Sfruttare le rivalità incrociate di Cina, Russia e Stati Uniti, approfittare della propria posizione geografica, sventolare di fronte al mondo intero il successo ottenuto nella lotta contro il Covid e, last but not least, puntare su un’economia in crescita. Sono questi gli ingredienti della ricetta che il Vietnam sta utilizzando per ritagliarsi il suo spazio nel mondo post Covid.
Già, perché dopo la pandemia, l’ordine globale che eravamo abituati a conoscere è crollato. Al tempo stesso si sono create interessanti praterie da conquistare. D’altronde le superpotenze sono impegnate a leccarsi le ferite – la Cina è terrorizzata per l’arrivo di una possibile nuova ondata, magari importata dall’estero, mentre gli Stati Uniti contano ancora decine e decine di nuovi contagiati al giorno – quindi, per i più “piccoli”, questa è l’occasione giusta per disegnarsi un nuovo futuro.
Hanoi lo ha capito al volo, ed è ormai pronta a smarcarsi da Pechino. Sia chiaro: i rapporti sino-vietnamiti sono sempre stati particolari, un saliscendi di amore e odio reciproco. Eppure, fin qui, nessuno dei due poteva fare a meno dell’altro; la Cina per via della Belt and Road, il Vietnam per gli investimenti cinesi nel proprio territorio. Oggi la situazione è cambiata e, molto presto lo scenario potrebbe mutare ulteriormente.
Questione di pil
Nel recente passato il Vietnam è stato più volte teatro di competizione geopolitica tra le varie superpotenze del pianeta. All’epoca, però, il governo vietnamita era ancora una nazione poverissima o quasi. Adesso, secondo alcuni analisti, il prodotto interno lordo vietnamita potrebbe aumentare così tanto che Hanoi, nel 2050, ha buone chance di schizzare al ventesimo posto nella classifica globale dei Paesi con il Pil più grande.
Basta dare un’occhiata alle ultime statistiche. Nel 2017 il pil del Vietnam, stimato in circa 223 miliardi di dollari, è aumentato del 6,8%, cioè lo 0,1% in più rispetto al traguardo fissato dal governo. Nel 2018 ci si aspettava che il suo pil crescesse di una percentuale compresa tra il 6,5% e il 6,7%. Ebbene, solo nei primi tre mesi dell’anno, la crescita ha sfiorato il 7,1%.
Secondo le stime della Banca Asiatica dello Sviluppo (ADB), anche nell’anno nerissimo della pandemia, il Vietnam chiuderà in positivo, con una crescita del pil pari al 4,8%. Certo, il Covid ha fatto aumentare l’inflazione e le difficoltà interne, come in tutto il resto del mondo, non mancano. Ma è pur vero che Hanoi dovrebbe ripartire a vele spiegate a partire dal 2021, con una crescita del pil pari al 6,8%.
Due sono i punti chiave che hanno consentito al piccolo Paese asiatico di prosperare nel silenzio generale: la guerra dei dazi, che ha spinto moltissime multinazionali ad abbandonare la Cina per trasferirsi in Vietnam, così da tagliare costi ed evitare le tariffe, e la corsa alla quarta rivoluzione industriale. Hanoi, infatti, è stato tra i primi a commercializzare servizi 5G nelle telecomunicazioni globali.
Interessi incrociati
Paradossalmente, il “miracolo” del Vietnam è stato reso possibile anche e soprattutto dalla Cina. Senza gli investimenti cinesi nella nazione vietnamita, Hanoi non avrebbe avuto quello slancio che ora le consente di camminare con le proprie gambe. Se da una parte è vero che le relazioni commerciali con Pechino continuano a crescere, dall’altra cresce anche la percezione, da parte dei vietnamiti, che il Dragone possa in qualche modo minacciare la sovranità nazionale.
In un perfetto gioco d’equilibrio, per evitare che le ambizioni cinesi superino certi limiti, il Vietnam ha imparato a gestire al meglio il rapporto instaurato con gli Stati Uniti. Washington è infatti diventato un partner strategico fondamentale di Hanoi, in grado, con la sua presenza ingombrante, di addomesticare la Cina. Il fatto è che il governo vietnamita non ha intenzione né di vivere all’ombra di Pechino né di allearsi apertamente con gli americani.
È qui che entra in gioco la Russia, che, a differenza di quanto non si possa pensare, da queste parti continua a mantenere un discreto appeal. In altre parole, se il Vietnam vuole continuare a crescere dovrà essere in grado di approfittare delle tensioni in atto tra Cina, Stati Uniti e Russia. Solo così potrà prender vita una nuova Tigre asiatica.