L’Artico è tornato prepotentemente al centro della scena quando, lo scorso 2 ottobre, si è iniziato a sospettare di un possibile test missilistico effettuato dalla Russia nel suo remoto enclave di Pankovo. I segnali di un pericolo già in corso, o al massimo imminente, sono stati riportati dai media statunitensi, secondo cui Mosca avrebbe testato di recente – o sarebbe pronta a farlo prestissimo – un missile da crociera sperimentale a propulsione nucleare dotato di una portata di migliaia di chilometri (stimata in 14mila miglia).

La minaccia in questione coinciderebbe con il Burevestnik o SSC-X-9 Skyfall, sfoggiato già nel 2017 e 2018. In quelle occasioni, i satelliti avevano registrato gli stessi movimenti di aerei e veicoli rilevati adesso all’interno e nei pressi della struttura russa dell’Artico di Pankovo. Come detto, non sappiamo se il Cremlino abbia intenzione di testarlo nuovamente o se abbia già effettuato test. Certo è che il missile in questione, in grado di trasportare una testata convenzionale ma anche un carico nucleare, è un’ arma di secondo attacco, destinata cioè ad essere lanciata dopo un’ondata nemica di attacchi nucleari.

La natura altamente segreta dell’iniziativa missilistica Burevestnik, e la posizione di lancio remota, accendono i riflettori sull’Artico. Dove Vladimir Putin, ricordiamolo, può contare sulla cooperazione della Cina.

La sponda cinese nell’Artico

Nei giorni durante i quali i satelliti immortalavano strani movimenti russi nell’Artico, i diplomatici di Mosca e Pechino stavano cercando di capire come rafforzare la realizzazione di progetti congiunti russo-cinesi nella regione. 

L’ambasciatore artico del Cremlino, Nikolay Korchunov, e il rappresentante speciale cinese per gli affari artici, Gao Feng, hanno affrontato temi centrali, cari ad entrambe le parti, come quelli relativi ad energia, scienza, trasporti e infrastrutture. “Si è svolto uno scambio di opinioni costruttivo e sostanziale sui vari approcci per un’ulteriore interazione nell’Artico in nuove condizioni geopolitiche – nello spirito di un partenariato strategico globale”, scriveva a settembre il ministero degli Esteri russo. Nessun accenno, ovviamente, a veri o presunti test missilistici e armi.

Il dinamismo di Mosca, tuttavia, deve essere inquadrato all’interno del nuovo rapporto di forza sino-russo. Se, da un lato, Putin ha bisogno dell’appoggio del leader cinese Xi Jinping, dall’altro lato il Cremlino rischia di veder dissolto il proprio ruolo nella regione a discapito del Dragone. L’obiettivo della Cina di diventare un attore importante nell’Artico, non a caso, è sempre stato osteggiato dalla Russia, che ha sempre protetto il suo ruolo dominante nell’area. Ora, insieme al ghiaccio che ricopre il polo nord terrestre, anche la resistenza russa all’aumento dell’influenza cinese sta cominciando a sciogliersi.

Tra cooperazione e rivalità

Come ha spiegato il Wall Street Journal, di fronte alle conseguenze economiche e politiche della guerra in Ucraina, la Russia ha chiesto aiuto alla Cina per lo sviluppo dell’Artico. La ritrovata cooperazione tra Mosca e Pechino appare subito evidente nell’aumento delle spedizioni di greggio attraverso la rotta del Mare del Nord, che attraversa l’Artico dalla Russia nord occidentale fino allo Stretto di Bering.

Non solo: la Federazione Russa si è unita alla Cina nelle esercitazioni navali e negli accordi di sicurezza marittima nell’estremo nord, e si è rivolta a lei per ricevere aiuto in tecnologie come i dati satellitari per monitorare le condizioni del ghiaccio.

Per la stessa Cina, che nel 2018 si è dichiarata una nazione “vicina all’Artico” nonostante si trovi a più di 900 miglia dal Circolo Polare Artico, la nuova accoglienza russa ha offerto l’opportunità a lungo cercata di incunearsi in questa zona strategica. Il gigante asiatico ha quindi voluto espandere il proprio ruolo nell’Artico per aumentare l’accesso alle rotte marittime, alle risorse naturali, al dossier sul clima e ad altre opportunità di ricerca scientifica, oltre che per espandere il proprio peso militare e strategico.

Negli anni passati, Xi aveva persino proposto una “Via della Seta Polare” come componente della più ampia iniziativa infrastrutturale della Belt and Road, e cioè un’iniziativa polare che sfrutterebbe le distanze più brevi per spedire merci attraverso l’Artico, evitando i punti di strozzatura nel Canale di Suez e nello Stretto di Malacca.

E pensare che i rapporti tra i due partner non sono sempre stati così. Nel 2020, ad esempio, nonostante i legami tra Pechino e Mosca fossero ai massimi livelli dagli ultimi decenni, le autorità russe avevano arrestato un esperto locale con l’accusa di fornire informazioni alla Cina. Adesso la situazione è molto diversa. Con la storica presenza russa in loco e le tecnologie cinesi, Putin e Xi sono pronti a blindare la regione. 

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