Nell’ultimo anno le sanzioni statunitensi hanno fortemente impattato l’economia iraniana facendola ripiombare in recessione. La valuta nazionale, il Ryal, si è fortemente svalutata nei mercati internazionali ed il tasso di inflazione, conseguentemente, è aumentato vertiginosamente sino a quadruplicare. Gli investimenti stranieri sono crollati ed il settore petrolifero, vitale per l’Iran, è quello che ha più risentito il ritorno delle sanzioni subendo un vero e proprio crollo nelle esportazioni e nella produzione.

Non stupisce quindi che Teheran abbia deciso di dare questo ultimatum alla comunità internazionale soprattutto considerando che l’Iran ha sempre rispettato le clausole del trattato Jcpoa sospendendo, in particolare, il cruciale e temuto arricchimento dell’uranio e l’attività dei reattori ad acqua pesante. Come da termini del Jcpoa, l’Iran sarebbe in diritto di riprendere le sue attività nucleari in quanto l’elevazione unilaterale di nuove sanzioni non ne rispetta le clausole.

Gli altri Paesi firmatari dell’accordo, in particolare Francia, Germania e Regno Unito, hanno cercato in questi ultimi mesi di fare il possibile per salvarlo: a febbraio avevano introdotto un meccanismo per permettere alle proprie aziende di continuare a fare affari con l’Iran senza incorrere nella reazione sanzionatoria statunitense, ma per Teheran non è stato sufficiente.

La possibilità per le aziende europee di fare affari con Teheran non dipende solo dalla volontà di Europa e Iran, perché gli Stati Uniti, come spiegato su Il Post, prevedono l’extraterritorialità delle proprie sanzioni: qualsiasi società, ovunque abbia la sede, deve rispettare le sanzioni americane quando vengono usati i dollari per compiere le transazioni (cioè quasi sempre) e quando le stesse aziende hanno succursali negli Stati Uniti o sono controllate da americani. Per questo quasi tutte le grandi aziende europee hanno smesso di fare affari con l’Iran per paura di vedere danneggiati i loro interessi negli Stati Uniti.

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