Un messaggio rivolto a tutti, non solo all’Iran. L’annuncio di ieri di Donald Trump è un segnale inequivocabile con cui gli Stati Uniti hanno dettato una nuova linea. Più dura, forse anche più chiara, ma sicuramente foriera di molte incertezze nella stabilità del mondo.

Partiamo da un presupposto. Quella di Trump è una prova di forza. Lo si vedeva dal modo in cui si è posto di fronte alle telecamere e da quella frase: “Gli Stati Uniti non fanno minacce a vuoto”. Questo monito, unito al suo “le promesse le mantengo”, non ha uno scopo esclusivamente anti iraniano. Lo spettro dei potenziali destinatari è molto più ampio.

Un messaggio per Kim Jong-un

Probabilmente uno degli obiettivi di Trump, in questo annuncio, è stato la Corea del Nord. Con la decisione di uscire dall’accordo sul nucleare iraniano, il presidente Usa ha indirettamente messo in guardia la leadership nordcoreana. 

Per Trump e l’amministrazione Usa, l’accordo sul nucleare coreano non deve essere sulla falsariga di quello iraniano. Gli Stati Uniti chiedono una denuclearizzazione definitiva, verificabile e certa, con ispezioni continue e assolutamente in grado di dimostrare la fine del programma di Pyongyang. Il 5+1 del 2015 impostato dal suo predecessore, Barack Obama, non è un format che piace all’attuale amministrazione. E l’uscita dal nucleare iraniano ne è stata la dimostrazione.

E non è un caso che, durante l’annuncio sull’uscita dall’accordo sul nucleare, Trump abbia citato il viaggio di Mike Pompeo in Corea del Nord. Il collegamento è chiaro. E lo ha dimostrato anche il presidente. La sua amministrazione “mantiene le promesse”. E probabilmente, in questa frase, c’era anche un annuncio diretto a Kim che attendeva l’arrivo del segretario di Stato americano dop aver visto il presidente cinese, Xi Jinping.

E il raid americano in Siria, probabilmente, aveva lo stesso scopo: dimostrare che la minaccia di guerra non rimaneva tale. Damasco non è Pyongyang, ma la situazione è potenzialmente simile. La Corea del Nord è protetta dalla Cina così come la Siria è protetta dalla Russia. Ma questo non ha reso impossibile all’Occidente colpire le basi siriane dopo il presunto e mai verificato attacco chimico di Douma. 

Un messaggio a Putin, Xi e all’Europa

L’annuncio di The Donald ha anche altri due destinatari: Vladimir Putin e Xi Jinping. La linea che ha intrapreso l’amministrazione americana è molto chiara. Il rigore nei confronti dell’Iran dimostra che gli Stati Uniti sono in grado di fare gesti considerati di rottura o in grado di destabilizzare una regione. Questa, per Trump, non è l’epoca del compromesso. E vale per tutte le potenze considerate rivali degli Stati Uniti.

Con le due potenze, i problemi persistono e sono in molti settori del mondo. Con la Cina c’è il problema del Mar Cinese Meridionale, così come la questione nordcoreana. Con la Russia, persiste la questione Ucraina e il confronto con la Nato in Europa orientale, per non parlare della Siria. Insomma, Trump ha voluto far capire che gli Usa non sono più disposti a seguire una linea morbida. E in questo, il sostegno di alleati come Israele e Arabia Saudita è stato fondamentale. Dimostrando, inoltre, che gli Stati Uniti seguono quanto gli viene chiesto dagli alleati regionali.

Ma è un messaggio rivolto anche all’Europa, in particolare riguardo alla questione commerciale, da non sottovalutare. Trump è in rotta di collisione con l’Unione europea sul fronte dei dazi e chiede all’Europa di rivedere la sua politica commerciale. Stessa linea di durezza intrapresa sul fronte della spesa militare in ambito Nato. Stracciare il patto sul nucleare iraniano significa anche dimostrare ai partner europei che, se vogliono, gli Usa sono pronti a rompere gli indugi. 

Ma i messaggi andranno a buon fine?

Ora, che questi messaggi abbiano avuto successo, è tutto da dimostrare. Per molti, ad esempio, la rottura del patto nucleare con l’Iran potrebbe essere foriera di conseguenze negative sull’accordo con la Corea del Nord. Kim Jong-un potrebbe essere poco convinto dalla firma di un trattato vedendo che gli Stati Uniti sono pronti a recedere unilateralmente. Ma potrebbe anche convincersi dalla risolutezza Usa.

Cina e Russia potrebbero aver incassato il colpo, comprendendo che gli Stati Uniti non sono una superpotenza malleabile. Xi Jinping ha incontrato Kim prima del summit del leader coreano con Pompeo probabilmente anche per capire come muoversi con la rottura imminente dell’accordo. E il presidente cinese ha telefonato a Trump chiedendo rassicurazioni sulla sicurezza della Corea del Nord. Mentre Putin, dopo l’ennesimo raid in Siria e con un colpo molto forte al suo partner principale nel conflitto, ha sicuramente subito una prova di forza difficile. Ma queste due potenze potrebbero anche cementare i loro rapporti proprio in virtù dell’inaffidabilità dell’amministrazione americana.

L’Europa, dal canto suo, è un po’ un enigma. I tre Paesi europei firmatari del 5+1 (Regno Unito, Francia e Germania) hanno espresso profondo rammarico. Federica Mogherini ha chiesto di mantenere vivo l’accordo. E Donald Tusk ha detto che l’Europa deve rispondere con voce unitaria e ferma sia alla questione Iran sia a quella dei dazi. Chissà se sarà la paura o l’orgoglio a prevalere.

 

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