Il paradosso è che l’incontro tra Joe Biden e Xi Jinping è un successo ancora prima di iniziare. Dall’estate del 2022, anno della contestatissima visita della speaker della Camera Usa Nancy Pelosi a Taiwan, le relazioni tra Cina e Stati Uniti sono ai minimi storici. Da anni le due sponde del Pacifico sono impegnate in una lunga sequela di schermaglie. Incontri ad alta quota tra caccia avversari che rischiano di degenerare in un conflitto; una battaglia commerciale avviata dall’amministrazione Trump e che non si è mai esaurita; una sfida a colpi di spionaggio culminata con un pallone spia sui cieli americani apparso (e abbattuto) a inizio anno; la questione della crisi Usa degli oppioidi alimentata con il fentanyl prodotto anche da precursori chimici cinesi; l’eterno braccio di ferro sul destino di Taipei. 

L’incontro all’ombra del vertice Apec di San Francisco arriva a un anno da un primo faccia a faccia tra i due leader nella cornice del G20 di Bali e si tiene in un momento delicato per entrambi. Biden è alle prese con una campagna per la rielezione e sondaggi preoccupanti; Xi cerca di rilanciare l’immagine della Cina nonostante problemi interni soprattutto sul fronte economico. Eppure, nota Amy Hawkins sul Guardian, il fatto che Xi torni negli Usa dopo oltre sei anni dall’incontro con Trump dimostra l’importanza del momento e il valore che la diplomazia cinese dà alla missione americana.

Il meeting dell’anno in realtà è un processo che parte da lontano con continui scambi lungo la rotta Pechino-Washington e che ha coinvolto diversi funzionari dei due Paesi, come i viaggi della segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen o del capo della Cia William Burns. John Kirby, portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale Usa, ha detto a Voice of America che il vertice “arriva dopo mesi di alti e bassi nelle relazioni, ma che il presidente Biden è convinto che il rapporto tra i due Paesi sia il più importante per le conseguenze sul resto del mondo, e che tutti noi dobbiamo adottare un atteggiamento responsabile”.

Difficile notano quasi tutti gli analisti, che l’incontro cambi radicalmente il rapporto tra Pechino e Washington. Ma ci sono forse dei punti fissi che potrebbero contribuire a dare slancio al disgelo. I temi sul tavolo dell’incontro, che secondo fonti di Voa dovrebbe durare oltre 4 ore, dono diversi.

Canale sicuro tra militari

L’obiettivo più raggiungibile e più auspicabile per i due è quello di trovare un modo per riattivare i canali di comunicazione militare tra i due Paesi. Le comunicazioni erano state “tagliate” dalla Cina dopo la visita di Pelosi a Tsaipei e da allora il numero di confronti ad alta quota soprattutto nei cieli del Mar Cinese Meridionale, erano cresciuti oltre il livello di guardia. Come ha notato Foreign Policy nessuno dei due Paesi in questa fase ha da guadagnare da un escalation tra i due.

Dal punto di vista americano un aumento delle tensioni comporterebbe danni all’economia e Biden non se lo può permettere in un anno elettorale. La Cina dal canto sua ha bisogno di normalità. Nuovi irrigidimenti rischierebbero di accelerare il processo di fuga delle multinazionali che programmano di spostare capitali e investimenti in altri Paesi. Questo punto non è banale: Pechino ne ha bisogno e sa che quella di San Francisco è l’unica finestra disponibile dato che difficilmente nel 2024 Biden volerà in Cina per nuovi incontri nel pieno dell’anno elettorale.

La questione Taiwan

Restando sul tema “elezioni” con ogni probabilità si parlerà anche di quello che succederà dentro e fuori a Taiwan nei prossimi mesi. A gennaio l’ex formosa andrà alle urne e i risultati verranno valutati con molta attenzione da Pechino e Washington. Il tema di Taipei resta uno dei punti di scontro maggiori tra i due Paesi. Alla vigilia dell’incontro John Kirby ha ribadito che nulla è cambiato nell’approccio americano all’ex formosa: “Washington riconosce la Repubblica popolare come l’unica Cina, ma allo stesso tempo conferma che continuerà ad appoggiare lo status quo, senza parlare di indipendenza”. Con ogni probabilità è proprio su questo punto che parleranno Biden e Xi. 

