Sono passati due anni e mezzo da quando è iniziato lo scontro, molto forte sul piano politico, tra Arabia Saudita e Qatar. Era infatti il giugno del 2017 quando, (quasi) a sorpresa, da Riad è arrivato l’ordine di isolare Doha sotto il profilo sia diplomatico che economico. Una decisione, quella presa dai sauditi, che in teoria doveva porre il regno wahabita come capofila di una “Nato araba” in grado di contrastare direttamente ed indirettamente l’Iran. Il Qatar era accusato di sostegno al terrorismo, ma soprattutto era ritenuto non così distante da Teheran per come invece auspicato e desiderato dai sauditi. Da qui le sanzioni contro il piccolo emirato. Ma oggi forse è tempo di disgelo: emissari qatarioti hanno incontrato in queste settimane alcuni politici e funzionari sauditi a Riad, in mezzo c’è la mediazione di Abu Dhabi e la consapevolezza che questa guerra fredda interna alla penisola arabica non sta avvantaggiando nessuno.
Cosa è cambiato negli ultimi due anni
Quando da Riad hanno optato per la linea dura contro il Qatar tutti gli scenari apparivano favorevoli al regno dei Saud. Pochi giorni prima infatti il presidente Usa Donald Trump ha scelto proprio la capitale saudita per il suo primo viaggio all’estero da capo dello Stato. In quell’occasione il nuovo inquilino della Casa Bianca ha fatto ben intuire come la linea americana fosse assolutamente vicina a quella saudita. E questo per tante ragioni: in primo luogo perché Trump in medio oriente si è subito schierato dalla parte israeliana, promettendo quindi pugno di ferro contro l’Iran che, come ben si sa, è anche primo nemico dei sauditi. Da considerare anche l’amicizia personale tra il genero di Trump, Jared Kushner, ed il rampollo di casa Saud, Mohammad Bin Salman. Quest’ultimo era nel pieno della sua scalata ai vertici della famiglia e del regno, di lì a breve sarebbe diventato ufficialmente principe ereditario ed ufficiosamente reggente dell’anziano padre.
Ed Mbs prometteva, tra le altre cose, tante riforme sociali ed economiche per rilanciare l’immagine del suo paese all’estero. Un momento di grandi ed ulteriori avvicinamenti tra Riad e Washington, sigillato dalla fornitura di armi da parte americana ai sauditi dal valore di oltre 140 miliardi di Dollari. Per questo i sauditi hanno ritenuto che fosse quella l’occasione di lanciare la sfida al Qatar e porsi alla testa di una Nato araba in grado di dettare la linea politica dell’intera regione. A Doha sono state chieste 13 condizioni per togliere l’embargo e la chiusura di ogni rapporto diplomatico. Tra queste, quella di non finanziare i Fratelli Musulmani, chiudere la tv satellitare Al Jazeera ed interrompere ogni rapporto con l’Iran. Oltre che dall’Arabia Saudita, l’embargo è stato applicato anche da Emirati Arabi Uniti, Egitto e Bahrein.
Ma le cose sono poi andate diversamente rispetto a come Mohamed Bin Salman immaginava nel 2017. In primis, il Qatar non è stato del tutto abbandonato dagli Usa, che lì hanno il comando militare centrale del golfo. Doha inoltre, ha ricevuto sostegno da Russia ed Iran, oltre che ovviamente dal principale alleato nella regione, ossia la Turchia. Anche Ankara infatti ha nel piccolo emirato una propria base. Dunque il Qatar ha potuto resistere e contrattaccare alle mosse dei Saud. Inoltre, l’Arabia Saudita ha dovuto fare i conti con diverse situazioni che hanno minato dalla base quel clima di ottimismo che si respirava due anni fa. Mbs ha dovuto infatti affrontare situazioni di contrasto interne, generate soprattutto dai risultati di Riad nello Yemen, guerra attivata dai Saud nel 2015 e che sta rappresentando un’autentica disfatta. Nei mesi scorsi poi, l’Arabia Saudita ha subito anche attacchi mirati al cuore della sua industria petrolifera, che hanno mostrati ai partner regionali ed agli altri attori internazionali la propria vulnerabilità. Dunque, per Riad è arrivato il momento di distendere le tensioni a partire da quelle generate dall’embargo contro il Qatar.
I contatti tra Riad e Doha
La guerra fredda interna alla penisola arabica ha generato nei mesi scorsi anche situazioni paradossali. Ad esempio a gennaio, in occasione della Coppa d’Asia ospitata negli Emirati Arabi Uniti, i giornalisti provenienti dal Qatar per raggiungere un paese normalmente vicino appena uno o due ore di aereo hanno dovuto fare più scali con l’aereo per la chiusura delle rotte commerciali con Doha. Se dunque, come fatto trapelare dal Wall Street Journal e dalla Reuters nei giorni scorsi, il ministro degli esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, si è recato a Riad vuol dire che qualcosa si sta muovendo.
Contatti vengono confermati anche da ambienti diplomatici vicini agli Emirati Arabi Uniti, primi sostenitori della necessità di una ricucitura in seno al Consiglio di Cooperazione del Golfo. Difficile sapere a che punto sono le trattative e quando si potrà parlare di fine definitiva del gelo tra Riad e Doha, ma è già importante avere conferme di primi contatti tra le parti. In una regione turbolenta come quella mediorientale, ogni piccolo passo potrebbe rivelarsi decisivo.