Il Partito Repubblicano non perde le elezioni di Midterm ma non può nemmeno cantare vittoria. Con sondaggi a picco, l’inflazione in volo e un gradimento ai minimi per un presidente al secondo anno di mandato Joe Biden appare destinato a reggere meglio di George W. Bush nel suo secondo mandato, del suo “superiore” Barack Obama di cui era vicepresidente e di Donald Trump nelle Midterm che si sono succedute nell’ultimo ventennio. E anche se probabilmente la Camera dei Rappresentanti diverrà a controllo rosso repubblicano, la perdita di seggi sarà la minore dalle prime Midterm di Bush junior nel 2002.

Il Grand Old Party non manca però di elementi che permettono di sorridere. Due Stati hanno tenuto tenacemente: Texas e Florida. Nello Stato della Stella Solitaria Greg Abbott ha demolito ogni residua prospettiva del sogno democratico del Turning Texas Blue, battendo l’eterna promessa Beto O’Rourke nella corsa alla rielezione da governatore. Nel Sunshine State Ron DeSantis si è confermato il Luca Zaia d’oltre Atlantico: un leader di un partito di destra capace di conquistare consensi trasversali in tutto l’elettorato, di sfondare nelle categorie tradizionalmente lontane dai Repubblicani, di “convertire” alla via dell’Elefantino categorie storicamente incerte come i cattolici e i latini. DeSantis vince a valanga la corsa alla rielezione e, cosa più impressionante, i Repubblicani dilagano alla Camera difendendo, inoltre, il seggio al Senato di Marco Rubio. Una “mini-onda” nel quadro di uno tsunami repubblicano che non si è verificato.

C’è un’America conservatrice che si pone come modello di sviluppo politico e sfata la narrazione Dem che vede i conservatori intenti a trincerarsi su battaglie di retroguardia, dall’aborto alle armi, e soprattutto a presidiare lo zoccolo duro elettorale della classe media bianca. Principale critica del duro impatto tra l’America e la globalizzazione, categoria più impoverita nel quadro della crisi dell’ultimo decennio, bersaglio della guerra invisibile degli oppioidi e a cui la visione repubblicana dà indubbiamente un senso di minore spaesamento. Ma Abbott e DeSantis insegnano che c’è anche un Partito Repubblicano complementare a tutto ciò: un Grand Old Party capace di creare un modello di investimento moderno e di successo nel Texas conservatore e di spingere sul rafforzamento dell’autorità pubblica in Florida. Un Partito Repubblicano sviluppista e identitario senza essere necessariamente elitista. Ciò che è mancato, come ha ricordato Francesca Salvatore, è la chiarezza sul programma a livello nazionale. Abbott e DeSantis hanno risposto sul campo a queste carenze.

Il Texas, California conservatrice

Abbott, iper-conservatore sull’aborto, che ha messo al bando subito dopo l’abolizione della sentenza Roe vs Wade da parte della Corte Suprema, e favorevole alla libera circolazione delle armi, è un governatore apprezzato e stimato dai texani. A suo favore un ruolino di marcia impressionante sul fronte economico: il Texas, puntando su incentivi fiscali ad hoc per le imprese e su una politica pro-business, sta diventando la risposta conservatrice alla California.

Negli ultimi mesi Caterpillar, il gigante dei macchinari, ha chiuso il suo quartier generale da Deerfield, Illinois, per trasferirsi a Dallas e il colosso petrolifero Chevron ha dichiarato la sua intenzione di agire ridimensionando la sua sede centrale in California ed espandendo la sua presenza a Houston. I due big hanno scelto di seguire numerosi giganti dell’economia Usa che si sono trasferiti nello Stato negli ultimi anni, tra cui Tesla, Oracle e Hewlett-Packard. Nella piccola città di Taylor è inoltre in corso la grande manovra di investimento di Samsung in uno strategico impianto di produzione di microchip.

Come riporta il Financial Times, “l’afflusso di aziende ha accelerato durante la pandemia di coronavirus, ha aiutato l’economia del Texas a riprendersi dal tracollo economico del 2020 più velocemente della maggior parte dei grandi stati”. I dati della Fed di Dallas “mostrano una crescita dell’occupazione nello stato superiore al 5% nella prima metà di quest’anno, superando la crescita del 4% nell’economia statunitense in generale”. L’indice della Fed dei principali indicatori economici per lo stato – tra cui la crescita dell’occupazione, l’attività manifatturiera e i livelli di estrazione nei vasti giacimenti di petrolio e gas dello stato – è “livello più alto da quando ha iniziato a monitorare i dati nel 1980”.

Secondo la Tax Foundation, gli oneri fiscali statali e locali dei texani sono tra i più bassi della nazione, al settimo posto tra i più ridotti sui 50 Stati Usa. Il Texas è di fatto un “paradiso” fiscale con tasse statali e locali che ogni anno sottraggono pro capite solo 3.580 dollari ai cittadini dello Stato, l’8,7% dei redditi residenti

Austin, la capitale dello Stato, ironia della sorte una roccaforte progressista, sta beneficiando della bassa tassazione e del clima pro-impresa che si respira nello Stato. Risulta la città più in crescita d’America e attira emigrazione interna da tutto il Paese, facendo venire nel suo territorio in larga parte professionisti di alto spessore, come dimostrato dalla crescita dei redditi e dei costi degli immobili. Da maggio 2021 a maggio 2022, il prezzo medio per casa di Austin è salito del 17,74% a 667mila dollari.

