Trump vuole aumentare la presenza militare degli Stati Uniti in tutto l’estremo Oriente e sembra intenzionato a inviare nuovi reparti dei marines mentre valuta l’exit-strategy dal Medio Oriente. La rivelazione arriva dal Wall Street Journal che ha riferito di questa voce che circola ormai insistente nei corridoi del Pentagono e che potrebbe presto tramutarsi in realtà. Il tutto, naturalmente, con l’obiettivo di lanciare un segnale nei confronti della Cina ma anche nella Russia, che possiede la maggior parte del suo territorio nel continente asiatico. “Il dipartimento della Difesa valuta continuamente come impieghiamo le nostre forze in tutto il mondo, ma sarebbe inopportuno discutere di qualsiasi pianificazione in corso”, ha detto il portavoce del Pentagono, Christopher Logan, alla Cnbc. Parole che non smentiscono né confermano la nuova strategia di Casa Bianca e Pentagono.
L’idea del Pentagono divide l’opinione degli analisti. Alcuni sono critici nei confronti del piano e credono che potrebbe aggiungere nuove tensioni con la Cina e la Corea del Nord, giovando essenzialmente sulla carta della paura. Le unità di spedizione dei marine, infatti, sono progettate per essere una forza di reazione rapida con capacità di fare qualsiasi tipo di operazione. E questo può indurre gli altri Stati della regione a considerare l’eventualità di un arrivo di nuove forze Usa come l’avvio di una nuova stagione di tensioni. “Interpreta direttamente le preoccupazioni e le paure della Corea del Nord sul fatto che ci stiamo effettivamente preparando per un attacco”, ha detto il tenente colonnello Daniel Davis, ex consigliere delle forze armate della Corea del Sud e ora un esperto consulente della Difesa.”Un’efficace diplomazia non può aver luogo se si ha un martello sopra la testa del tuo partner negoziale”, ha detto Davis alla Cnbc. Con il rischio che Pechino consideri questo gesto l’ennesimo tentativo da parte di Washington di mettere a repentaglio la politica cinese in un’area che considera parte della sua sfera d’influenza
La possibilità che gli Stati Uniti mandino più marine in Asia orientale arriva quando Joseph Dunford sta visitando la regione dell’Indo-Pacifico per rassicurare gli alleati sull’impegno americano nel dissuadere le minacce provenienti da Corea del Nord e Cina, quest’ultima soprattutto con riferimento al Mar Cinese meridionale. “[Non c’è] un modo più forte per dimostrare il nostro impegno verso i nostri alleati rispetto a quello di essere fisicamente presenti”, ha detto “Fighting Joe” durante una visita in Australia. Per alcuni una scelta che in realtà inciderà poco sotto il profilo strategico, ma che potrebbe essere letta in maniera negativa se fatta durante la “tregua” olimpica in Corea e mentre Kim non svolge alcun tipo di test che possa essere considerato un pericolo per la stabilità regionale. In questo momento gli Stati Uniti si ritrovano con una forza estremamente importante nel fronte del Pacifico.
L’attuale amministrazione sta mettendo pressione sulla Cina costruendo un’alleanza indo-pacifica che circondi il continente asiatico, contrapponendo un’alleanza marittima all’espansionismo continentale cinese. India, Australia e Giappone sono in prima linea nella contrapposizione a Pechino con la Corea del Sud che, invece, tenta un graduale riavvicinamento al dragone. La scelta di aumentare i militari in Estremo Oriente sposando dal fronte mediorientale potrebbe essere l’inizio di una nuova fase strategica degli Stati Unti. Lì, nel Pacifico, la strategia americana si trova un avversario estremamente importante come la Cina, ma anche un’altra superpotenza che, negli ultimi anni, ha scelto di riprendere il controllo della sua parte orientale: la Russia. La National Security Strategy di Donald Trump l’ha già messo nero su bianco, considerando quella parte del mondo come principale punto di frizione con la Cina e come area in cui passerà buona parte del destino dei rapporti fra le due superpotenze (forse tre) che si contendono il Pacifico.