In questa fase delicata sia a Pechino che a Washington conviene lo status quo. L’America dopo i focolai di crisi in Medio Oriente e Ucraina non può assolutamente permettersi un terzo fronte. In più, da tempo negli incontri a porte chiuse, Taipei chiede ai funzionari americani di limitare le uscite incendiarie sulla possibile invasione dell’isola da parte dell’esercito di liberazione popolare. Pechino dal canto suo, pur non abbandonando l’obiettivo di riprendere l’isola ribelle, al momento ha bisogno di mantenersi credibile e stabile agli occhi del mondo, anche alla luce della lezione russa in Ucraina. 

La guerra in Ucraina e l’escalation tra Israele e Hamas

Altro tema enorme saranno le guerre in Israele e Ucraina. Fonti dell’amministrazione americana hanno detto che la crisi in Medio Oriente sarà parte attiva della discussione tra i due presidenti. Biden potrebbe chiedere a Pechino da un lato di mostrare maggior sostegno a Tel Aviv, ma dall’altro di lavorare agli aiuti umanitari per Gaza. Non solo. Più di qualcuno avrebbe espresso la possibilità che Biden parli del dossier iraniano, chiedendo a Pechino di far leva sul buon rapporto con Teheran per evitare un’escalation regionale. 

Una richiesta simile potrebbe arrivare anche per il dossier ucraino. Secondo diversi membri senior dell’amministrazione Usa Biden potrebbe tornare in pressing su Xi per chiedere di sfruttare il canale diretto con Vladimir Putin e arrivare a una soluzione, o almeno a un vero cessate il fuoco, nella guerra tra Mosca e Kiev. 

Il nodo di tecnologia e commercio

L’altro dossier caldissimo è quello economico e soprattutto quello tecnologico. E su questo punto, nota sempre Foreign Policy, si giocherà una complessa partita dialettica. Gli Usa dovranno evitare che il loro de-risking (cioè la riduzione del rischio strategico ed economico nel suo rapporto con la Cina) passi come un attacco alla crescita economica cinese. È possibile che nel corso dei colloqui Biden spinga sul concetto che gli Usa non si oppongono in senso generico allo sviluppo della Repubblica popolare. Il tema però è scivoloso anche alla luce delle restrizioni che l’attuale amministrazione Usa ha introdotto per quanto riguarda l’esportazione di prodotti tecnologici.   

L’incontro avviene alla vigilia dell’entrata in vigore di una nuova stretta americana alla esportazione di tecnologia avanzata. Il 16 novembre, infatti, entrerà in vigore una versione aggiornata delle norme che regolano le esportazioni, in particolare le aziende che desiderano spedire in Cina chip destinati all’intelligenza artificiale potranno farlo sono con una particolare licenza. Una delle tante mosse di una stretta tecnologica americana che va avanti da tempo. E che, seppur sul tavolo di San Francisco, non troverà uno sblocco nell’immediato. 

Il tema dell’Ai

Sul fronte dell’Intelligenza artificiale i due Paesi potrebbero però trovare un terreno comune sulla sua gestione. Ne è sicuro il sito americano Semafor che ha citato fonti diplomatiche americane che spiegano come durante l’incontro si parlerà dei rischi e delle opportunità di sviluppo dell’ai. In settimane un altro giornale il South China Morning Post aveva detto che potrebbe esserci una possibile bozza di intesa per vietare l’applicazione dell’ai in alcuni delicatissimi campi come l’armi pesanti, droni e ordigni nucleari. Su questo punto, fra l’altro, americani e cinesi hanno iniziato a parlarsi, quanto meno per capire se esistano le condizioni per intavolare trattative per limitare l’espansione degli arsenali.

La possibile intesa sulla crisi degli oppioidi

Uno dei punti di maggiore intesa potrebbe arrivare sul campo della lotta alle droghe. Come ha scritto l’agenzia Bloomberg a margine del meeting Biden e Xi potrebbero annunciare un’intesa di massima sulla gestione dei flussi di precursori chimici dalla Cina al Messico alla base della produzione del fentanyl che inonda le strade americane e alimenta la crisi degli oppioidi in America. Secondo Bloomberg da un lato la Cina si attiverebbe per limitare i flussi di materiali chimici utili per sintetizzare l’oppioide, mentre gli Usa riceverebbero le sanzioni contro l’istituto di polizia forense cinese, in passato sanzionato per abuso dei diritti umani.

Sul piano simbolico a guadagnarne è sicuramente Joe Biden. La crisi degli oppioidi morde gli Usa da anni e che costa la vita a oltre 80 mila persone l’anno e rappresenta una delle emergenze più sentite dal Paese e dagli elettori. Come nota Bloomberg l’annuncio di un eventuale accordo sarà solo l’inizio, servirà tempo per vedere sia la buona fede cinese che effetti concreti sul flusso di pasticche che arrivano negli Usa. 

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