La volontà di Donald Trump di spaccare l’asse fra Russia e Germania non è una novità della strategia americana. Gli Stati Uniti vivono da sempre un incubo, quello di vedere Mosca e Berlino unite da un’alleanza economica che consegni di fatto l’Europa a questo blocco eurasiatico. Un incubo per Washington, ma un’idea che da decenni se non anche un secolo, si paventa nelle cancellerie tedesche e russe.

L’Ostopolitik e quell’asse Germania-Russia

I rapporti fra Germania e Russia sono stai spesso incorniciati nel concetto di Ostpolitik, la politica per l’Est. Una dottrina che a molti ricorda il cancelliere Willy Brandt, ma che in realtà risale nel tempo anche in altri ambienti politici e geopolitici che in Germania si sono spesso impegnati a teorizzare una coesistenza pacifica dei due imperi. Ed è appunto questa coesistenza a preoccupare gli Stati Uniti che, quale potenza atlantica, vedono di fronte a loro il rischio di un’esclusione dal continente europeo.

L’obiettivo americano è sempre stato quello di evitare che Mosca ottenesse consenso in Europa a tal punto da diventare una potenza non solo apprezzata ma necessaria. Questo scopo, chiaro già ai tempi dell’Unione sovietica, si è confermata in questi anni attraverso una crescente influenza americana sul fronte orientale europeo. Lì dove la Nato continua a essere considerata la vera alleanza europea, più della stessa Unione di Bruxelles. Ma è una strategia che è sempre stata profondamente stretta a Berlino.

La coesistenza fra i due imperi

La Germania ha da decenni teorizzato la possibilità di essere la potenza europea in grado di dirigere le politiche continentali. E il fatto di aver abbracciato una strategia quasi pacifista, che eviti anche la possibilità di sfidare a livello militare le superpotenze vicine, è un segnale importante. Berlino non vuole impostare la politica di vicinato con la Russia nei termini di una sfida, ma di convivenza.

L’aver evitato, scientificamente, la militarizzazione del Paese, nonostante l’assoluta capacità economica per poterlo fare, è un messaggio cristallino. La creazione di contrasti militari è inutile, perché i campi in cui si orientano le due potenze sono assolutamente compatibili. Per la Germania, la Russia non è un nemico. Una è una potenza economica e commerciale che cerca di imporsi in Europa centrale. L’altra è una superpotenza militare ed energetica che guarda all’Asia e all’Europa con un’eredità geopolitica che le consegna le chiavi della maggior parte delle crisi internazionali. I piani sono molto diversi. E dunque assolutamente capaci di coesistere e di aiutarsi a vicenda. Mentre gli Stati uniti sono competitor sia della Germania che della Russia.

Il gas come simbolo

Il gas, in questo senso, è un elemento chiave per comprendere la partnership fra Germania e Russia. Trump non ha torto quando fa capire che Berlino dipende dal gas russo: è vero. Nel tempo, i governi tedeschi e quelli russi hanno costruito un asse energetico consolidato che rende la Germania un hub del gas russo in Europa. Tuttavia il presidente Usa sa benissimo che non c’è un’idea di vassallaggio dietro questo rapporto. I due Paesi hanno interessi perfettamente convergenti: la Russia vuole vendere gas, la Germania comprarlo. 

Ma nella questione del gas, rappresentato dal North Stream 2, sono perfettamente racchiusi sia l’essenza sia della strategia di Mosca e Berlino, sia tutti gli incubi degli Stati Uniti sul loro peso all’interno del continente europeo. Trump non vuole essere estromesso dal mercato gasiero europeo. Ma non è lui il primo a esserne inquieto. È una preoccupazione che da anni coinvolge la Casa Bianca.

Il problema è che gli Stati Uniti sono perfettamente consapevoli di partire da una posizione di netto svantaggio rispetto alla Russia. Competere con una potenza geograficamente contigua ai Paesi europei per esportare gas è molto complicato. E le stesse aziende americane non sono affatto convinte della necessità di inserirsi nel mercato del Vecchio Continente. La Russia abbatte i prezzi, ha un canale di esportazione diretto e sicuro e il gas naturale liquefatto americano costa anche solo per il trasporto.

Trump sta consegnando l’Europa a Putin?

Ma la strategia di Trump di spaccare l’asse Berlino-Mosca è una strategia vincente? Il rischio è che in realtà ottenga l’esatto opposto. La guerra commerciale iniziata contro l’Unione europea e la richiesta di elevare la spesa militare fino a un possibile tetto del 4% del Pil, potrebbero essere il preludio per un distacco ancora maggiore fra Europa e America. E la Russia non può che ringraziare.

Le alternative in questo caso sono due. O i Paesi europei si orientano verso una maggiore attenzione ai desiderata di Washington per evitare lo scontro e mantenere i legami euro-atlantici, oppure il rischio è che la Russia ottenga maggiore consenso proprio perché si rivela una potenza utile e pragmatica.

L’ambigua politica di Angela Merkel nei confronti di Putin nasce proprio dall’esigenza di mantenere un equilibrio difficile fra interessi con la Russia e fedeltà politica alla Nato. Ma Trump sta cambiando lo scenario politico europeo. E la guerra commerciale alla Germania, riassunta nei dazi, così come gli attacchi frontali a Berlino sulla spesa militare, potrebbero anche ottenere il risultato opposto a quello sperato dalla Casa Bianca, lasciando che la Germania diriga i suoi interessi a Est consolidando l’asse eurasiatico con Mosca.

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