In principio il mondo degli evangelici era il suo blocco prediletto, tanto da puntare tutto su di loro per vincere la Casa Bianca nel 2016, e anche nel 2020. Stessa cosa dicasi per il mondo degli ultras pro-life. Proprio con questi ultimi, tuttavia, sono iniziate le tensioni poco dopo le midterm. Donald Trump è stato, infatti, aspramente criticato da diversi esponenti del fronte pro-vita e della destra del Partito Repubblicano, dopo aver imputato alla questione dell’aborto la cattiva performance dei conservatori alle recenti elezioni. In tanti hanno criticato Trump, affermando che nessuno dei candidati da lui sostenuti fosse favorevole a un divieto assoluto all’aborto, contrariamente a quanto apparentemente affermato dall’ex Presidente.
La terza candidatura di Trump alla presidenza parte, dunque, con il piede sbagliato: a rischio il sostegno di alcuni dei suoi maggiori donatori, alcuni dei quali si sono impegnati a sostenere il suo rivale, il governatore della Florida, Ron DeSantis, nonostante egli non abbia ancora annunciato ufficialmente la sua intenzione di candidarsi. Ma l’accusa più grande che giunge dal mondo dei conservatori cristiani è quella di non rappresentare in alcun modo i valori biblici.
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I conservatori sono ancora trumpiani?
Ma ben al di là delle moral issues, si staglia il nocciolo della questione. La destra conservatrice tifa ancora per Trump? In vista delle elezioni del 2020, il Tycoon si è appoggiato pesantemente alla sua versione della “maggioranza silenziosa“, sperando che il gruppo che consegnò a Richard Nixon due vittorie presidenziali, lo avrebbe portato al traguardo. Quella previsione non si è avverata nel 2020 tantomeno alle midterm. E dopo aver subito tre cicli elettorali deludenti, Trump sembra ora trovarsi di fronte a una maggioranza di conservatori che si stanno rivoltando sempre più contro di lui.
L’ex Presidente, infatti, sembra aver dichiarato guerra ad alcuni leader del movimento, rei di non essere abbastanza leali, dopo che alcuni di loro si sono espressi contro la sua campagna presidenziale del 2024. Contro questi esempi di presunta slealtà Trump sciorina l’elenco delle mosse che avrebbe fatto in loro favore, come ad esempio attrezzare la Corte Suprema di nomine sufficienti a ribaltare la sentenza Roe vs. Wade sull’aborto. Dimentico, forse, che il Partito Repubblicano abbia raggiunto un risultato inferiore alle aspettative soprattutto perché ha sostenuto candidati “impresentabili” in Stati chiave, tra i quali Herschel Walker in Georgia, Blake Masters e Kari Lake in Arizona e il “ticket” Doug Mastriano-Mehmet Oz in Pennsylvania.
Dichiarazioni forti dal mondo evangelico contro Trump
La corda degli evangelici anti-Trump sembra guadagnare sempre più adepti. Uno di loro è Bob Vander Plaats, uno dei massimi leader del pensiero evangelico americano, che ha esitato a sostenere Trump nel 2016. “In questo momento questa è quasi una maggioranza silenziosa “, dice Everett Piper, editorialista del quotidiano conservatore Washington Times ed ex presidente di un’università evangelica, che ha pubblicato una lunga filippica post-midterm sostenendo che Trump stia “facendo del male” agli evangelici americani. “La conclusione della scorsa settimana è semplice: Donald Trump deve andarsene”, ha aggiunto Piper. “Se sarà il nostro candidato nel 2024, verremo distrutti”. Gli fa eco il telepredicatore James Robison, che ha lavorato come consigliere spirituale di Trump e ha paragonato l’ex Commander-in-Chief a un “piccolo scolaro elementare” mentre si rivolgeva alla National Association of Christian Lawmakers.
“Al momento, il nostro movimento è diviso”, ha dichiarato in un’intervista a Mike Evans, che ha aiutato Trump a ottenere il sostegno dei cristiani evangelici nel 2016, quando ha vinto la presidenza. “Il cristiano evangelico medio è una persona basata sulla fede. Donald Trump non personifica i valori biblici. Quindi, sebbene ammirino molto le sue politiche, onestamente non ammirano la persona“.
Questa non è l’unica intervista che Evans ha rilasciato sulla questione, poiché ha affermato che lui e il suo gruppo non chiuderanno più un occhio sulle cose che Trump dice e fa, come potrebbero aver fatto nel 2016. “Donald Trump non può salvare l’America. Non può nemmeno salvare se stesso”, ha scritto sul Washington Post. “Ci ha usati per vincere la Casa Bianca. Abbiamo dovuto chiudere la bocca e gli occhi quando ha detto cose che ci hanno fatto inorridire. Non posso più farlo”.
Chi sono gli evangelici di Trump
Il pool originale di sostenitori cristiani evangelici di Trump includeva soprattutto cristiani pentecostali e carismatici. Un gruppo numeroso, spesso emarginato da gruppi evangelici più potenti a causa delle loro convinzioni sulla “profezia personale” e sulla “guerra spirituale”. Alcuni di loro, ad esempio, hanno denunciato come eretica la “consigliera spirituale” di Trump, Paula White. Per molti pentecostali e carismatici, Trump ha rappresentato una rottura così radicale dalle norme politiche da rappresentare il compimento della profezia biblica. Lo hanno paragonato a figure bibliche come Ciro il Grande, un re pagano che tuttavia fu scelto per salvare il popolo di Dio.
Un sottogruppo di evangelici noti come Premillennial Dispensationalists ha visto addirittura la decisione di Trump di spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme come un passo necessario per realizzare il dominio di Cristo sulla Terra e sfidare Satana. Questo stile apocalittico non piace a tutti gli evangelici conservatori: ora, dopo sei anni in cui Trump ha influenzato la sottocultura evangelica e ha portato al centro opinioni precedentemente marginali, qualsiasi sfidante dovrà affrontare un compito arduo.
De Santis flirta con gli evangelici
L’elettorato evangelico, infatti, sta subendo un serrato corteggiamento da parte di Ron De Santis: quest’estate, il governatore della Florida è stato invitato a partecipare alla conferenza Road to Majority della Faith & Freedom Coalition, e ha ricevuto recentemente l’endorsement di Tom Ascol, un importante pastore evangelico. Da ciò che si è visto finora, il suo flirt con gli evangelici prosegue plasmando la sua retorica e la sua oratoria.
DeSantis, infatti, esemplifica l’uso ortodosso americano del potere politico per fini cristiani conservatori. Mentre usa il linguaggio aggiornato della lotta alla “wokeness“, utilizza la carica di governatore per perseguire un programma di guerra culturale in quel della Florida, riaffermando il primato delle strutture familiari tradizionali e dei ruoli di genere e tenendo i bambini lontani da materiale che potrebbe entrare in conflitto con le convinzioni dei loro genitori. Il messaggio di vittoria di De Santis nella notte delle elezioni era, non a caso, “Florida is where woke goes to die”. Egli è dunque un’ottima scorciatoia elettorale per gli evangelici, permettendo loro di votare Gop rinnegando Trump.