Non sono certamente giornate tranquille quelle che sta vivendo la premier Theresa May in queste settimane. Da una parte l’attivazione del processo di uscita dall’Unione europea, dall’altra parte la Scozia e le sue velleità secessioniste, le ore a Downing Street sono più che febbrili.Ad aumentare le pressioni sul governo May c’è però un’altra questione, altrettanto spinosa: l’Irlanda del Nord. A Belfast sembra per ora impossibile giungere ad un accordo di governo fra i due principali partiti, Sinn Fein e DUP. Le elezioni del 2 Marzo hanno consegnato un Parlamento totalmente diviso. I due principali partiti, il Sinn Fein e l’unionista DUP, hanno ricevuto quasi lo stesso numero di voti, facendo sì che il DUP avesse un solo seggio in più rispetto al partito nazionalista. Secondo gli Accordi del Venerdì Santo del 1998, il Governo di Ulster deve essere equamente diviso fra i partiti a seconda del numero di voti ottenuti. In sostanza, ciascun partito ha diritto a un numero di posti di governo proporzionati alla percentuale dei voti ottenuti. Questo sistema istituzionale è nato con uno scopo, cioè quello di dare voce a tutte le anime dell’Irlanda del Nord.Il sistema precedente, quello del “winner takes all”, permetteva governabilità, certamente, ma rendeva impossibile giungere a governi di compromesso fra partiti così diversi. Il sistema attuale, dal canto suo, se impone la partecipazione di tutti i maggiori partiti, di fatto ha tolto non solo dinamicità al processo decisionale, ma anche velocità nella creazione di un Governo. È sempre necessario trovare un punto d’incontro tra unionisti e nazionalisti, q uesto, inevitabilmente, comporta molti ostacoli.In questo momento, l’accordo ancora non si è raggiunto e si sono superate le tre settimane di colloqui imposti dal governo centrale, così come definito dagli Accordi. Uno dei motivi dietro questo stallo è la volontà del DUP di avere Arlene Foster di nuovo a capo del Governo. Il Sinn Fein, ovviamente, ha rifiutato questa proposta. Arlene Foster è stata il motivo per il quale il Sinn Fein ha fatto cadere il governo, perché implicata in uno scandalo di malversazione di fondi pubblici per le energie rinnovabili. Chiedere ora al partiti repubblicano di dare fiducia a un governo Foster bis, è chiaramente una pretesa senza speranza.Ma non è solo il caso Foster a rendere difficile l’equilibrio di governo. Il nodo vero e proprio da sciogliere è che l’Irlanda del Nord ha visto uno scontro fortissimo tra Sinn Fein e DUP per quanto riguarda le azioni da intraprendere con l’avvio del processo di Brexit. Chiaramente i due partiti hanno in questo senso due visioni nettamente opposte.Michelle O’Neill, nuova leader del Sinn Fein, è preoccupata dal fatto che Brexit possa scavare un solco profondissimo tra Ulster ed Eire. Per i nazionalisti, come è noto, i rapporti con Dublino sono di fondamentale importanza, e la partecipazione di Irlanda e Regno Unito nell’Unione Europea permettevano a queste due parti d’Irlanda di non sentirsi divisi da una linea di confine così netta. Proprio per evitare questa scissione traumatica, che riporterebbe la situazione tra Ulster e Eire indietro nel tempo, O’Neill ha anche paventato durante le elezioni la possibilità di un referendum sulla riunificazione dell’Isola di smeraldo. L’idea dei repubblicani è quella di chiamare alle urne tutta l’Irlanda, sia del Nord che del Sud, affinché il popolo irlandese decida il proprio destino.Al contrario del Sinn Fein, il Democratic Union Party ha un’idea totalmente opposta sul Brexit. Gli unionisti nordirlandesi si non battuti per l’uscita dall’Europa ed hanno appoggiato con estremo vigore le scelte sull’hard Brexit voluta da Londra. Gli alleati di Foster sono il braccio armato di Londra in Ulster e non hanno mai tollerato alcun tentativo di unificare per vie traverse irlandesi del Nord e del Sud.Con l’attuale situazione politica, le alternative che si prospettano a Londra sono tre: posticipare il termine per l’accordo di governo; indire nuove elezioni; il governo diretto. La scelta del governo May per ora è stata quella dell’attesa. Il Segretario di Stato per l’Irlanda del Nord, James Brokenshire, ha ufficializzato la scelta del governo di attendere ancora qualche giorno, confermando che nessuno ha intenzione di indire nuove elezioni. Vero è che i nordirlandesi non vorrebbero tornare a votare, ma è anche vero che, visto il crollo di consensi del DUP e l’ascesa inequivocabile del Sinn Fein la paura per il governo è di trovarsi un’altra regione secessionista o fortemente autonomista come ostacolo fra Londra e Brexit. Troppi i pericoli per una Ulster guidata dai repubblicani e con l’appoggio di tutti i movimento cattolici o nazionalisti.La terza alternativa per Londra sarebbe quella del cosiddetto “direct rule”. Gli Accordi prevedono infatti che in caso di mancato accordo di governo, Londra possa alternativamente o indire nuove elezioni o governare direttamente Belfast, esautorando gli organi democratici nordirlandesi. Una scelta che Theresa May non vorrebbe attuare, ma che potrebbe diventare necessaria. Il governo britannico teme infatti che le prossime elezioni possano portare alternativamente o ad una situazione simile o ad un governo di colazione ma a forte stampo nazionalista contrario al Brexit e con un leader che auspica l’Irlanda unita. Tra i due, per un governo conservatore impegnato nel Brexit, non c’è paragone. Meglio una paralisi istituzionale con il governo di Londra che un’Irlanda del Nord con a capo un repubblicano. Ma potrebbero esserci conseguenze gravi sulla tenuta sociale di tutta la nazione nordirlandese.
Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove?
Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare?
Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.