Il combinato disposto tra ricchezza di risorse, opportunità economiche, spirito libertario e animo conservatore fa del Texas un laboratorio che Abbott propone anche ai cittadini delle minoranze e che vuole proporre una via conservatrice allo sviluppo. Il Texas come ultima frontiera del “sogno americano” ritenuto tramontato altrove.

Florida, la nuova roccaforte conservatrice

“DeFuture”, titola il New York Post, mentre Mary Ellen Klas sul Miami Herald sottolinea come “la vittoria del governatore della Florida DeSantis gli assicura lo status di star. Prossimo passo: quando candidarsi alla presidenza”. La Florida, ex Swing state, è ora una roccaforte del partito repubblicano grazie alla straripante vittoria di Ron DeSantis e alla riconferma di Marco Rubio al Senato. I consensi per il Gop sono cresciuti in tutte le contee rispetto al 2018, anche in quelle tradizionalmente dem. I risultati parlano chiaro: in tutto lo stato, i repubblicani hanno vinto abbastanza seggi per dare loro una supermaggioranza di due terzi alla State House e al Senato della Florida, secondo il Miami Herald; inoltre, tutti e nove i candidati repubblicani in corsa nelle elezioni legislative dello stato dell’area di Miami hanno vinto.

La performance di Ron DeSantis è talmente esaltante per il repubblicani della Florida che ha infranto il record di Jeb Bush come la migliore vittoria per un governatore del Gop nella storia moderna. Il governatore, appena rieletto, ha vinto anche in contee come Miami-Dade, Osceola e Palm Beach che avevano sostenuto i democratici negli ultimi anni: lo sfidante candidato democratico Charlie Crist ha vinto solo in 5 contee su 67. “Abbiamo riscritto la mappa politica” ha detto DeSantis. Così è: la Florida non è più uno stato in bilico ma è colorato di rosso, rosso conservatore. Christian Ziegler, vicepresidente del partito Repubblicano della Florida, spiega a Politico che “quello che hai visto stasera è che la Florida si è ufficialmente trasferita da uno stato conteso a uno stato conservatore. Questo è quello che abbiamo visto stasera. È stata una grande vittoria”.

Per i dem, l’unico nota positiva arriva dall’elezione del giovanissimo Maxwell Alejandro Frost nel decimo distretto. Il partito non ha mai creduto alla possibilità di insidiare la riconferma di DeSantis: Manny Diaz, presidente del partito Democratico dello stato, ha sottolineato che i gruppi democratici nazionali avevano speso solo 1,35 milioni di dollari in Florida durante le elezioni di midterm rispetto ai quasi 59 milioni di dollari del 2018. Un abisso.

Covid e agenda anti-woke, così ha vinto DeSantis

Il fulcro dell’agenda marcatamente conservatrice di Ron DeSantis è tutto nel suo discorso pronunciato dopo la vittoria sullo sfidante dem, l’ex governatore Charlie Christ. “Abbiamo rispettato le promesse, agito in base al principio legge e ordine, protetto i diritti dei genitori a scuola, respinto l’ideologia woke, ha spiegato, assicurando che “la libertà è qui restare”. “Abbiamo riscritto la mappa politica”, ha aggiunto, affiancato dalla moglie e da tutta la famiglia. Come già spiegato su InsideOver, entrato in carica nel 2019, l’esponente repubblicano ha ricevuto l’attenzione mediatica del mondo intero quando, in netta controtendenza, ha intrapreso una linea “soft” nei confronti della pandemia da Covid-19, revocando anzitempo le restrizioni rispetto ad altri governatori (pur implementando le misure per proteggere gli anziani). Sebbene molti commentatori – soprattutto della sinistra liberal – avessero previsto conseguenze catastrofiche a causa delle sue scelte, così non è andata: la mortalità della Florida in fatto di Covid rientra nella media nazionale e l’economia dello stato è stata salvaguardata dalle aperture decise da DeSantis. Il che lo ha reso forse il leader conservatore più amato.

La sua agenda conservative, dal punto di vista politico, si è manifestata attraverso la legge chiamata dagli avversari liberal “Don’t Say Gay”, che limita fortemente la discussione sull’orientamento sessuale e l’identità di genere nelle scuole pubbliche. Una legge che potremmo definire “anti-woke”. Liberismo economico e conservatorismo culturale sono infatti il mix vincente che ha permesso a Ron DeSantis di riscrivere la storia dello dell’ex Swing state, ora trampolino di lancio per una sua probabile candidatura alla presidenza. E se è vero che chi vince in Florida solitamente vince le elezioni, il 44enne di origini italiane è sulla buona strada per assicurarsi un futuro radioso, magari alla Casa Bianca.

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