Il 30 dicembre, il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha tenuto un colloquio telefonico col suo omologo statunitense, Joe Biden. Al centro della telefonata durata circa 50 minuti e cominciata alle 21:30 (ora italiana), la crisi ucraina.

I due leader si erano già sentiti il 7 dicembre, in videoconferenza di due ore, per affrontare la questione: i presidenti in quella occasione avevano affermato di voler proseguire con il dialogo tra Mosca e Washington sull’Ucraina in stretto coordinamento con alleati e partner. Biden aveva ribadito il suo sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale di Kiev e ha chiesto la riduzione dell’escalation ritornando alla diplomazia. I leader avevano anche discusso contestualmente del dialogo Usa-Russia sulla stabilità strategica, della necessità di aprire un canale di dialogo separato sulle questioni legate alla cybersecurity e discusso dell’ipotesi di lavoro congiunto su tematiche regionali come l’Iran. Da parte russa, Putin ha chiesto alla controparte precise garanzie volte ad escludere l’allargamento della Nato a est e il dispiegamento di sistemi di attacco offensivi nei Paesi vicini.

Cosa si sono detti i due leader?

Nel corso della seconda telefonata la Casa Bianca ha esortato il Cremlino a ridurre le tensioni con l’Ucraina. Ha chiarito che gli Stati Uniti e i suoi alleati e partner risponderanno in modo deciso se la Russia invaderà ulteriormente il Paese e Biden ha anche espresso il suo sostegno all’utilizzo della diplomazia tramite i colloqui bilaterali del prossimo anno con la Nato e con l’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa). Il presidente statunitense ha ribadito che progressi sostanziali in questi dialoghi possono verificarsi solo in un’atmosfera di de-escalation. La Casa Bianca ci informa che “il tono del colloquio tra i due presidenti è stato serio e sostanziale. Ognuno di loro ha inquadrato le proprie posizioni come hanno fatto nelle chiamate precedenti e anche come hanno fatto pubblicamente”.

Biden ha tracciato due percorsi, due aspetti dell’approccio degli Stati Uniti, che dipenderanno dalle azioni della Russia nel periodo a venire. Uno è un percorso di diplomazia che porta verso una de-escalation, e l’altro è un percorso più incentrato sulla deterrenza, inclusi gravi costi e le conseguenze che ci saranno se la Russia dovesse scegliere di procedere con un’azione militare in Ucraina. Washington afferma che i costi saranno economici ma riguarderanno anche aggiustamenti delle posizioni e aumenti delle forze della Nato nei paesi alleati, oltre a includere assistenza aggiuntiva a Kiev per consentirle di difendersi ulteriormente.

Il presidente Biden è stato molto chiaro sul fatto che gli Stati Uniti agiranno in base al principio “niente su di te senza di te”: nessuna conversazione su questioni che interessano in ultima analisi i partner e alleati degli Usa senza la loro piena consultazione e partecipazione.

Entrambi i leader hanno riconosciuto che ci sono state tematiche in cui avrebbero potuto compiere progressi significativi e altre in cui eventuali accordi potrebbero essere impossibili. Dal comunicato stampa del Cremlino apprendiamo che il presidente Putin ha ribadito la necessità, per la Russia, di avere “solide garanzie legali che escludano l’avanzata della Nato verso est e il dispiegamento di sistemi d’arma minacciosi nelle immediate vicinanze dei confini russi. È stato sottolineato che la sicurezza di ogni Paese può essere assicurata solo sulla base della stretta aderenza al principio dell’indivisibilità della sicurezza”.

Sempre Mosca riferisce che i due leader hanno convenuto sulla responsabilità speciale della Russia e degli Stati Uniti nel garantire la stabilità in Europa e nel mondo nel suo insieme. Putin ha poi dato una risposta esauriente all’opzione statunitense di adottare sanzioni “su larga scala” contro la Russia in caso di escalation in Ucraina, in particolare è stato detto che questo sarebbe “un grave errore” che porterebbe alla completa rottura delle relazioni russo-americane.

Segnali contrastanti all’ombra della guerra nucleare

Un segnale positivo però c’è stato: il presidente Usa ha riferito al suo omologo russo che gli Stati Uniti non intendono schierare armamenti offensivi in Ucraina, se pur occorre precisare che anche il sistema antimissili balistici Aegis Ashore dispiegato in Romania (e presto anche in Polonia) venga classificato come sistema difensivo, mentre per Mosca, grazie alla sua capacità di essere riconvertito in sistema di lancio per missili da crociera – sfrutta infatti il medesimo Vls (Vertical Launch System) tipo Mk 41 utilizzato dalla Us Navy – questo rappresenti un sistema offensivo.

Al di là dei convenevoli diplomatici, dalla conversazione tra i due leader traspare, oltre alla tensione, un sostanziale arroccamento sulle proprie posizioni con pochi o nulli spiragli di dialogo.

Quello che, invece, ha destato preoccupazione è stato il riferimento del presidente Usa al ricorso alle armi nucleari. Biden ha infatti sottolineato più volte che una guerra atomica non può essere iniziata, come riporta la Tass citando l’assistente del Cremlino Yury Ushakov. “È molto importante che il presidente Biden abbia sottolineato più volte durante la conversazione che una guerra nucleare non può essere iniziata e nemmeno vinta. Gli americani procedono da questo pur comprendendo che gli Stati Uniti e la Russia hanno il più grande potenziale nucleare del mondo” ha detto Ushakov.

È forse la prima volta dalla Guerra Fredda che uno dei leader di Stati Uniti e Russia parla della possibilità di un conflitto atomico durante un colloquio bilaterale: sebbene si sia affermato che un’eventualità di questo tipo non può essere considerata, significa comunque che il suo pericolo, al Pentagono e alla Casa Bianca – così come al Cremlino – è stato debitamente considerato. I due Paesi, che sono tornati prepotentemente a gestire il destino dell’Europa, possiedono il più vasto arsenale atomico al mondo: in totale la Russia ne ha 6257, di cui 1600 dispiegate, mentre gli Stati Uniti 5600 con 1650 dispiegate.

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