Donald Trump è in piena crisi di finanziamento della sua campagna elettorale per il 2024 e rilancia la polemica contro un arcinemico della sua base, George Soros. In un messaggio inviato via mail ai sostenitori della sua campagna elettorale, il 9 febbraio scorso, l’ex presidente Usa che ambisce a tornare alla Casa Bianca ha denunciato l’osmosi tra “il corrotto miliardario di Sinistra” e i democratici.
“Soros” – tuona Trump nel messaggio – “ha donato nel 2022 oltre 128 milioni di dollari ai Democratici e crede che possa comprare il secondo mandato di Joe Biden“. Ha poi invitato la sua base a alimentare una serie di donazioni dal basso (grassroot) sulla scia di quelle che hanno portato negli anni scorsi Bernie Sanders a alti livelli nella corsa Dem per sfidare gli avversari a Sinistra e permettergli una nuova scalata al Partito Repubblicano.
- Trump in crisi con i donatori Gop
- Trump contro DeSantis, si infiamma la sfida
- Trump perde anche gli Evangelici
I problemi di Trump
Soros è il nemico perfetto per Donald Trump, il miliardario associato al progressismo e alle sue spigolature su cui scaricare i problemi politici effettivi che la candidatura di Trump sta affrontando: la perdita di donatori. Il problema di The Donald non è tanto Soros, ma la terra bruciata che gli sta imponendo attorno lo storico campo di sostenitori nel mondo dell’industria e della finanza a stelle e strisce.

Maga Inc., il comitato politico istituito l’anno scorso e gestito dall’ex assistente della campagna di Trump Taylor Budowich, ha una cassa di 54 milioni di dollari su 81 complessivi a disposizione del magnate. Ma ne serviranno almeno dieci volte tanto per finanziare la campagna presidenziale, e i donatori iniziano a latitare.
Gli esponenti di peso del think-tank anti-tasse Club for Growth hanno segnalato che stavano cercando di radunarsi attorno a un’alternativa a Trump. E al contempo The Donald sta perdendo anche il sostegno dei super-donatori per eccellenza, il gruppo che fa riferimento ai fratelli Koch. Americans for Prosperity, la fondazione dei Koch, vuole contare in un Grand Old Party di potere e non fare lo sparring partner di un trumpismo “di rivolta”.
Tutti i sostenitori di Trump del 2015-2016, primi fra tutti i Koch, hanno individuato correttamente nel miliardario di New York il cavallo vincente per la corsa alle primarie e alla Casa Bianca. Ora invece il timore dei centri di potere conservatori è che Trump possa superare Ron DeSantis, Nikki Haley e tutti gli altri contendenti in una corsa divisa e pregiudicare un’altra elezione presidenziale al Gop.
Le preoccupazioni e le accuse di antisemitismo
Un timore chiaro, nota Politico, “riecheggia nelle interviste con decine di membri del partito repubblicano, donatori, strateghi e leader locali, molti dei quali dicono che è la conversazione che stanno avendo tutti privatamente anche tra di loro – come assicurarsi che Trump non approfitti ancora una volta di un campo diviso e se ne vada con la nomination repubblicana, costando al partito non solo la presidenza, ma la possibilità di riconquistare il Senato e mantenere la Camera”.
C’è la percezione del fatto che se nel 2016 Trump ha usato il Partito Repubblicano come un taxi verso la Casa Bianca, ora si sia talmente radicato al suo interno da essere il potere frenante verso qualsiasi vittoria alle elezioni del 2024.
L’attacco a Soros, in quest’ottica, è chiarificatore di questo approccio. Che rianima la base populista e di estrema destra sfruttando il cliché del miliardario approfittatore. Per di più ebreo, come hanno fatto notare molti critici di Trump. Il Jewish Democratic Council of America ha scritto su Twitter: “Solo perché accusare i donatori ebrei di comprare le elezioni è diventato parte del vocabolario regolare di Donald Trump, non lo rende meno pericoloso ogni volta che lo fa”.
La testata di informazione ebraica americana Forward ha ammonito sui rischi dell’approccio di Trump: “Dipingere un individuo ebreo come burattinaio che manipola gli eventi nazionali per scopi maligni è un espediente comune della narrativa antisemita“. A cui Trump ricorre, forse inconsapevolmente, sulla scia del divisionismo che la sua candidatura più anti-sistema che mai oggi impone. Accusare Soros di voler “distruggere la nostra nazione” posiziona Trump in un eterno 2016, in una fase della storia, quella della rivolta populista, che ormai non esiste più con le caratteristiche del tempo. E a undici mesi dall’inizio delle primarie repubblicane per la Casa Bianca, col caucus in Iowa a gennaio 2024, pone seri problemi sulla fattibilità della sua corsa.