Dagli arresti domiciliari alla cella di un carcere del Sudan: l’ex presidente Omar Al Bashir, ad una settimana dal golpe che lo detronizza dopo trent’anni ininterrotti di presidenza del paese africano, in questa giornata di mercoledì vede aggravarsi la sua posizione. Dopo il colpo di Stato attuato dall’esercito, Bashir viene trasferito in una delle residenze presidenziali per quello che sembra più un forzato pensionamento che una vera e propria detenzione. Ma da adesso invece non è più così.

L’aggravamento della situazione

Apparentemente non sembrano esserci stati nuovi motivi che spingono i nuovi vertici del Sudan, militari anch’essi e con l’intenzione di rimanere al potere per una transizione che potrebbe durare non meno di due anni, a portare in carcere Omar Al Bashir. La mossa sembra più politica che giudiziaria: accusati di essere ancora legati all’oramai ex presidente, i membri del consiglio militare transitorio con l’arresto di Bashir sembrano voler dare una parvenza di reale discontinuità rispetto al precedente potere. Così come riferisce la Reuters, l’ex capo di Stato sudanese si troverebbe a Kobar, una prigione situata nel nord della capitale Khartoum. Qui Bashir sarebbe addirittura in isolamento, un inasprimento non certo di poco conto della sua situazione.

I manifestanti in piazza da dicembre e che dallo scorso 6 aprile organizzano perenni sit in nelle principali città sudanesi, subito dopo l’iniziale euforia per la deposizione di Bashir già giovedì scorso iniziano ad avere non poca diffidenza verso i militari. Per questo la giunta transitoria guidata dai generali dell’esercito lima alcune misure prese dopo il golpe: in particolare, viene revocato il coprifuoco e vengono liberati diversiprigionieri politici. Soprattutto, a 48 ore dal colpo di Stato il nuovo leader Awad Ibn Auf, ex vice di Bashir, viene sostituito con Abdel Fattah Abdelrahman Burhan. Quest’ultimo viene considerato più “moderato” e meno vicino al presidente adesso incarcerato. Inoltre, i militari nei giorni scorsi decidono di rimuovere dall’incarico di capo dell’intelligence un fedelissimo di Bashir, il temutoSalah Gosh.

L’arresto dell’ex capo dello Stato, si inquadra dunque nel contesto delle concessioni offerte alle richieste dei manifestanti per provare a riportare la calma nel paese africano.

“Bashir non sarà estradato”

Dopo la notizia del trasferimento in carcere di Omar Al Bashir, in tanti sia in Sudan che all’estero si chiedono se il padre padrone del paese per trent’anni viene o meno estradato. Su di lui infatti pende un mandato di arresto internazionale, visto che nel 2009 il tribunale internazionale de L’Aja lo condanna per crimini di guerra durante il conflitto nel Darfur. Su Sky News Arabiyaalcune fonti delle nuove autorità sudanesi però affermano di non voler estradare l’ex presidente: “Bashir – rivela uno dei membri del consiglio militare transitorio – Sarà processato in Sudan, risponderà di eventuali reati qui in Sudan”.

Intanto sul fronte diplomatico, l’unico paese che mostra vicinanza a Bashir è l’Uganda: legato al presidente Museveni, altro “decano” tra i leader africani, da Kampala il ministro degli esteri ugandese Henry Okello Oryem fa sapere che il suo governo potrebbe concedere asilo politico ad Omar Al Bashir: “Se lo chiedesse –afferma il titolare della diplomazia dell’Uganda – Noi valuteremmo seriamente la situazione”.





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