Mentre si discute animatamente su quale sia l’intervento militare più opportuno per la Libia, su quanto la nostra Costituzione permetta di muovere guerra all’Isis prima di essere attaccati, gli uomini dei Reparti Speciali stanno affilando i coltelli e lucidando le armi.Gli incursori italiani sono uomini d’azione, che lasciano le parole dietro le porte, nelle camere del potere, le disquisizioni politiche non servono. Se l’ordine è partire, loro, partono a testa bassa verso il nemico. Se il Ministro Gentiloni, nell’udienza alle camere di qualche giorno fa, ha dichiarato che l’Italia non interverrà massicciamente in Libia senza i dovuto accorgimenti diplomatici, si fa sempre più probabile una strategia per operazioni tattiche di precisione.I Reparti Speciali delle Forze Armate servono proprio a questo, ad ingaggiare la minaccia senza essere visti in modo spietato evitando che il nemico possa avere il tempo di reagire. Uno stile questo che l’opinione pubblica nazionale non ha mai avuto piacere di conoscere ma che in pratica è uno dei punti cardine della politica estera perseguita con altri mezzi. Qualcosa, in attesa di una condizione politica consolidata, contro il Califfato si deve fare ed essendo sfumata missione sul breve periodo, si sono rese necessarie azioni mirate ma molto discrete.Una dei primissimi insegnamenti che si imparano ai corsi di tattica è che la componente uomo rimane sempre la scelta vincente, forse più dispendiosa, forse meno popolare ma sicuramente efficace. I droni e così anche le tecnologie satellitari sono artifizi sterili, le decisioni che ne derivano sono asettiche.Guardando uno schermo non si può davvero comprendere fino in fondo la complessità di uno scenario, senza parlare dell’implemento di colpire quelli che sono definiti danni collaterali. L’uomo, in qualità di operatore, interviene materialmente sul terreno si assume il compito di verificare le informazioni ed acquisirne nuove, ingaggia direttamente la minaccia, possibilmente eliminandola, il tutto agendo della più assoluta riservatezza.L’Italia, che da sempre punta quasi tutta l’efficienza dei suoi Reparti Speciali sulla formazione e l’addestramento dei suoi uomini, non intende eliminare i target dello Stato Islamico per annientare l’organizzazione terroristica ma solo per arginarne l’avanzata verso la mezzaluna petrolifera e nuovi sbocchi sul mare. Chi avrà questo delicato compito? Difficile dirlo con certezza ma una ipotesi piuttosto fondata sono i “fantasmi” della Task Force 45.Questi soldati di cui si ignora praticamente tutto, dal numero reale fino ai compiti assegnati, sono uomini che ufficialmente non esistono, incaricati di missioni combat cioè in zona non permissive con alto tasso di ostilità. Difficilmente delle loro operazioni altamente segretate si saprà mai qualcosa, la riservatezza è uno dei punti chiave per la riuscita delle loro missioni. Le famiglie dei diretti interessati sono tenute all’oscuro del vero lavoro dei loro congiunti.Questi soldati fantasma, sono attentamente selezioni tra gli elementi migliori dei reparti speciali di ogni forza armata dello Stato, creando gruppi di lavoro proiettabili in ogni teatro operativo con la massima efficienza esprimibile.Fino a poco tempo fa non si conosceva l’esistenza di questa unità che alla fine si muove silenziosa per risparmiarci le immagini di guerra cruenta che nessuno di noi vuole davvero vedere.I risultati di questa strategia mirata,che l’Italia vorrebbe percorrere, li abbiamo già visti in anteprima nel 2008 quando la massiccia campagna americana a Falluja, volta a decapitare il vertice decisionale di Al Qaeda, ebbe un successo notevole. All’epoca Al Qaeda fu seriamente indebolita e le azioni di terra diedero il colpo di grazia all’efficienza dell’organizzazione.Lo Stato Islamico, a differenza di molte potenze occidentali, ha fatto i compiti a casa e si è reso conto che l’eliminazione selettiva poteva davvero essere una spina nel fianco piuttosto pericolosa. L’Isis si è così evoluto e ha strutturato la sua catena di comando in modo tale che vi sia sempre qualcuno in grado di ricoprire nell’arco di 24 ore la carica del target eliminato.Come si è già detto, questa decapitazione dei vertici con lo Stato Islamico difficilmente potrà funzionare per fermare davvero la sua crescita che ormai in Libia sembra vertiginosa. Tuttavia, è bene ricordare che l’eliminazione di target mirati, congiuntamente ad operazioni condotti con i droni e il supporto della popolazione locale potrebbe fermare l’avanzata dell’IS nel Paese portando ad una battuta d’arresto sonora.L’Italia e i suoi vertici militari non saranno così disposti a ricercare una soluzione alternativa ad una missione militare in terra libica che nessuno vuole davvero.
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