Il 19 ottobre un incontro tra i governi di Francia e Germania previsto per la prossima settimana nel quadro del rapporto bilaterale stabilito dal Trattato di Aquisgrana è stato posticipato a gennaio. L’incontro inizialmente in agenda per il 26 ottobre a Fontainebleau è scalato dato che si è ritenuto necessario prendere “più tempo” per trovare un accordo su diverse questioni.

A darne l’annuncio il governo di Berlino: “Ci sono una serie di questioni diverse che stiamo affrontando in questo momento su cui non abbiamo ancora raggiunto una posizione unificata”, ha affermato il portavoce del cancelliere Olaf Scholz, Steffen Hebestreit. Da tempo, nelle ultime settimane, i rapporti tra Berlino e Parigi si sono fatti sempre più tesi. Al centro della discussione il futuro assetto di un’Europa in cui l’asse renano è stato messo alla prova su più fronti. Su quello strategico e geopolitico, dalla guerra in Ucraina che ha riportato in forze Stati Uniti e Regno Unito nelle questioni securitarie del Vecchio Continente. Sul fronte economico, dalla tempesta energetica e dell’inflazione. Su quello politico, dagli assetti della governance europea e dal futuro dei pacchetti anti-recessione e della Banca centrale europea.

Inequivocabile la presa di posizione di uno degli uomini di governo più vicini al presidente francese Emmanuel Macron, il ministro dell’Economia Bruno Le Maire, secondo cui le relazioni tra Francia e Germania hanno bisogno di un “reset” utile a rafforzare la loro alleanza. C’è una Francia che, in questa fase, è orfana di Angela Merkel dopo che la Germania con la guerra in Ucraina si è rivolta agli Stati Uniti mentre la Francia spinge per una “sovranità europea”. Berlino vuole più Gnl made in Usa per compensare la perdita del gas russo, nel mix di Parigi ci sono nucleare e nuove fonti rinnovabili. La Germania, al contempo, lancia in autonomia il suo pacchetto anti-crisi autonomo da 200 miliardi di euro, la Francia resta al palo e protesta.

“Tra Parigi e Berlino, una crisi ormai aperta”, ha scritto in apertura Le Monde nella giornata del 20 ottobre,, riportando un Macron “seccatissimo per l’annuncio fatto dal cancelliere sull’attuazione di uno scudo tariffario da 200 miliardi di euro sull’energia” riaffermato nei giorni del Consiglio Europeo mentre è chiara la posizione di Parigi che “spinge per un tetto al prezzo del gas durante il summit di Bruxelles, sperando di isolare Berlino ostile ad un tale progetto”. La Francia non si capacita di perché la Germania non abbia aperto a strategie comuni come fatto dalla Merkel e dallo stesso Scholz sul Recovery Fund, criticando l’egoismo di una mossa che potrebbe accelerare l’inflazione del Vecchio Continente preservando quella tedesca.

Germania e Francia sono gli Stati membri che hanno concesso di più in relazione agli aiuti anti-Covid, rispettivamente con 226 miliardi e 223 miliardi di euro (24% del totale degli aiuti), e Parigi si aspettava di potersi concertare in forma analoga col nuovo governo. Ma la capacità di dialogo interna all’asse franco-tedesco si è ridotta e Macron teme che le mosse di Berlino accelerino anche le tensioni sul suo fronte interno, già scosso da scioperi e proteste di massa contro il carovita.

La Francia si è inoltre discostata dalla decisione tedesca di sostenere la difesa aerea comune europea che ritiene possa offrire visibilità a delle concorrenti temibili per i suoi sistemi d’arma e rendere saliente la dipendenza del Vecchio Continente dalle filiere anglo-americane in una fase critica. Giovedì 13 ottobre, durante la conferenza dei Ministri della Difesa a Bruxelles è stato approvato il progetto dell’European Sky Shield Initiative, comprendente la Finlandia e quattordici Paesi Nato: Belgio, Bulgaria, Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, e Ungheria. Un asse che comprende buona parte dei nordici clienti e alleati diretti del mercato non francese della Difesa.

“I nuovi sistemi da acquisire saranno in particolare”, nota Formiche, “l’israeliano Arrow-3, lo statunitense Patriot e il tedesco IRIS-T, come ha riferito  la ministra tedesca della difesa Cristine Lambrecht. Sistemi che garantiscono la difesa aerea sia negli strati medio e lungo, sia a corto raggio, a protezione di aree piccole, come ad esempio convogli militari”. Uno schiaffo per la Francia che voleva garantire con il suo ombrello missilistico e nucleare una capacità di Difesa volano di influenza geostrategica. E del resto Parigi ha risposto mettendo nel congelatore gli avanzamenti dei due programmi più caldi per la cooperazione militare franco-tedesca: l’esecutivo di Macron nei giorni scorsi ha presentato il suo bilancio per la Difesa per il 2023 allocando 43,9 miliardi di euro volti a potenziare e rafforzare le proprie forze armate senza desinare risorse extra alla ricerca caccia di sesta generazione Fcas e il carro armato del futuro Mgcs, entrambi sviluppati in sinergia con Berlino.

Insomma, l’asse franco-tedesco è incrinato su più fronti. Il governo di coalizione tedesco tra Spd, Liberali e Verdi dopo la guerra in Ucraina ha reso sempre più atlantica e sempre meno ortodossa sul fronte europeo la Germania. E chi perde profondità strategica da questi litigi è l’Europa nel suo complesso. Che sulla scia delle conseguenze sistemiche della guerra in Ucraina si trova divisa e, in fin dei conti, sempre più satellite di scelte altrui. Come del resto si prevedeva nei pensatoi strategici statunitensi. Desiderosi di fare dell’Ucraina la tomba delle ambizioni autonomiste dell’asse franco-tedesco. Obiettivo, per ora, centrato.

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